L'insediamento dei frati minori in inghilterra - Ordine Francescano Secolare - fraternità di Monza

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L’ Ordine Francescano Secolare è costituito da cristiani che per una vocazione specifica, mediante una Professione Solenne, si impegnano a vivere il Vangelo alla maniera di San Francesco, nel proprio stato secolare, osservando una Regola specifica approvata dalla Chiesa.
L'INSEDIAMENTO
DEI FRATI MINORI
IN INGHILTERRA
DI
TOMMASO DA ECCLESTON
IL « TRATTATO » di Tommaso da Eccleston prende stimolo e forma da una usanza, che l'autore ha cura di descriverci con delicata precisione: i frati d'allora, nei vari « luoghi » ove si stabilivano, erano soliti radunarsi insieme, la sera, per una conversazione familiare, allietata da un sorso di birra cavata direttamente dalla pentola al centro del fuoco a cui si riscaldavano: la scarsità e l'acidità della bevanda venivano superate con devoti ragionamenti spirituali. E appunto temi di tali « conversazioni » sono i 15 capitoli che Tommaso invia ad un suo confratello, per utilità dei giovani.
           Si ha modo così di rivivere la storia dell'arrivo, diffusione e organizzazione dei frati in Inghilterra; una storia che, se nei primi passi si muove nell'imprevedibile, retaggio di una povertà e mendicità gelosamente custodite, poi svela l'aprirsi dell'Ordine minoritico ad ogni forma di apostolato, con conseguente stimolo e sviluppo delle scuole teologiche. Le comunità inglesi si presentano come un mondo in fermento di crescita, emblema di tante altre comunità e province che non ebbero, allora, la fortuna di uno storico. Al merito di averci dato una storia minuta e precisa di questa provincia francescana in espansione e fioritura, l'opera dell'Eccleston aggiunge anche quello d'averci lasciato un buon manipolo di ricordi dei primi tempi e pagine, difficilmente sospettabili, sulla vicenda di frate Elia e sulle origini dei contrasti col clero. Alcune figure, da Francesco ai f rati Agnello e Alberto da Pisa, Aimone, Salomone, Martino di Barton, al Grossatesta danno luce al paesaggio, già di per sé nitido e perspicuo nei suoi colori.
           Per una notizia più ampia si legga l 'Introduzione a questa Sezione, particolarmente pp. 1866-1877.
           La versione è stata condotta sul testo latino: Tractatus fr. Tomae vulgo dicti DE ECCLESTON De adventu fratrum millorum in Angliam, edidit, notis et commentario illustravit A. G. LITTLE, in CED, VII, Paris 1909; ma confrontato con la II edizione curata da J. R. H. MOORMAN, Manchester 1951. Si è tenuta presente anche l'altra edizione: Liber de adventu fratrum minorum in Angliam, in AF, I, Quaracchi 1885, pp. 215-256.
Dedica
2413     1. Al suo carissimo padre, frate Simone di Ashby, frate Tommaso augura, nella dolcezza del Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo, la consolazione dello Spirito Santo.
2414    2. Il giusto deve giudicare la sua vita in confronto con gli esempi dei migliori, poiché gli esempi, quasi sempre, colpiscono più delle parole. Ritengo, perciò, utile che voi possiate disporre del racconto delle cose nostre per poter incoraggiare i vostri carissimi figli, affinché loro, che hanno rinunciato a tante e così grandi cose, e perfino a se stessi, per ottenere di condividere la vita del nostro Ordine, come leggono e ascoltano le cose meravigliose degli altri Ordini, abbiano da trovare non minor motivo di edificazione nella loro vocazione, e così rendano grazie continue al dolce Gesù, che li ha chiamati.
2415   Ecco perché comunico a voi, padre carissimo nel Signore, queste conversazioni, che sono lieto d'aver raccolto dai miei educatori e condiscepoli, nello spazio di ventisei anni. Ad onore di Colui, nel quale Dio Padre si è compiaciuto, Gesù Cristo dolcissimo Dio e Signore nostro io mando a voi questa operetta.
CONVERSAZIONE  I.
ARRIVO DEI FRATI MINORI IN INGHILTERRA
2416    3. Nell'anno del Signore 1224, al tempo di papa Onorio, cioè nell'anno stesso in cui fu confermata da lui la Regola di san Francesco, ottavo del regno di Enrico, figlio di Giovanni, il martedì dopo la festa della Natività della Vergine, che in quell'anno cadeva di domenica, i frati minori, 4 chierici e 5 laici, approdarono per la prima volta a Dover in Inghilterra.
2417    4. Questi erano i chierici: primo, frate Agnello da Pisa, diacono, di circa 30 anni, che san Francesco aveva nominato ministro provinciale per l'Inghilterra nell'ultimo Capitolo generale. In precedenza egli era stato custode di Parigi ed aveva agito con tale prudenza da conquistarsi la benevolenza sia dei frati che dei laici a motivo della sua fama di santità.
           Il secondo era frate Riccardo da Ingworth, inglese di nascita, sacerdote e predicatore, di età più avanzata, che per primo nell'Ordine predicò alla popolazione al di là delle Alpi; più tardi fu mandato come ministro provinciale in Irlanda da frate Giovanni Parenti, di santa memoria. Era stato vicario di frate Agnello in Inghilterra, quando questi si era recato al Capitolo generale, durante il quale aveva avuto luogo la traslazione delle reliquie di san Francesco ed aveva dato luminosi esempi di grande santità. Terminato il suo ministero, fedele e gradito a Dio, nel Capitolo generale fu da frate Alberto, di santa memoria, prosciolto da ogni ufficio presso i frati; allora, infiammato dallo zelo per la fede, partì per la Siria e qui morì santamente.
           Il terzo era frate Riccardo da Devon, pure inglese, accolito, ancora in giovane età, che ci ha lasciato abbondanti esempi di pazienza e di obbedienza. Infatti, dopo aver viaggiato per obbedienza attraverso diverse province, soffrì di frequenti febbri quartane per 11 anni, soggiornando in tutto questo tempo nel luogo chiamato Romney.
           Il quarto fu frate Guglielmo da Ashby, ancora novizio col capperone, inglese, giovane di età ed entrato da poco nell'Ordine. Questi, nelle diverse cariche che occupò per lungo tempo, lasciandosi guidare dallo spirito di Gesù Cristo, con una costanza notevole, ci diede esempi di umiltà e di povertà, di carità e di dolcezza, di obbedienza e di pazienza e di ogni perfezione. Quando frate Gregorio, ministro di Francia, gli chiese se voleva andare in Inghilterra, rispose che non sapeva se lo voleva. Alla meraviglia del ministro davanti a quella risposta, frate Guglielmo replicò che non sapeva se lo voleva o no perché la sua volontà non era la sua ma quella del ministro: voleva quindi tutto ciò che il ministro voleva che egli volesse. Frate Guglielmo da Nottingham gli ha reso testimonianza che era molto obbediente. Quando il ministro gli chiese di scegliere il luogo di residenza, rispose che gli sarebbe piaciuto al massimo il luogo che al ministro sarebbe piaciuto assegnargli.
2418    5. E poiché nel suo modo di trattare con tutti era particolarmente dotato di grandissima amabilità, egli attirò all'Ordine la simpatia di numerosi secolari; inoltre attrasse persone ben preparate, di diverse condizioni, età e uffici, sulla via della salvezza, e dimostrò in molte occasioni che il dolce Gesù sa fare cose meravigliose e vincere i giganti con le locuste.
           Questi, soffrendo aspre tentazioni carnali, per zelo di purezza si castrò; dovette allora ricorrere al Papa, che dopo averlo rimproverato duramente, gli concesse la dispensa perché potesse celebrare. Morì dopo molti anni a Londra.
2419    6. Questi poi sono i frati laici: primo, frate Enrico da Treviso, lombardo di nascita, che, in considerazione della sua santità e della grande prudenza, fu in seguito fatto guardiano di Londra. Compiuto il suo ministero in Inghilterra, ed essendo assai cresciuto il numero dei frati, fece ritorno in patria.
           Il secondo era frate Lorenzo, originario di Beauvais, che, da principio lavorò in lavori artigianali, secondo il precetto della Regola. Ritornò poi dal beato Francesco e meritò di vederlo spesso e di godere la consolazione della sua parola. Il beato padre infine gli donò con tanto amore la sua tonaca e lo rimandò in Inghilterra, colmandolo di letizia con la sua benedizione. Dopo innumerevoli fatiche, per i meriti dello stesso beato padre, io penso giunse alla tranquillità della dimora in Londra dove, trattenuto da malattia incurabile, attende ora la fine della sua così lunga fatica.
           Il terzo fu frate Guglielmo da Firenze, che ritornò in Francia, subito dopo l'arrivo dei frati in Inghilterra.
           Il quarto fu frate Meliorato. Il quinto frate Giacomo, originario d'oltralpe e ancora novizio col capperone.
2420    7. Questi nove frati furono caritatevolmente trasportati in  Inghilterra dai monaci di Fécamp e provveduti cortesemente di tutto il necessario. Arrivati a Canterbury, vi rimasero due giorni presso il priorato della Santissima Trinità; poi, subito, quattro di essi, cioè frate Riccardo da Ingworth, Riccardo da Devon, Enrico e Meliorato, partirono per Londra. Gli altri cinque si recarono all'ospizio dei preti e vi rimasero finché non furono provveduti di un'abitazione. Ben presto, infatti, fu loro concessa una piccola stanza sotto il fabbricato di una scuola, dove di giorno vivevano come rinchiusi in continuità; ma quando alla sera gli studenti ritornavano alle loro case, essi entravano nella scuola, dove erano, accendevano il fuoco e sedevano attorno ad esso. Al momento della conversazione e della bevanda, talvolta vi appendevano una pentola con posatura di birra e ne bevevano tutti, l'uno dopo l'altro attingendo con l'unica tazza e dicendo ciascuno qualche parola di edificazione. Come attesta uno che fu compartecipe di questa serena semplicità e santa povertà e che ebbe il merito di essere stato loro associato, la bevanda era spesso così densa che, per riscaldare la tazza, si doveva aggiungere acqua, e poi si beveva con gioia. La stessa cosa accadde di frequente a Salisbury, dove con tanta allegria e giocondità i frati bevevano in cucina attorno al fuoco, all'ora della conversazione, posature di birra, che ognuno era felice di strappare fraternamente al vicino la tazza per bere.
           La medesima cosa accadde a Sherwsbury quando i frati vi arrivarono. Il vecchio frate Martino, che per primo venne a quel luogo, ricorda con gioia quella costumanza.
2421    8. In quei giorni i frati erano così preoccupati di non contrarre debiti, che solo nei casi di estrema necessità ne contraevano. Accadde che frate Agnello volesse conoscere i conti dei frati di Londra, nel tempo in cui era guardiano frate Salomone. Voleva sapere quanto avevano speso nell'anno; e, trovando che avevano speso troppo, sebbene i frati avessero un tenore di vita molto modesto, gettò registri e fatture per terra e, percuotendosi la faccia, esclamò: « Povero me, mi hanno ingannato! », e non volle più vedere i conti. Capitò anche che un giorno arrivarono due frati molto affaticati ad un convento dell'Ordine; siccome mancava la birra, il guardiano, su consiglio degli anziani, ne fece cercare una brocca a credito, ma i frati del convento, che facevano compagnia agli ospiti, non ne bevvero, pur simulando di berne per carità.
2422     9.                   Aggiunta. Prima della costituzione definitiva dell'Ordine, i frati costumavano riunirsi ogni giorno per la conversazione e per bere insieme, quelli che lo volevano e ogni giorno facevano il capitolo. Non c'erano allora limitazioni circa la qualità degli alimenti e il vino; tuttavia, in molti conventi non accettavano pietanze di carne, che venivano offerte, se non tre volte la settimana. Nel medesimo convento di Londra, al tempo del ministro frate Guglielmo, di santa memoria, essendo guardiano frate Ugo, ho visto io dei frati bere della birra tanto acida, che qualcuno preferiva l'acqua, e mangiare quella specie di pane che si chiama « torta ». Inoltre, mancando il pane, alla presenza di detto ministro e di ospiti nella casa, molte volte ho mangiato pane d'orzo.
CONVERSAZIONE  II .
PRIMA ESPANSIONE DEI FRATI
2423    10. Arrivati, dunque, a Londra, i quattro frati sopra nominati si recarono dai frati predicatori e furono da loro accolti benevolmente; e vi rimasero 15 giorni mangiando e bevendo ciò che veniva posto loro davanti, come se fossero veramente membri della comunità.
           Poi presero in affitto una casa in Cornhill e vi ricavarono delle celle con pareti di erbe secche. Vissero in questa semplicità fino all'estate seguente senza una propria cappella, perché non avevano ancora il permesso di erigere altari e di celebrare la messa nei loro ospizi. E subito prima della festa di Tutti i Santi, prima ancora che frate Agnello venisse a Londra, partirono per Oxford frate Riccardo da Ingworth e Riccardo da Devon, che, allo stesso modo, furono ospitati con amore dai frati predicatori: mangiarono nel loro refettorio e dormirono nel loro dormitorio per otto giorni, come se fossero del convento. Poi presero una casa nella parrocchia di Santa Ebba e ivi dimorarono, senza una cappella propria, fino all'estate seguente.
2424    11. Qui il dolce Gesù seminò il chicco di senapa, che divenne la più grande delle piante. Poi frate Riccardo da Ingworth e Riccardo da Devon partirono per Northampton e alloggiarono nell'ospedale; in seguito affittarono una casa nella parrocchia di Sant'Egidio. Primo guardiano del luogo fu frate Pietro, spagnuolo, che portava un cilicio di ferro sulla carne, e dette molti altri esempi di perfezione. Primo guardiano di Oxford fu frate Guglielmo da Ashby, ancora novizio; ma gli fu concesso l'abito da professo. Primo guardiano di Cambridge fu frate Tommaso di Spagna. Primo guardiano di Lincoln fu frate Enrico Misericorde, laico.
2425              Aggiunte. Durante il governo di quest'ultimo, c'era nel convento frate Giovanni da Yarmouth, uomo di grande santità, che poi morì a Nottingham ed è sepolto presso i canonici di Selford.
2426    12.      Il signor Giovanni Travers per primo accolse i frati a Cornhill e affittò loro una casa. Vi fu fatto guardiano un certo frate laico lombardo, di nome Enrico. Questi cominciò allora a studiare lettere, di notte nella chiesa di San Pietro in Cornhill e divenne poi vicario d'Inghilterra, quando Agnello partì per il Capitolo generale; nel vicariato, tuttavia, aveva come compagno frate Riccardo da Ingworth. Ma, alla fine, non sopportando più un piacere tanto grande e effeminato dalle dignità e allenato da se stesso, abbandonò miserabilmente l'Ordine.
2427    13       E' degno di memoria che nel secondo anno dell'ufficio di frate Pietro da Tewkesbury, quinto ministro d'Inghilterra, cioè nel 32° anno dall'arrivo dei frati in Inghilterra, si contarono viventi in quella regione 1242 frati, distribuiti in 49 conventi.
CONVERSAZIONE  III.
ACCETTAZIONE DEI NOVIZI
2428    14. Quando i primi frati che erano venuti in Inghilterra furono divisi, partendo per luoghi diversi, alcuni secolari, toccati dallo spirito di Gesù, chiesero di entrare nell'Ordine.
2429    15. Il primo di quelli che furono accolti fu frate Salomone, giovane di buon carattere, famoso per la sua avvenenza. Era solito raccontarmi che, quando era novizio fu fatto questuante del convento e si recò alla casa di sua sorella per chiedere l'elemosina. Ma quella, dandogli un pane, girò il volto dall'altra parte dicendo: « Maledetta sia l'ora in cui t'ho visto »; ed egli con gioia accettò il pane e se ne partì. Si attenne poi cosi rigidamente alla forma della più stretta povertà, che si era prefissa, che qualche volta portava farina e sale e qualche fico per i frati ammalati nel suo capperone e sotto braccio la legna per il fuoco; e si guardava bene di non accettare o trattenere se non lo strettamente indispensabile.
           Gli capitò così una volta di patire tanto freddo che pensava proprio d'essere sul punto di morire; e siccome i frati non avevano niente per riscaldarlo, la santa carità suggerì loro una buona idea. Si riunirono tutti attorno a lui stringendosi al suo corpo per riscaldarlo con i loro corpi come fanno i porci.
2430   Quando doveva essere promosso accolito, fu mandato dal venerabile padre, l'arcivescovo Stefano (Langton), di santa memoria e presentato da uno dei frati anziani. L'arcivescovo lo ricevette con molto garbo e gli conferì l'ordine, chiamandolo con questo titolo singolare: « Acceda frate Salomone dell'Ordine degli Apostoli ». Ho ricordato questo fatto perché si sappia quanta venerazione avevano le persone sapienti per la primitiva semplicità dei primi frati. Dopo aver mangiato alla mensa dell'arcivescovo, ritornarono a Canterbury a piedi nudi sebbene in mezzo alla neve, che era molto alta e incuteva paura al solo vederla. Poi fu colpito da gotta ad un piede, per cui stette infermo due anni a Londra, così che non poteva più muoversi a meno che fosse portato. Durante la sua infermità ebbe l'onore di una visita di frate Giordano di santa memoria, maestro generale dell'Ordine dei predicatori, che disse: « Fratello, non vergognarti anche se il Padre del Signore Gesù Cristo ti tira a sé con un piede ».
           Pertanto, dopo essere stato per così lungo tempo disteso in una cella, nella quale non poteva ascoltare la Messa--i frati non celebravano ancora in convento, ma si recavano ad ascoltarla e a celebrare gli uffici divini nella chiesa parrocchiale--si aggravò talmente, che secondo i chirurgi, era improrogabile l'amputazione del piede malato. Ma quando si portò il coltello e si scoprì il piede, uscì del pus che dette qualche speranza di guarigione; e perciò per quella volta si rimandò ad altro tempo la dura sentenza. Allora frate Salomone si attaccò ad una speranza certa, cioè che se fosse stato condotto sulla tomba di sant'Eligio avrebbe riacquistato l'uso del piede e la salute. Perciò, quando venne frate Agnello, comandò che senza indugio si conducesse frate Salomone oltre mare nella maniera più comoda. Così fu fatto, e la sua fede non fu delusa; egli guarì così bene che poté camminare senza bastone e celebrare la Messa, e divenne guardiano di Londra e confessore di tutta la Città. Tuttavia, poiché aveva supplicato il dolcissimo Gesù di purificarlo dai suoi peccati in questa vita, gli mandò la gotta che gli spezzò la colonna vertebrale a tal punto che questa divenne rigida e curva; gli venne anche un'idropisia infettiva e delle emorroidi con perdita di  sangue che lo tormentarono fino alla morte. Alla fine, la vigilia del giorno in cui ritornò al dolce Gesù, questi gli mandò al cuore una tristezza di cui ignorava la causa, a tal punto che pensò che tutti i dolori che aveva sopportato, fossero un nulla in confronto a quest'angoscia. Chiamò allora i tre frati con i quali era in maggiore intimità e spiegò loro l'agonia della sua anima e i supplicò di pregare intensamente per lui. E mentre quei frati perseveravano insieme nella preghiera, gli apparve il dolcissimo Gesù Cristo in compagnia dell'apostolo Pietro e si fermò in piedi davanti al suo letto guardandolo. Frate Salomone riconobbe subito il Salvatore e gridò: « Abbi pietà di me, Signore, abbi pietà di me ». Il Signore Gesù rispose: « Poiché tu mi hai sempre chiesto di colpirti qui sulla terra e di farti espiare pienamente i peccati, io ti ho mandato questa sofferenza, soprattutto perché hai abbandonato il tuo primo fervore e non hai fatto, come dovevi secondo la tua vocazione, degni frutti di penitenza, e perché sei stato troppo indulgente verso i ricchi nell'infliggere loro le penitenze ». San Pietro aggiunse: « Inoltre sappi che tu hai gravemente peccato giudicando frate Giovanni da Chichester che è morto recentemente. Ed ora prega Iddio di darti una morte come quella che ha avuto questo frate ». E frate Salomone piangendo pregò: « Abbi pietà di me, dolcissimo Signore, pietà di me anche tu, dolce Gesù! ». Sorridendo, Gesù lo guardò con volto così tranquillo, che tutta l'angoscia precedente sparì dal suo cuore, e con l'anima piena di gioia concepì ferma speranza della sua salvezza. E subito chiamò i fratelli e raccontò loro quello che aveva visto; essi ne furono non poco consolati.
2431  16.        Aggiunta. E' degno di ricordo il fatto che, quando i frati erano a Cornhill, venne un giorno il diavolo visibilmente e disse a frate Gilberto da Vyz, mentre sedeva tutto solo: « Tu credi di sfuggirmi? Prenditi questi per ora »; e gli gettò addosso una manciata di pidocchi e sparì.
2432    17. Il secondo frate che fu accettato all'Ordine da frate Agnello, fu frate Guglielmo da Londra, che era stato per un certo periodo muto, ma presso Barking riacquistò l'uso della parola, per intercessione di santa Etelburga, come egli mi ha detto. Era stato anche amico del giudice d'Inghilterra, Uberto di Burgh e sebbene laico e colto, come si diceva, e fosse famosissimo come sarto, fu ammesso a prendere l'abito a Londra quando i frati non avevano ancora né un terreno per costruzioni né una cappella.
           Il terzo era frate Joyce da Cornhill, chierico, nativo della stessa città di Londra, giovane di ottima indole, nobile e delicato. Dopo avere sostenuto molte fatiche nella sua città, si recò in Spagna per risiedervi, ivi morì santamente.
           Il quarto fu frate Giovanni chierico, giovane di circa 18 anni, di buona indole e di ottima condotta, che presto condusse a termine il corso della sua vita e tornò al Signore Gesù Cristo. Egli aveva suggerito al prete Filippo, che soffriva un insopportabile mal di denti, di mandare del pane e della birra ai frati minori e gli aveva promesso che il Signor Gesù lo avrebbe guarito. Poco tempo dopo si dedicarono tutti e due al Signore ed entrarono nell'Ordine dei frati minori.
           Il quinto fu questo frate Filippo, nato a Londra, sacerdote. In seguito fu guardiano di Bridgnorth, e gli fu dato l'incarico della predicazione in cui riportò gran frutto; alla fine fu mandato in Irlanda, dove morì santamente.
2433    18. Dopo questi entrarono nell'Ordine alcuni Maestri, che accrebbero la fama dei frati, cioè frate Walter da Burgh, riguardo al quale un frate aveva avuto una meravigliosa visione: vide il Signor Gesù discendere dal cielo ed offrire a frate Walter un rotolo su cui c'era scritto: « Il luogo del tuo raccolto non è qui, ma altrove ». Il Signore gli manifestò l'inganno di una religiosa che per mezzo di visioni simulate aveva indotto in errore un frate, sebbene accorto, a tal punto che egli le aveva messe per scritto. Ma frate Agnello, non credendoci, aveva ordinato ai frati del convento di pregare affinché Dio lo illuminasse su una certa cosa che gli era motivo di preoccupazione. Ed ecco che in quella notte frate Walter ebbe una visione: vide una cerva salire rapidamente sulla cima di un'alta montagna, e due cani neri inseguirla e farla ritornare fin nella valle dove la strozzarono. Frate Walter accorse allora sul posto dove credeva di trovare la cerva e non trovò che un sacco pieno di sangue. Quando raccontò questa visione a frate Agnellot questi subito intuì che quella donna era stata sedotta dalla sua ipocrisia, e mandò due frati prudenti dalla religiosa che confessò di aver inventato ciò che aveva detto loro ed essi la ricondussero alla verità
           Entrò nell'Ordine anche un altro maestro, il normanno frate Riccardo. Quando il suddetto Walter gli chiese una parola edificante, egli rifletté lungamente e poi rispose: «Colui che vuol essere in pace, taccia »; « Ki vout estre en pes tenge sey en pes ».
2435      19. Entrò nell'Ordine in quel tempo anche il maestro Vincenzo da Coventry, che col suo zelo e con l'aiuto di Gesù Cristo indusse poco dopo suo fratello, il maestro Enrico, a fare altrettanto. Egli fu ammesso nella festa della Conversione di san Paolo assieme al maestro Adamo di Oxford, di santa memoria e al signor Guglielmo da York, solenne baccelliere. Questo maestro Adamo, famoso nel mondo intero, aveva fatto voto di compiere tutto ciò che gli sarebbe stato chiesto per amore della Madonna; lo aveva detto ad una certa reclusa con la quale aveva confidenza. Ma essa rivelò il segreto ai suoi amici, cioè ad un monaco di Reading e ad alcuni Cistercensi e a un frate predicatore, dicendo loro che potevano trarre profitto su tale uomo, poiché non voleva che si facesse frate  minore. Ma ogni volta che uno di essi si avvicinava a lui, la Madonna non permetteva che chiedesse una simile cosa per suo amore e sempre rimandava quella domanda ad altre occasioni. Infatti maestro Adamo ebbe una visione: una notte doveva attraversare un ponte dove alcuni uomini immersi nell'acqua tendevano delle reti al fine di catturarlo; e sia pure con grande difficoltà, riuscì a sfuggire e giunse in un luogo completamente tranquillo.
           Dunque, mentre per un disegno di Dio riusciva a sfuggire agli altri Ordini, gli capitò di recarsi a vedere i frati minori; e mentre gli parlava frate Guglielmo da Colville, il vecchio, uomo di grande santità, tra le altre cose gli disse: « Maestro carissimo, per amore della Madre di Dio entra nel nostro Ordine e rialza la nostra semplicità ». Appena intese queste parole, come se le avesse ascoltate dalla bocca della Madre di Dio, subito accettò e, come si è detto, entrò nell'Ordine con grande edificazione del clero.          
2436     20. Egli poi era allora compagno del maestro Adamo Marsh e partecipe di tutti i suoi beni, con l'aiuto della grazia di Dio e con i suoi modi persuasivi, riuscì a indurlo ad entrare anche lui nell'Ordine, non molto dopo il suo ingresso. Una notte poi frate Adamo Marsh ebbe una visione: era arrivato con frate Adamo da Oxford ad un cancello e sulla porta era dipinto un crocifisso e chiunque voleva entrare doveva baciare la croce. Frate Adamo da Oxford baciò il crocifisso ed entrò per primo; l'altro frate Adamo lo seguì, dopo averlo a sua volta baciato. Ma il primo scoprì subito una scala a spirale e la salì così rapidamente che in un attimo scomparve dalla vista del secondo. Questi allora gridò: « Sali più lentamente! Sali più lentamente! ». Ma essi non si trovarono mai più insieme. Questa visione poteva apparire molto chiara a tutti i frati che erano allora in Inghilterra. Invero dopo il suo ingresso nell'Ordine, frate Adamo da Oxford partì per raggiungere papa Gregorio IX dal quale, secondo ciò che aveva desiderato, fu mandato come missionario tra i saraceni; ma presso Barletta, morì, come aveva predetto ai compagni; in seguito, si dice, divenne famoso per i suoi miracoli.
           Adamo Marsh entrò poi nell'Ordine a Worcester, soprattutto spinto dallo zelo di un grande amore per la povertà.           
2437     Dopo questi entrò frate Giovanni da Reading abate di Osney, che ci ha lasciato esempi di ogni perfezione. E dopo di lui venne anche maestro Riccardo Rufus, famoso sia ad Oxford che a Parigi.
           Entrarono nell'Ordine anche alcuni cavalieri: Riccardo Gubiun, Egidio da Merk, Tommaso, spagnolo, e Enrico da Walpole; a proposito dell'entrata di questi ultimi il Re disse: « Se voi foste stati più prudenti nell'accettare i frati e non aveste procurato dei privilegi a spese di altri uomini e soprattutto se non vi foste mostrati importuni mendicando, avreste potuto dominare sopra i principi ».
CONVERSAZIONE IV.
LA FONDAZIONE DEI CONVENTI
2438    21. In seguito, crescendo il numero dei frati e divulgandosi la fama della loro santità, crebbe anche nei loro confronti la devozione dei fedeli, che procurarono loro abitazioni convenienti. A Canterbury il signor Alessandro, maestro dell'ospedale dei preti,  dette loro un piccolo pezzo di terra e costruì una cappella sufficiente alle necessità di allora; e poiché i frati non vollero accettare la proprietà di nulla, ne fu costituita padrona la città, che ne concedeva l'uso ai frati a suo beneplacito. Divennero loro sostenitori particolarmente il signor Simone di Langton, arcidiacono di Canterbury e il signor Enrico di Sandwich e la nobile contessa, che viveva reclusa ad Hakyngton. Essa li favorì in tutto, come una madre i propri figli, attirando verso di loro ingegnosamente il favore di principi e prelati, sui quali si era conquistata in modo meraviglioso una profonda influenza.
2439 22. A Londra diede ospitalità ai frati Giovanni Iwyn e trasferì alla città la proprietà di un terreno comprato per i frati, lasciandone loro l'usofrutto secondo la volontà dei cittadini; poi egli stesso entrò nell'Ordine come frate laico e ci ha lasciato esempi di vera penitenza e di grande pietà. Joyce, figlio di Pietro ampliò questo terreno e il figlio di lui, giovane pio e di animo buono, entrò anch'egli con devozione nell'Ordine e più devotamente perseverò fino alla fine.
           Guglielmo Ioynier poi costruì la cappella a sue spese e offrì in diverse riprese una somma di circa 200 sterline per erigere le altre costruzioni; rimase costantemente fino alla morte amico dei frati e loro benefattore.
           Per la costruzione della infermeria, Pietro di Elyland lasciò alla sua morte 100 sterline. Enrico da Frowik e un ottimo giovane, Salekin da Basings contribuirono specialmente con le loro offerte alla costruzione di un acquedotto, per la quale però il Re dette sovvenzioni con meravigliosa larghezza. Nel tempo della mia permanenza a Londra, ho visto il dolcissimo Gesù provvedere i frati di tante offerte per le loro costruzioni, per l'acquisto dei loro libri, per l'allargamento del terreno e per altre necessità che dovrebbe scaturirne meraviglia per tutti. Perciò i frati devono amarlo ed onorarlo per l'eternità più che tutti gli altri benefattori.
2440    23. Ad Oxford fu Roberto le Mercer ad accogliere per primo i frati e affittò loro una casa, nella quale furono ammessi all'Ordine molti onesti baccellieri e molti uomini nobili. Poi essi affittarono una casa, nell'area dove sono ora, da Riccardo le Muliner, che entro l'anno trasferì il terreno e l'edificio alla comunità della città ad uso dei frati. Ma il terreno era poco esteso e molto stretto.
2441    24. A Cambridge i frati furono ricevuti in un primo tempo dalle autorità cittadine, che assegnarono loro un'antica sinagoga adiacente alla prigione. Ma la vicinanza della prigione riusciva cosa intollerabile per i frati, poiché c'era un solo ingresso per i frati e per i carcerieri; perciò il Re diede loro 10 marchi, perché comprassero un reddito col quale pagare allo scacchiere per il reddito di un appezzamento di terreno. Così i frati poterono costruire una cappella, ma così povera che il carpentiere la eresse in un solo giorno con 15 paia di travi. E per la festa di san Lorenzo, benché fossero soltanto tre frati chierici, frate Guglielmo da Ashby e frate Ugo da Bugeton e un novizio chiamato frate Elia che era così zoppo che doveva essere portato nella cappella, cantarono solennemente con musica l'ufficio. Il novizio pianse tanto che le lacrime scendevano sul suo viso mentre cantava; dopo la sua santa morte a York, apparve a frate Guglielmo da Ashby a Northampton, e quando questi gli chiese come stesse, rispose: « Io sto bene, prega per me ».
2442    25. A Shrewsbury il Re diede un terreno ai frati, e un cittadino, chiamato Riccardo Pride, costruì la chiesa, e Lorenzo Cox gli altri edifici. Ma per volere del ministro, frate Guglielmo, per zelo di povertà furono abbattuti i muri di pietra del dormitorio e ricostruiti con fango, il tutto con ammirevole sottomissione e pazienza e con grandi spese.
2443    26.       A Northampton un cavaliere, Riccardo Gobium, alloggiò i frati in un terreno avuto in eredità fuori la porta orientale, presso la chiesa di Sant'Edmondo, dove poco dopo il figlio del suddetto benefattore, di nome Giovanni, ricevette l'abito. Ma i parenti rimasero sconvolti per il suo ingresso nell'Ordine e il padre ordinò ai frati di uscire dal suo terreno e di renderglielo libero. Con ponderazione il guardiano così rispose: « Il giovane sia posto nel mezzo e la parte che sceglierà sarà approvata da entrambi ». I parenti acconsentirono. Il giovane fu dunque posto in mezzo al coro, i genitori da un lato, i frati dall'altro. Quando il guardiano gli disse di fare la sua scelta, frate Giovanni corse verso i frati, strinse fra le braccia il leggio e disse: « Voglio restare qui». Poi i frati si disposero per abbandonare il convento, mentre detto signore aspettava all'uscio: essi venivano avanti a due a due, in processione, e in coda seguiva un frate vecchio e debole, recando nella mano un salterio. Osservando la loro semplicità e umiltà, quel signore, colpito da divina ispirazione, scoppiò a piangere, e chiese loro istantaneamente di perdonarlo e di ritornare nel convento come fecero. In seguito egli si comportò verso i frati come un padre. Più tardi i cittadini introdussero i frati nella parte della città dove tuttora risiedono.
CONVERSAZIONE  V .
DELLA PURITÀ DI VITA DEI PRIMI FRATI
2444    27.  I frati di quel tempo, possedendo le primizie dello Spirito, servivano il Signore non sotto la spinta di leggi umane, ma secondo la libera inclinazione della loro religiosità, contenti della sola Regola e dei pochissimi statuti che erano stati emanati nello stesso anno della approvazione della Regola. E questa fu la prima costituzione che san Francesco fece dopo la promulgazione della Regola bollata, come disse frate Alberto da Pisa, di santa memoria: che i frati non dovevano consumare i pasti  insieme ai secolari, se non tre bocconi di carne in ossequio alla prescrizione del Vangelo, poiché gli era giunta voce che i frati peccavano di avidità nel mangiare.
2445   Essi dunque avevano costume di conservare il silenzio fino all'ora di Terza; erano così assidui nella preghiera, che a stento si poteva trovare qualche ora della notte nella quale non ci fosse qualcuno in preghiera nell'« oratorio ». Nelle principali feste dell'anno poi cantavano con tanto fervore l'ufficio della veglia da prolungarlo non raramente per tutta la notte; e quando anche non erano che tre o quattro o al massimo sei, lo recitavano solennemente e in canto
2446   Era così limpida la loro semplicità e purezza che nei capitolo si accusavano pubblicamente anche delle polluzioni notturne. Era poi loro costume di non giudicare mai, ma dicevano semplicemente: « E così ». Appena qualcuno era rimproverato dal superiore o da un compagno, subito rispondeva: « Mea culpa », e spesso si prostrava a terra. A questo proposito frate Giordano, maestro generale dei predicatori, disse che il diavolo, apparendogli una volta, aveva detto che questo « mea culpa » gli distruggeva tutto ciò che aveva creduto di strappare dai frati minori, perché confessavano vicendevolmente la loro colpa quando offendevano un confratello.
2447    28. In ogni momento i frati erano tra loro così amabili e gioiosi che a mala pena potevano trattenersi dal ridere quando si incontravano. Ma siccome i giovani frati di Oxford ridevano troppo spesso, fu ordinato ad uno di loro che ogni qual volta avesse riso in coro o alla mensa, altrettante volte si dovesse punire con la « disciplina ».  Accadde che in un solo giorno quel povero frate ricevesse la disciplina undici volte senza poter tuttavia reprimere il riso. Ma una notte ebbe una visione: tutta la comunità stava nel coro come al solito e i frati erano tentati a ridere, come altre volte, ma ecco che il crocifisso, che stava appeso sulla porta del coro, si volse verso di loro come se fosse vivente e disse: « Sono figli di Core quelli che nell'ora della croce ridono o dormono ». Gli sembrò anche che il crocifisso tentasse di slacciarsi le mani dalla croce, come se volesse scendere e andarsene; e subito il guardiano del convento salì e ribatté i chiodi perché non potesse scendere. Il frate dunque raccontò la visione e i confratelli ne furono sconvolti; e da allora si mostrarono più seri e meno facili al riso.
2448   Avevano tale amore per la verità, che quasi non osavano dire qualcosa con metafore e non celavano mai le proprie colpe, benché sapessero che sarebbero stati puniti se le avessero confessate.
2449    29. La questione di scegliere un convento o di rimanere o meno nel convento assegnato, non costituiva minimamente difficoltà per loro; e neppure li preoccupava il dover eseguire altri ordini, qualunque essi fossero e qualunque dovesse essere il modo di adempierli; bastava loro sapere che era ordine del superiore. Accadde così che fossero mandati in quei luoghi, che ora sono chiamati selvaggi o di desolazione, dei frati che erano nobili di nascita o importanti per altri motivi nella vita secolare o di grande affabilità nell'Ordine, ed essi ci andavano senza nessuna mormorazione. L'unica cosa che li rattristava, dal momento 2447   che erano così affezionati tra loro, era di doversi separare. Così, spesso accadeva che i frati accompagnavano quelli che partivano per un lungo tratto di strada e si dimostravano il mutuo affetto versando molte lacrime al momento della separazione.
CONVERSAZIONE VI.
LA PROMOZIONE DEI PREDICATORI
2450    30. Sebbene i frati si impegnassero con tutto lo sforzo per conservare in ogni cosa somma semplicità e purezza di coscienza, erano tuttavia pieni di ardore nello studio della Scrittura e delle discipline scolastiche, tant'è vero che ogni giorno si recavano alle scuole di teologia, per quanto distanti, a piedi nudi anche nell'asperità del freddo invernale e in abbondante fango. Per questo, con l'aiuto della grazia dello Spirito Santo, parecchi furono promossi in breve tempo all'ufficio della predicazione. Fra questi, il primo fu frate Enrico da Baldock, di buona memoria, poi frate Filippo da Londra e frate Guglielmo da Ashby, il quale annunciò la parola di Dio sia al clero che al popolo, non solo con le prediche ma anche con l'esempio della sua pietà .
2451     31. Diede grande impulso alla predicazione e offrì ragioni nuove di prestigio e di autorità per loro, la venuta nell'Ordine di frate Aimone di Faversham. Era già sacerdote e predicatore famoso quando chiese di essere ammesso nell'Ordine insieme con altri tre maestri, a SaintDenis, il venerdì santo.
           Questi, fin da quando era del clero secolare, portava sempre il cilicio fino ai ginocchi e dava molti altri esempi di austerità. Per questa ragione diventò a lungo andare così debole e gracile che a stento avrebbe potuto sopravvivere se non indossava vesti delicate e calde. Ebbe un giorno questa visione: si trovava a Faversham e pregava nella chiesa davanti al crocifisso; ed ecco scendere dal cielo una corda egli la prese e fu tirato così in cielo. Quando, dunque, vide i  frati minori a Parigi, ricordando la visione, riacquistò la forza e, reagendo contro la propria debolezza, indusse con molta delicatezza il suo compagno, maestro Simone da Sandwich e altri due famosi maestri a pregare nostro Signore Gesù Cristo, mentre egli celebrava la Messa, implorando che gli rivelasse ciò che era meglio per la loro salvezza. E poiché a loro tutti parve che la scelta migliore fosse la professione dei frati minori, per maggior sicurezza si recarono da frate Giordano, Maestro dei frati Predicatori, di santa memoria, scongiurandolo di dire loro con fedeltà quale era il miglior consiglio secondo la sua coscienza. Questi, che era veramente ispirato da Dio, confermò col suo consiglio la scelta fatta. E così i quattro si presentarono al ministro provinciale, frate Gregorio da Napoli e furono accolti da lui a Saint-Denis, dopo che Aimone ebbe predicato, il venerdì santo, su quel versetto: Quando il Signore fece ritornare i deportati di Sion, noi ci siamo rallegrati; e furono con loro grande gioia rivestiti dell'abito francescano.
2452   Nel giorno di Pasqua poi, vedendo una grande folla nella chiesa parrocchiale nella quale i frati assistevano alla Messa--infatti non avevano ancora una loro cappella--, frate Aimone disse al custode, un laico di nome frate Benvenuto, che, se egli acconsentiva, avrebbe predicato al popolo affinché nessuno si comunicasse in stato di peccato mortale. Il custode, ispirato dallo Spirito Santo, gli comandò di predicare. E frate Aimone predicò in modo così commovente, che molti decisero di rimandare la Comunione finché non avessero l'opportunità di confessarsi da lui. Si fermò,  dunque, in quella chiesa per tre giorni, ascoltando le confessioni e consolando tutto il popolo.
2453    32. Come si è già detto, quando i frati furono arrivati in Inghilterra, anch'egli ci venne, e mediante la predicazione e le dispute scolastiche, e principalmente guadagnandosi la simpatia di molti prelati, poté essere molto utile alla semplicità dei primi frati. Era così cortese ed eloquente che riusciva accetto anche a coloro che non vedevano di buon occhio l'Ordine. Per questo fu prima eletto custode a Parigi, poi lettore a Tours, a Bologna e a Padova. Papa Gregorio poi, di pia memoria, lo inviò in missione diplomatica in Grecia presso l'imperatore Vattazio, insieme con frate Rodolfo da Reims, di buona memoria.
2454    33. Frate Aimone fece rimuovere dal provincialato frate Gregorio da Napoli, già ministro di Francia, a motivo dei suoi abusi, e, per giusto giudizio di Dio, lo fece imprigionare liberando quelli che il ministro aveva ingiustamente chiusi in carcere. Sostenuto da singolare aiuto di Dio fece deporre anche frate Elia, che era ministro generale, a motivo dei suoi scandali e della tirannia che aveva esercitato contro i zelanti dell'Ordine, alla presenza del nostro padre il papa Gregorio IX, poiché contro frate Elia dietro la spinta di lui molte province avevano avanzato appello.
           Chi può dunque presumere dei suoi meriti e sentirsi sicuro di sé, quando vede persone così importanti cadere tanto in basso? Chi infatti può essere paragonato ad un uomo come Gregorio da Napoli tra i predicatori o i prelati dell'Università di Parigi o tra il clero di tutta la Francia? Chi in tutto il mondo cristiano fu più stimato e famoso di frate Elia? Eppure, il primo di questi si meritò la prigione a vita, l’altro fu scomunicato dal sommo Pontefice per disobbedienza e apostasia. Comunque tutti e due, sebbene tardi, si pentirono.
2455    34. Venne poi in Inghilterra con frate Aimone, frate Guglielmo da Colville, il vecchio, uomo semplice e di straordinaria carità; la sorella di lui fu più tardi crudelmente strangolata nella cattedrale di Chichester per la difesa della sua verginità. Infatti un giovane, colpito dalla sua bellezza, aveva per lungo tempo bramato di incontrarla da sola e di sedurla; non riuscendo in nessun modo a piegarla al suo desiderio, dimostrò quanto l'amore carnale è malvagio, sgozzandola in chiesa.
           Spesso tra due persone che si amano carnalmente, scoppia un odio uguale in intensità all'amore prima esistente.
2456    35. In seguito vennero in Inghilterra molti altri frati distinti, di origine inglese, ma entrati nell'Ordine a Parigi, che io avevo conosciuto quando ero ancora laico; cioè: frate Riccardo Rufus, lettore egregio, che per il suo zelo per la riforma dell'Ordine contro frate Elia, fu mandato alla Curia papale assieme a frate Aimone, come rappresentante della Francia. Egli raccontò che un novizio gli aveva confidato che in quel periodo soffriva di una sete  continua e non poteva dormire, finché una notte gli apparve un uomo di bell'aspetto, con l'abito da frate, e gli ordinò di alzarsi e seguirlo, e poi lo condusse in un luogo molto ameno e lo fece entrare in un palazzo stupendo, offrendogli una bevanda gustosissima e dicendogli: « Figlio mio, ogni volta che avrai sete, vieni da me e ti darò da bere ». Il novizio gli domandò chi fosse; e quegli rispose che era frate Francesco. Svegliatosi, il frate, di cui stiamo parlando, non provò più la tentazione della sete e si sentì rifocillato e confortato nell'anima e nel corpo.
2457    36. In quell'epoca venne anche frate Rodolfo da Rochester, che divenne molto amico del signor Re d'Inghilterra a motivo del suo talento oratorio. Con la sua fine dimostrò come sia nemica dell'anima l'amicizia di questo mondo e come l'essere onorati dai favori dei grandi e il dimorare continuamente alla corte dei principi siano cose contrarie alla perfezione dell'Ordine dei frati minori.
2458    37. Venne anche frate Enrico da Burford che, mentre era ancora novizio e cantore tra i frati di Parigi, compose durante la meditazione i seguenti versi contro le tentazioni che doveva combattere:
           « Tu che sei frate minore, non ridere mai,
           perché convengono a te soltanto le lacrime;
           fa' che al tuo nome corrisponda la tua vita.
           Minore sei di nome: siilo anche nelle azioni;
           sopporta di buon animo la fatica
           e la pazienza abbassi l'orgoglio della mente.
           Invero, il cuore castiga la pochezza d'animo,
           la pazienza purifica se c'è qualcosa di impuro.
           Se qualcuno ti corregge,
           consideralo tuo protettore;
           poiché egli odia non te ma il male che tu fai.
           Cosa pensi d'essere tu, in questa vile veste,
           con questo cibo e giaciglio adatti ai porci?
           In verità tu perdi ogni cosa se con la tua condotta
           contraddici quello che dici col tuo abito.
           Ombra soltanto di un frate minore
           è colui che tale è solo di nome e non di fatto ».
           Questo frate, più tardi, a motivo della sua grande onestà, ebbe l'onore d'essere compagno di quattro ministri generali e di quattro ministri provinciali d'Inghilterra. Fu anche il primo interprete e predicatore del Patriarca d'Antiochia, quando venne come legato in Lombardia, e in seguito fu penitenziere del papa Gregorio IX, custode di Venezia e, per un certo tempo, vicario del custode di Londra.
2459    38. Venne in quel tempo anche frate Enrico da Reresby, che più tardi, mentre era vicario del custode di Oxford fu nominato ministro di Scozia, ma mori prima di prendere possesso del suo ministero. Dopo la sua morte apparve al custode dicendo che, sebbene i frati non siano dannati per le spese eccessive fatte per le costruzioni sono tuttavia severamente puniti; ed aggiunse che se i frati reciteranno bene il divino ufficio, saranno le pecore degli apostoli.
2460    39. Venne in Inghilterra in quel tempo anche frate Martino da Barton, che ebbe la fortuna di vedere spesso san Francesco. In seguito egli fu eletto vicario del ministro di Inghilterra e si comportò in modo lodevole anche in altre cariche. Frate Martino raccontò che al Capitolo generale in cui san Francesco aveva ordinato di abbattere la casa che era stata costruita proprio per il Capitolo, erano presenti circa 5.000 frati e che il suo fratello di sangue era il procuratore del Capitolo e ne proibì la demolizione in nome della città. Il beato Francesco, stando all'aperto e sotto la pioggia, ma senza bagnarsi, scrisse una lettera, redatta di suo pugno e la inviò per mezzo di lui al ministro e ai frati di Francia, che si rallegrarono vedendo questa lettera e ne lodarono la Santissima Trinità, dicendo: «Benediciamo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo ».
           In quello stesso giorno il beato padre correndo in chiesa appena udito il tonfo della caduta, salvò con la sua accorata preghiera un confratello, che era caduto in un pozzo profondo Egli ci disse ancora che un frate, che stava pregando a Brescia, nel giorno di Natale, fu ritrovato illeso sotto le macerie della chiesa, durante quel terremoto che san Francesco aveva predetto e fatto annunciare dai frati in tutte le scuole di Bologna con una lettera scritta in latino scadente. Questo terremoto ebbe luogo prima della guerra ingaggiata dall'imperatore Federico, e si protrasse per quaranta giorni, così che tutte le montagne della Lombardia furono scosse.
2461     40. Venne in Inghilterra anche frate Pietro di Spagna, che fu poi guardiano di Northampton; egli portava un corsetto di ferro per vincere le tentazioni della carne. C'era nel suo convento un novizio che fu tentato di lasciare l'Ordine; alla fine frate Pietro lo convinse ad accompagnarlo dal ministro. Lungo il viaggio cominciò a parlargli della virtù della santa obbedienza; ed ecco un uccello del bosco si mise davanti a loro precedendoli nel cammino. Allora il novizio, di nome Stefano, disse: « Se è come tu dici, padre, comanda in virtù di santa obbedienza a questo uccello di fermarsi così che io possa catturarlo ». Spiccato l'ordine, l'uccello subito si fermò e il novizio andò verso di lui, lo prese e ne fece quel che voleva. E immediatamente tutta la tentazione sparì e il Signore gli donò un cuore nuovo, così che ritornò a Northampton e promise di perseverare; divenne poi grande predicatore, come io ho potuto constatare.
CONVERSAZIONE VII.
LA DIVISIONE DELLE PROVINCIA IN CUSTODIE
2462    41. Dopo questi fatti, essendosi moltiplicati i conventi e dilatati i frati di giorno in giorno sia per meriti che per numero, sembrò opportuno dividere la provincia in custodie. Nel primo capitolo provinciale di Londra la provincia fu dunque divisa in più  custodie e ciascuna di esse si distinse per una particolare virtù.
2463   La custodia di Londra, affidata a frate Gilberto, al quale, in punto di morte, apparve la Beata Vergine, brillò soprattutto per il fervore, l'umiltà e la devozione nell’ufficio divino. La custodia di Oxford, che fu presieduta da frate Guglielmo da Ashby, si rese famosa principalmente per l'attività intellettuale.
2464    42.      Nella stessa custodia di Oxford, governata per dodici anni da frate Pietro, i frati non si servirono di guanciali fino a quando frate Alberto da Pisa divenne ministro. Perciò quando frate Alberto disse nel capitolo che i frati facevano uso in modo sconveniente di rialzi per tenere sollevata la testa, il custode rispose che i fratelli sapevano bene di avere debolezze umane, ma non era necessario dirglielo. Non portavano neppure sandali, se non gli infermi e i deboli, e solo col permesso dei superiori. Accadde poi, che frate Walter da Madeley, di buona memoria, trovasse un paio di sandali e li calzò per andare al mattutino. A mattutino, così gli parve, si trovò assai meglio del solito. Ma quando andò a letto e si addormentò, sognò che doveva percorrere un certo passo pericoloso tra Oxford e Gloucester, di nome Baizalis, dove solevano appostarsi dei briganti; e quando giunsero nel fondo valle, essi accorsero dai due lati della strada gridando: « Uccidetelo, uccidetelo! ». Spaventatissimo frate Walter si difese dicendo che era un frate minore. Ma quelli replicarono: « Tu menti, perché sei calzato ». Il frate pensando di essere senza sandali come al solito, disse: « Ma non vedete che io cammino scalzo? ». E tenendo un piede in avanti, vide che effettivamente portava calzature; svegliatosi all'improvviso, per la paura, gettò i sandali in mezzo al cortile.
2465     43. Nella custodia di Cambridge, presieduta da frate Riccardo da Ingworth, fiorì il distacco dal denaro, così che al tempo in cui frate Alberto visitò l'Inghilterra i frati della custodia non usavano mantelli, secondo quanto attestò lo stesso padre.
2466    44. Nella custodia di York, governata da frate Martino da Barton, regnò lo zelo per la povertà; egli non permise che nei conventi il numero dei frati fosse superiore alla possibilità di viveri che si potevano raccogliere con la sola questua senza far debiti.
2467    45. Nella custodia di Salisbury, presieduta da frate Stefano, fiorì principalmente l'amore per la mutua carità. Il custode stesso era di una tale dolcezza e giocondità, e di una così straordinaria carità e compassione, che s'adoprava con tutti i mezzi perché nessuno mai fosse triste. Perciò quando giunse l'ora della sua morte e ricevette la santa Ostia, vide nell'Ostia una porta attraverso la quale doveva passare,  e così cantando ad alta voce: « Salve Regina, madre di misericordia », morì santamente a Salisbury.
2468    46. Nella custodia di Worcester, governata da frate Roberto da Leicester, regnò specialmente la primitiva semplicità; egli, piccolo di statura ma grande di cuore, sempre praticò la più limpida semplicità e affidò incarichi nell'Ordine a parecchi uomini dotati di questa virtù. Alla fine, a Worcester, restituì la sua anima santa e semplice al Signore, con molte lacrime e gettando un alto grido.
CONVERSAZIONE VIII.
I CAPITOLI DEI VISITATORI
2469    47. Passati alcuni anni, furono mandati in Inghilterra speciali visitatori che, in occasione delle loro visite, tennero dei capitoli. Il primo visitatore fu frate Guglielmo da Colville, il vecchio, che tenne il suo capitolo sotto il provincialato di frate Agnello a Londra, dove Guglielmo Joynier aveva costruito una cappella a sue spese; e in questo periodo di tempo il visitatore ne celebrò l'inaugurazione con memorabile pompa.
2470    48.      Nello stesso capitolo della visita di frate Guglielmo da Colville, un frate predicò contro l'abuso di contrarre debiti e disse che ai procuratori era accaduto ciò che successe a un certo prete che aveva l'abitudine di celebrare ogni anno la festa di san Nicola. Ecco, accadde che egli fu ridotto in tale povertà, che non poteva più celebrare l'abituale festa né preparare il banchetto. Quando giunse il giorno della festa e le campane annunziarono il mattutino egli, sdraiato sul letto, pensava a cosa potesse fare. La prima campana che suonò sembrò dire: « Ieo ke fray, ieo ke fray » (cosa farò, cosa farò); e la seconda campana parve rispondere: « A crey, a crey » (un prestito, un prestito); e mentre egli pensava al modo con cui avrebbe pagato le spese della celebrazione, ambedue le campane risuonarono insieme e parvero dirgli: « Ke del un, ke del el, ke del un, ke del el » (qualcosa da l'uno, qualcosa dall'altro). E alzandosi, celebrò la festa col denaro preso a prestito. Il capitolo approvò questo discorso.
2471    49. Dopo di lui, venne in Inghilterra Giovanni da Malvern, che per primo portò la dichiarazione sulla Regola del papa Gregorio IX. Questi, per l'occasione della visita, che fu sotto il provincialato di frate Agnello, riunì i frati in gran numero ed anche i novizi a Londra, a Leicester, e a Bristol. Era allora la coscienza dei frati così rigida in materia di costruzioni di edifici e di pitture, che egli prese i più severi provvedimenti a proposito delle finestre della chiesa del convento di Gloucester; e, a proposito del pulpito che un frate aveva dipinto da sé, egli ritirò il cappuccio al suddetto frate, ed impose la medesima punizione al guardiano del convento, perché aveva tollerato la pittura.
2472   50. Il terzo visitatore fu inviato dal ministro generale frate Elia, durante il provincialato di frate Alberto; era frate Vigerio, tedesco, molto rinomato per la sua conoscenza del diritto, onesto in tutta la sua condotta e molto amico del signor cardinale Ottone, che era a quel tempo legato in Inghilterra. Questi aveva ricevuto dal ministro generale istruzioni molto severe e molto precise; in particolare che fossero scomunicati immediatamente tutti quelli che in qualche modo gli celassero qualcosa o mascherassero la verità e che da questa sentenza potessero essere assolti solo da lui; e per di più che egli riferisse al ministro generale tutte le accuse. Il risultato fu che ovunque sorse una tale agitazione fra i frati quale mai se n'era vista prima. Infatti quando i frati furono radunati a Londra, Southampton, Gloucester ed Oxford, e si trovarono insieme in un numero stragrande protraendo eccessivamente il loro soggiorno, si sviluppò immediatamente per tutta la provincia un tumulto intollerabile, poiché all'interno del capitolo i frati si accusavano l'un l'altro e al di fuori cresceva il sospetto dei secolari. Alla fine, quando la visita a tutti i conventi fu terminata, si celebrò il capitolo provinciale ad Oxford, e si mandò, con decisione unanime, un appello contro frate Elia.
2473    51. Il visitatore poi, oltre la visita aveva il potere, e nel suo mandato aveva ricevuto istruzioni di fare altre cose che sarebbero tornate di peso notevole per i frati. Egli si recò, dunque, nella provincia di Scozia e, convocato il capitolo, volle fare la visita. Ma i frati fecero appello ed esposero la loro richiesta, dicendo che avevano avuto la visita del ministro provinciale d'Irlanda, su autorità del Capitolo generale e che non ne volevano un'altra. Visto che c'era un turbamento generale e ovunque, il visitatore si sentì non poco turbato anche lui, e ritornò in Germania, portando con sé il rapporto della sua visita. Frate Guglielmo da Ashby, che egli aveva mandato a visitare l'Irlanda, dopo che ebbe completato ciò che gli era stato comandato, lo raggiunse a Colonia.
            Perciò, quando i frati si radunarono a Roma, chiesero che le visite fossero quelle stabilite dal Capitolo generale, secondo quanto prescrive la legislazione sui visitatori. Frate Arnolfo, penitenziere del Papa, disse che se il diavolo si fosse incarnato, non avrebbe potuto trovare un laccio più sottile e più forte, della visita ora terminata, per accalappiare le anime.
2474    52.      Nel capitolo della visita di frate Vigerio fu accusato ripetutamente frate Eustachio da Merc, di santa memoria, allora escluso dal capitolo per un giorno e mezzo. Un altro frate, che godeva minore stima, fu immediatamente giustificato. Allora questi esclamò: « Povero me! Quell'uomo di così famosa santità e di virtù così provata e di una prudenza così fine è stato giudicato tanto severamente; e io me la sono cavata così bene! Chi crederà ancora alla giustizia degli uomini? ».
CONVERSAZIONE IX.
LA DIVISIONE DELL' INGHILTERRA IN PROVINCE
2475     53. Passato un certo tempo dall'insediamento dei frati in Inghilterra, frate Elia, ministro generale, dette ordine che la provincia inglese fosse divisa in due: quella denominata di Scozia e quella dell'Inghilterra come prima. Egli desiderava, secondo quanto si diceva, che, come l'Ordine dei frati predicatori aveva dodici priori provinciali nel mondo intero in luogo dei 12 apostoli, così lui avesse sotto di sé 72 ministri provinciali, in luogo dei 72 discepoli.
2476   Fu eletto ministro della Scozia frate Enrico da Reresby, ma morì prima che gli giungesse la nomina. Gli successe frate Giovanni da Kethene, guardiano di Londra, e incluse nella provincia tutti i conventi al di là di York, e in seguito ammise nell'Ordine parecchie persone oneste e di grande utilità. Ripieno di zelo particolarmente per l’ufficio divino, offri se stesso come esempio di pietà. Ricevette con il massimo onore il nostro venerabile frate Alberto da Leicester ed umilmente gli chiese di spiegare la Regola ai frati. Dopo aver governato la provincia di Scozia per parecchi anni in modo lodevole, essendo stata quest'ultima di nuovo riunita all'Inghilterra, fu eletto ministro provinciale d'Irlanda dal ministro generale frate Alberto.
2477    54.        Aggiunta. Al tempo di frate Giovanni, frate Elia ordinò che i frati si lavassero da sé i loro panni: i frati della provincia inglese obbedirono, mentre quelli della provincia di Scozia stettero in attesa di un comando particolare per loro.
2478    55. Ritengo degno di ricordo il fatto che anche questo frate Giovanni sostenne con tenacia il ministro d'Inghilterra, frate Guglielmo da Nottingham, di santa memoria, assieme a frate Gregorio da Bosellis nel Capitolo generale di Genova, e, contro quasi l'intero Capitolo generale, vinsero la causa secondo la quale si doveva abolire interamente il privilegio concesso dal Papa circa la accettazione di denaro per mezzo dei procuratori, e si doveva accantonare l'interpretazione della Regola data da papa Innocenzo IV, in quelle cose in cui era più larga di quella di Gregorio IX.
2479    56. Sempre frate Giovanni da Kethene intervenne davanti a tutti i definitori, nello stesso Capitolo generale in favore della riconciliazione di frate Elia, ed ottenne che gli fosse recapitata da parte dei frati una esortazione a non rinviare più oltre il suo ritorno all'obbedienza della Chiesa e dell'Ordine.
2480   Questo frate Giovanni era inoltre così pieno di zelo per la promozione degli studi, che fece acquistare a Parigi una Bibbia interamente commentata e la fece inviare in Irlanda. Inoltre era cosi sollecito nel confortare i frati, che molti, amareggiati in altre province, si rifugiarono da lui e parvero fare grandi progressi sotto la sua direzione. Avendo dunque occupato la carica di ministro per circa 20 anni, fu assolto dall'incarico nel capitolo di Metz, come avvenne anche per frate Guglielmo, ministro di Inghilterra.
2481     57.      Aggiunta. Quando frate Elia fu deposto dalla sua carica, si stabilì che nell'Ordine ci fossero soltanto 32 province: 16 al di là delle Alpi e 16 al di qua, per questa ragione: dal momento che la elezione del ministro generale spettava unicamente ai ministri provinciali e ai custodi, se il numero di quelli che avevano voce nella elezione e nelle deliberazioni fosse stato troppo elevato, poiché la moltitudine è causa di confusione, sarebbe stato quasi impossibile raggiungere il consenso di tante persone su qualsiasi cosa.
CONVERSAZIONE X.
MUTAMENTI E AMPLIAMENTI DEI CONVENTI
2482    58. Poiché il numero dei frati cresceva di giorno in giorno, le case e i terreni che erano stati sufficienti per un piccolo numero non lo furono più per una moltitudine; per di più, per provvidenza divina entravano frequentemente nell'Ordine persone per le quali sembrava giusto e doveroso provvedere con condizioni di vita più decorose; in qualche luogo poi, la semplicità dei frati li aveva spinti ad accettare sconsideratamente spazi cosi angusti che non era neppure il caso di pensare d'allargare le aree, e fu necessario rimuovere completamente le dimore. E così avvenne che, mentre era ancora in vita frate Agnello da Pisa, di santa memoria, si dovette ricorrere a numerosi ampliamenti di case e terreni. Ma tale era il suo zelo per la povertà che a stento permetteva di allargare i terreni e costruire nuove case, se non a norma di assoluta necessità: questa fu cosi evidente per l'infermeria di Oxford, che aveva costruito tanto povera che l'altezza dei muri non superava di molto quella di un uomo, e fino al tempo di frate Alberto il convento non aveva nemmeno celle per gli ospiti. Allo stesso modo, egli fece sostituire i muri di fango del dormitorio di Londra con muri di pietra, lasciando il tetto come era. Sotto frate Alberto fu mutata l'ubicazione dei conventi di Northampton, di Worcester e di Hereford.
2483    59. Diversi ampliamenti di aree occupate dai frati furono compiuti anche sotto frate Aimone, poiché egli affermava di preferire che i frati avessero più terra e la coltivassero, di modo che avessero gli ortaggi necessari, piuttosto che li mendicassero da altri. Questo lo disse in occasione dell'allargamento del terreno di Gloucester, che i frati antecedentemente, per una decisione di frate Agnello, avevano ridotto cedendolo in gran parte, ed ora poterono ricuperarlo con grande difficoltà dal signor Tommaso da Berkeley, grazie alla sagace devozione di sua moglie.
2484    60. Sotto frate Guglielmo furono traslocati i conventi di York, Bristol, Bridgewater, e vennero sufficientemente ampliate le case di Grimsby e di Oxford. Ma quando un frate, spinto dall'eccessiva confidenza, tanto che i frati lo chiamavano la sua anima--aveva ricevuto infatti dal ministro una lettera molto affettuosa scritta di suo pugno quando era depresso--disse a frate Guglielmo che lo avrebbe accusato presso il ministro generale perché il convento di Londra non era recinto da muri, egli rispose con ardente zelo: « E io replicherò al generale che non sono entrato nell'Ordine per costruire muri ». Per questo stesso zelo fece riportare a semplicità il tetto della Chiesa di Londra e togliere le recinzioni del chiostro. Una volta tuttavia disse a quel frate che era suo amico, che si dovevano erigere costruzioni abbastanza vaste, così che in futuro i frati non le facessero ancora più grandi.
2485  61.        Aggiunta. Frate Roberto da Slapton mi ha riferito di allargare i terreni e di costruire nuove case, se non a norma di  che, quando i frati abitavano m una casa presa In affitto, prima di avere un terreno proprio, il guardiano ebbe la seguente visione: vide san Francesco venire al convento. I frati, subito gli corsero incontro e lo condussero sulla terrazza. Egli sedette guardandosi intorno in silenzio, per lungo tempo. Mentre i frati erano pieni di stupore, il guardiano chiese: « Padre, a cosa pensi? ». San Francesco rispose: « Guarda questa casa! »; egli ubbidendo si voltò a guardare: ed ecco tutta la casa gli parve fatta di rami intrecciati, di fango e di paglia. San Francesco disse ai frati: « Così dovrebbero essere le case dei frati minori » Allora il guardiano prese dell'acqua, gli lavò i piedi e gli baciò le stimmate dei piedi. Questi fatti, io credo, accaddero a frate Roberto. Io stesso poi ho conosciuto un famoso predicatore, il quale confessava pubblicamente, che, a causa della sua preoccupazione nel costruire i conventi di una città, aveva perso il gusto di predicare e il fervore che era solito provare nella preghiera.
2486  62. Anche frate Giovanni, visitatore dei frati predicatori in Inghilterra disse a proposito di frate Guglielmo da Abington che, prima di incominciare la costruzione del convento di Gloucester, aveva l'inestimabile dono della predicazione, e che mai un tale e così suasivo oratore avrebbe dovuto occuparsi di costruzioni, perché, continuò frate Giovanni, a motivo delle preoccupazioni avute nel sollecitare le elemosine, si rese vile a tal punto, che il Re d'Inghilterra gli disse: « Frate Guglielmo, tu sapevi parlare tanto spiritualmente ed ora tutto quello che sai dire è: " Dammi, dammi, dammi " ». E in un'altra occasione, insistendo lo stesso frate Guglielmo con lusinghe per strappare qualche cosa al Re, il Re lo chiamò serpente.
2487    63. Il Signor abate di Chertsey mi raccontava che quando un frate domenicano, suo amicissimo, gli chiese della legna, egli gliene dette un solo pezzo; e poiché quel frate gli disse che gli dispiaceva di essersi disturbato ad andare fino là per un solo pezzo di legno, l'abate gliene diede un altro; e poiché quello insisteva dicendo che Dio era trino e che dunque doveva dargli tre pezzi, l'abate rispose: « In nome di Dio, che è uno solo, avrai un solo pezzo ».
2488    64. Quando frate Enrico da Burford prese l'abito a Parigi, la comunità era composta di soli 30 frati. Essi stavano costruendo in quel tempo il convento di Valvert, una costruzione molto estesa in lunghezza e in altezza, cosi che a molti frati sembrava contraria allo stato di povertà dell'Ordine. Perciò alcuni, e specialmente frate Angeler, supplicavano san Francesco di farla cadere. Ed ecco, quando i frati si apprestavano ad entrare nel convento, per divina ispirazione non vi entrò nessuno, e in quello stesso momento il tetto e i muri crollarono fin dalle fondamenta. Sul posto si trovarono scritti questi due versi: « La grazia divina ha insegnato con questa rovina che l'uomo contento deve essere di casa più modesta»; e così i frati abbandonarono il luogo.
CONVERSAZIONE XI.
LA PROMOZIONE DEI LETTORI
2489    65. Dopo aver ampliato il convento, dove fioriva il principale studio d'Inghilterra, nel quale la totalità degli studenti aveva l'abitudine di riunirsi, frate Agnello fece costruire una scuola abbastanza decorosa nella casa dei frati e domandò al maestro Roberto Grossatesta, di santa memoria, di insegnare a loro.
           Sotto la sua guida, essi, in poco tempo, fecero vistosi progressi sia nelle materie teologiche sia in quelle morali che sono necessarie ad un predicatore. Quando poi egli fu, per divina provvidenza, trasferito dalla cattedra di maestro a quella di vescovo, insegnò ai frati il maestro Pietro, che fu più tardi vescovo in Scozia. A lui successe maestro Ruggero da Weseam, già decano della diocesi di Lincoln, poi nominato vescovo di Coventry. Allo stesso modo il maestro Tommaso del Galles, dopo aver insegnato lodevolmente ai frati in quel convento, fu eletto vescovo di San David nel Galles. Questi maestri, dunque, essendo sempre favorevoli ai frati in tutto, divulgarono i loro fatti e la loro forma di vita in diversi luoghi. Perciò la fama dei frati inglesi e i loro progressi negli studi divennero così conosciuti anche in altre province, che il ministro generale, frate Elia, chiese frate Filippo del Galles e frate Adamo da York perché insegnassero a Lione.
2490    66. Quando giunse in Inghilterra, frate Alberto da Pisa nominò frate Vincenzo da Coventry lettore a Londra e suo fratello, frate Enrico, lettore a Cambridge, e così di lì a poco furono nominati altri lettori: frate Guglielmo da Leicester ad Hereford, frate Gregorio da Bosellis a Leicester, frate Gilberto da Cranford a Bristol, frate Giovanni da Weston a Cambridge, frate Adamo Marsh ad Oxford. E il dono della sapienza si diffuse nella provincia inglese con tanta abbondanza, che prima della fine del provincialato di Guglielmo da Nottingham c'erano in Inghilterra 30 lettori, che « disputavano » solennemente e 3 o 4 che insegnavano senza il diritto alle « dispute ». Il ministro provinciale infatti aveva scelto da ogni convento studenti per le Università, che potessero succedere ai lettori alla loro morte o alla loro rimozione dalla carica. Ora, tralasciando altre cose, diremo in modo succinto della successione dei lettori nelle Università.
2491    67. Alcuni incominciano ad insegnare come maestri, altri leggono come baccellieri. Ad Oxford insegnò per primo frate Adamo Marsh. Secondo maestro fu frate Rodolfo da Collebruge, che entrò nell'Ordine mentre occupava lodevolmente la carica di maestro reggente a Parigi e fu nominato dal ministro generale con lo stesso grado ad Oxford, dove insegnò essendo ancor novizio. Terzo fu frate Eustachio da Normanville, (che era stato nel mondo nobile e ricco, maestro nelle arti e nel diritto e cancelliere di Oxford) .
2492    68.       Frate Pietro, ministro provinciale d'Inghilterra. disse che l'ingresso nell'Ordine di frate Eustachio da Normanville fu di più grande edificazione di quello degli altri, perché nel mondo era nobile e ricco ed aveva insegnato le arti e il diritto con onore come maestro reggente ed era stato cancelliere di Oxford, ed era preparato per iniziare il magistero in teologia.
2493    69. Quarto fu Tommaso da York. Quinto fu Riccardo Rufus della Cornovaglia che indossò l'abito francescano a Parigi al tempo in cui frate Elia turbava l'intero Ordine, e fece la sua professione in Inghilterra con fedeltà e devozione durante il periodo dell'appello a Roma contro il suddetto ministro. In seguito lesse le Sentenze [di Pietro Lombardo] come baccelliere « cursor » a Parigi, dove fu giudicato grande e brillante filosofo.
2494                [Questo frate Riccardo, quando venne in Inghilterra raccontò nel capitolo di Oxford, che a Parigi un certo frate, mentre era in estasi, ebbe una visione: vide frate Egidio, semplice fratello laico, ma uomo di contemplazione, salire sul pulpito e commentare le sette domande dell'orazione domenicale e uditori erano soltanto i frati che erano lettori nell'Ordine. Ma san Francesco, entrando, da principio stette in silenzio, poi esclamò: « Che vergogna per voi che un fratello senza cultura vi superi nei vostri meriti davanti a Dio ». Poi continuò: « E poiché la scienza gonfia, ma è la carità che edifica, molti frati dotti che sono molto rispettati... saranno un nulla nel regno eterno di Dio »] .
2495     70.      Un eminente lettore, che studiò con me ad Oxford, aveva sempre avuto l'abitudine, mentre il maestro insegnava e disputava, di non ascoltarlo e di occuparsi di altre cose, quale trascrivere codici. Ed ecco, quando divenne a sua volta lettore, i suoi scolari stavano così disattenti, che affermava d'esser stato tentato ogni giorno di chiudere il libro e di andarsene. Pentito dichiarò: « Per giusta punizione divina nessuno vuole ascoltarmi perché io non ho mai voluto prestare attenzione a nessun maestro ». Inoltre egli, poiché aveva troppo frequenti relazioni con i suoi amici secolari, e a motivo di questa familiarità attendeva ai frati meno di quanto avrebbe dovuto, con la sua condotta dimostrò agli altri che solo nel silenzio e nella pace si può apprendere le parole della sapienza e che non si può penetrare la legge di Dio, come dice un santo, se non nella tranquillità della mente.
                                   Quando più tardi rientrò in sé, si innamorò della quiete e del silenzio, e fece tali progressi che il vescovo di Lincoln dichiarò che egli stesso non avrebbe insegnato così bene. E perciò, crescendo la fama del suo valore, fu chiamato in Lombardia dal ministro generale e si conquistò la stima nella stessa curia pontificia. Da ultimo poi, la Madre di Dio, verso la quale aveva grande devozione, gli apparve in punto di morte e, allontanando da lui gli spiriti maligni, gli meritò di entrare felicemente in Purgatorio, come egli stesso rivelò ad uno dei suoi amici. Disse che stava in Purgatorio e che soffriva molto ai piedi, perché con troppa frequenza si era recato da una pia donna per confortarla, mentre avrebbe dovuto impegnarsi di più nelle sue lezioni e in altre occupazioni più necessarie; e chiese di far celebrare messe per la sua anima; l'amico ne fece dire per due anni di seguito ed offrì molti altri suffragi.
2496    71. I maestri che seguono insegnarono invece a Cambridge: Frate Vincenzo da Coventry, frate Giovanni da Weston, frate Guglielmo da Poitiers, frate Humphrey. Questo ultimo mi riferì che mentre era un giorno ammalato a Cambridge, udì una voce che gli diceva: « Stai fermo come una pietra ». Giacendo dunque immobile come una pietra, giunsero due demoni che si sedettero alla sua sinistra, e un angelo che si appostò alla sua destra. I demoni cominciarono ad irritarlo con false accuse, mentre l'angelo restava a lungo in silenzio. Alla fine, i due diavoli  dissero: « Quando i frati stanno a bere o a chiacchierare invece di andare a Compieta, noi ci occupiamo di loro, e quando se ne vanno, abbiamo da fare altrove ». Allora l'angelo disse. « Vedi quanto è grande la malizia di questi diavoli; vogliono ucciderti di disgusto perché tu non sia più in grado in seguito di lodare il nome del tuo Creatore ». Confortato da questo discorso, cominciò a sudare e guarì.
CONVERSAZIONE XII.
L' ISTITUZIONE DEI CONFESSORI
2497      72. Ci furono, anche, parecchi frati, che, sebbene non avessero l'ufficio di predicatori o di lettori, per benevolo favore dei prelati, furono incaricati di ascoltare in vari luoghi le confessioni sia dei religiosi che dei laici, per obbedienza e per volontà del ministro provinciale. Fra questi il più noto era frate Salomone, che fu confessore generale dei cittadini e dei membri della corte a Londra. Nel tempo in cui egli era guardiano di Londra, dopo la sua malattia, come è stato detto sopra, il signor Ruggero di santa memoria, vescovo di Londra, lo richiese dell'ubbidienza canonica. Ma frate Salomone, che era stato per lungo tempo in buoni rapporti con il vescovo, resistette amichevolmente ed ottenne un rinvio ad oltranza. Questo vescovo aveva una tale stima per l'Ordine che si alzava in piedi ogni volta che un frate lo salutava. In questa occasione frate Agnello inviò subito alla curia romana un suo delegato ed ottenne per i frati la bolla intitolata « Nimis iniqua ».
2498    73. Nel ministero di confessore fu famoso anche frate Maurizio da Dereham, di buona memoria. Egli aveva un giorno incontrato un ragazzo, che deperiva da lungo tempo per una malattia inguaribile; ascoltata la confessione di lui, gli impose la penitenza di recitare ogni giorno tre « Ave Maria » e di impetrare dalla beata Vergine la salute per poter diventare un frate minore; il ragazzo ubbidì e guarì completamente. Perciò, quando ebbe circa quindici anni, frate Maurizio l'obbligò a vivere tra i frati come uno di loro fino a che non avesse l'età richiesta; una volta raggiuntala, egli senza indugio vestì l'abito, durante il provincialato di frate Agnello.
2499    74. A Gloucester ebbe grande fama frate Vincenzo da Worcester; vero padre per tutto il paese, era di una tale austerità e di un tale rigore verso se stesso e di una tale dolcezza e affabilità verso coloro che gli erano sudditi, che era amato da tutti come un angelo. Proprio a motivo della sua vita austera e della sua prudenza straordinaria, più tardi fu promosso all'ufficio di predicatore e divenne il confessore di Ruggero, vescovo di Coventry.
2500    75. A Lynn si distinse per rinomanza di santità frate Goffredo da Salisbury; un uomo che per l'austerità della sua vita si rivelò, se possiamo dire così, come un altro Francesco e per la sua virtù, dolcezza, semplicità, un secondo Antonio. Quando ascoltava le confessioni, la sua pietà e la sua compassione erano così grandi che, quando non riscontrava nei penitenti segni di profonda contrizione, egli li commuoveva fino al pianto con le sue lacrime e i suoi singhiozzi. Come accadde appunto con il nobile Alessandro da Bassingbourn. questi si confessava come se raccontasse una storia, e frate Goffredo piangendo amaramente lo costrinse a fare altrettanto e con i suoi meriti e i suoi saggi consigli lo spinse a prendere la decisione di entrare nell'Ordine dei frati minori; vi entrò e vi morì santamente. In seguito apparve ad un suo amico, frate Giovanni da Stamford, e alla domanda di questo ultimo come stesse, rispose: « La meye alme le fet cum creature que est obeysant a sun Creatour, et repose est en celi ke la fit per ducour » (la mia anima agisce come creatura obbediente al suo Creatore e trova il suo riposo in Colui che la creò per amore) . Egli lo istruì anche sulla fede nel sacramento dell'Eucarestia in modo così sublime che nessun mortale sarebbe in grado di imitarlo.
2501    76. Ad Oxford si distinse frate Eustachio da Merc, di buona memoria, che fu in seguito guardiano ed infine custode di York. Questi volentieri narrava il seguente episodio. San Lanfranco, volendo entrare in un Ordine religioso, quando era già grandissimo teologo, indossò un abito da pagliaccio e peregrinò a vari monasteri per conoscere la vita monastica. Egli arrivava, bussava alla porta del coro con il bastone, e quando vedeva i monaci guardare in direzione della porta e ridere, diceva: « Dio non è qui ». Ma quando giunse a Bec-Hellouin e nessun monaco prestò attenzione a lui che bussava, entrò come converso. Quando poi papa Nicolò tenne un Concilio contro Berengario, ottenne il permesso di andarvi con il suo abate e qui, mentre tutti erano rimasti in silenzio costernati dalle parole dell'eretico, chiese di essere ascoltato e sciolse i suoi argomenti con tanta chiarezza che Berengario disse: « O tu sei Lanfranco, o tu sei il diavolo ». E così fu riconosciuto dal Concilio.
CONVERSAZIONE XIII.
LA SUCCESSIONE DEI MINISTRI GENERALI
2502    77. Il primo ministro generale dopo san Francesco fu frate Elia, che era stato notaio a Bologna. A lui successe frate Giovanni Parenti da Firenze, ministro provinciale della Spagna, uomo saggio, pio e di grande austerità. Dimesso dal suo ufficio dai partigiani di frate Elia, questi fu eletto di nuovo ministro generale. Le cose avvennero così: nel Capitolo tenuto al tempo della traslazione delle reliquie di san Francesco, proprio quelli che Elia aveva autorizzato a venire al Capitolo--infatti aveva dato il permesso a tutti quelli che desideravano andarvi--lo volevano fare generale contro il parere dei ministri provinciali. Lo presero dunque dalla sua cella e lo portarono fino alla porta dell'aula del Capitolo e, dopo averla sfondata, volevano istallarlo al posto del ministro generale. Quando frate Giovanni vide questo, si denudò davanti a tutto il Capitolo. Pieni di vergogna, i frati cessarono allora di far tumulto. Tuttavia non vollero ascoltare né sant'Antonio né alcun ministro provinciale. Il popolo comunque credette che il disaccordo fosse sorto perché il corpo di san Francesco era stato trasferito tre giorni prima che i frati si riunissero; ma cinque novizi, che erano stati cavalieri e che erano presenti al Capitolo ed avevano visto ogni cosa, affermarono piangendo che questo tumulto avrebbe apportato un gran bene all'Ordine, perché quest'ultimo non doveva conservare nel suo seno nessun elemento di discordia. E così accadde che tutti questi disturbatori furono dispersi in diverse province perché facessero penitenza. Frate Elia poi, ritirandosi in un eremitorio, si fece crescere barba e capelli e con questa simulazione di santità, si riconciliò con l'Ordine e con i frati.
2503    78. Questo Capitolo inviò al papa Gregorio IX messaggeri per ottenere una dichiarazione sulla Regola, cioè sant'Antonio, frate Gerardo Rossignol, penitenziere del Papa, frate Aimone, che divenne più tardi ministro generale, frate Leone, nominato poi arcivescovo di Milano, frate Gerardo da Modena e frate Pietro da Brescia. Essi informarono il Papa anche sul grande scandalo provocato da frate Elia, perché il ministro generale aveva revocato il suo decreto, nel quale dava licenza a tutti i frati che lo volevano di venire al Capitolo, e gli fecero sapere anche che frate Elia, indignato per questo motivo, aveva fatto trasferire il corpo di san Francesco prima che i frati si fossero riuniti. Il Papa, turbato assai per queste cose, assunse un atteggiamento molto duro contro Elia finché non seppe quale vita insolita egli stava conducendo nell'eremitorio. In seguito, tuttavia, nel Capitolo generale di Rieti, dopo che Giovanni Parenti fu sciolto dalla carica, il Papa permise che Elia fosse nominato  ministro generale, soprattutto in considerazione dell'amicizia che era stata fra lui e il beato Francesco.
2504     79. Più tardi, poiché frate Elia era motivo di turbamento per tutto l'Ordine con il suo amore per gli agi e con i suoi modi violenti, frate Aimone da Parigi presentò un appello contro di lui; e sebbene frate Elia fosse contrario, molti ministri, e molti frati, di virtù provata delle province cismontane, convennero per celebrare un Capitolo generale, mentre era incaricato degli affari dell'Ordine presso la curia frate Arnolfo, penitenziere del papa Gregorio IX. Dopo lunghe discussioni, furono scelti da tutto l'Ordine dei frati con l'incarico di preparare una riforma. Quando il progetto fu pronto, fu letto in presenza del Papa nel Capitolo generale, al quale erano presenti anche 7 cardinali. Il Papa tenne un sermone sulla statua d'oro che Nabucodonosor vide, prendendo come tema il versetto: « Tu o Re, nel tuo letto cominciasti a pensare che cosa significasse... ». Finito il discorso, frate Elia prese a scusarsi, adducendo la ragione che i frati, quando lo avevano eletto generale, erano d'accordo che lui mangiasse oro ed avesse un cavallo, se la sua cattiva salute lo avesse reso necessario; ma che ora lo accusavano, scandalizzati per la sua condotta. Frate Aimone voleva rispondergli, ma il Papa non dette il suo consenso, fino a che il cardinale Roberto da Somercotes gli disse: « Signor Papa, questi è un uomo saggio; è bene che voi lo ascoltiate perché è conciso nel parlare ».
2505     80. Frate Aimone dunque si alzò quasi intimidito e tremante, mentre Elia si sedeva del tutto tranquillo e imperturbabile, così almeno sembrava. Frate Aimone disse brevemente che apprezzava le parole di frate Elia essendo quelle di un padre venerato; ma gli faceva osservare che se i frati avevano detto che volevano che mangiasse oro, non avevano detto che acconsentivano che avesse un tesoro. Inoltre, se avevano detto che volevano che avesse un cavallo, non avevano detto che acconsentivano che avesse un palafreno o un destriero. Subito frate Elia, perdendo la pazienza, dichiarò ad alta voce che frate Aimone mentiva; i suoi partigiani si misero a gridare ingiurie e a vociferare, e quelli della parte opposta si comportarono allo stesso modo. Turbato, il Papa ordinò loro di tacere e disse: « Questo non è comportamento degno di religiosi ». Poi rimanendo seduto per lungo tempo, in silenzio e in meditazione, produsse in tutti un profondo stupore. Nel frattempo il cardinale Rinaldo, protettore dell'Ordine, suggerì apertamente a frate Elia di rassegnare le sue dimissioni nelle mani del Papa. Ma questi rispose pubblicamente che rifiutava la proposta. Allora il Papa, facendo prima appello alle qualità personali del frate e rimarcando l'amicizia che c'era stata tra lui e san Francesco, concluse che aveva creduto che i frati fossero contenti di averlo come ministro generale; ma dal momento che non lo erano più, come lo provava ad evidenza questo Capitolo  decretava che doveva essere dimesso dalle sue funzioni. E immediatamente lo rimosse dalla carica di ministro generale. Ci fu subito una esplosione di gioia, così grande e indescrivibile, che coloro che avevano meritato di essere presenti dichiararono che non avevano mai provato niente di simile.
2506    81. Il Papa allora si ritirò solo in una delle celle e chiamò i ministri e i custodi per l'elezione, e prima che votassero ascoltò il parere di ciascuno. Dopo che fu nominato canonicamente Alberto da Pisa, ministro d'Inghilterra, frate Arnolfo, il penitenziere del Papa, che era stato l'anima di tutto questo affare, proclamò l'elezione e intonò il « Te Deum laudamus ». E poiché, come si diceva, frate Elia non aveva mai fatto professione della Regola confermata con bolla dal papa Onorio III, onde si era creduto autorizzato a ricevere denaro, gli si ordinò immediatamente di professare questa Regola, e la medesima disposizione fu allargata a tutto il Capitolo e in conseguenza a tutto l'Ordine. Così fu fatto. Dopo che ebbe celebrato la Messa, il ministro neo-eletto disse ai frati che non avevano avuto parte nel Capitolo: « Voi avete ora ascoltato la prima Messa, mai celebrata da un ministro generale di questo Ordine. Ritornate ora con la benedizione di Gesù Cristo nei vostri conventi » .
2507     82. In questo Capitolo, frate Aimone fu eletto ministro di tutta l'Inghilterra e frate Giovanni da Kethene, che era stato ministro di Scozia, fu nominato ministro d'Irlanda.
2508    83. Dopo questi avvenimenti, frate Elia scelse di dimorare a Cortona e, senza licenza e malgrado la proibizione del ministro generale, si recò a visitare i monasteri delle Povere Dame, ragione per cui sembrò che egli fosse incorso nella sentenza di scomunica decretata dal Papa. Frate Alberto gli comandò di venirlo a trovare per ricevere l'assoluzione o almeno di incontrarsi in qualche luogo a mezza strada. Ma frate Elia oppose un netto rifiuto; e il fatto giunse all'orecchio del Papa. Sapendo bene frate Elia che il Papa voleva che egli ubbidisse al ministro generale, come ogni altro frate, non sopportando questa umiliazione, lui che non aveva mai imparato ad ubbidire, si trasferì nella regione di Arezzo. Allora fu scomunicato pubblicamente dal Papa, come meritava.
2509     84. Quanto a frate Alberto, si comportò in maniera degna di lode nell'ufficio di ministro generale, correggendo gli eccessi del suo predecessore, si trattenne al di là delle Alpi, dove il primo fervore dell'Ordine si era affievolito. Morì poi santamente a Roma, lodando gli inglesi tra tutti i frati, per il loro zelo religioso.
2510    85. A lui successe l'inglese frate Aimone, che si preoccupò di  continuare l'opera iniziata dal suo predecessore. Sotto la sua amministrazione fu tenuto il primo ed ultimo Capitolo dei definitori, che non fu mai più convocato nell'Ordine a causa della loro insolenza. Essi tentarono in tutte le maniere di allontanare i ministri provinciali che erano al Capitolo assieme con il ministro generale; come fu fatto. Perciò lo statuto, che era stato fatto alla presenza del Papa nel Capitolo della deposizione di frate Elia, concernente questo Capitolo dei sudditi e quell'altro riguardante l'elezione canonica dei custodi e dei guardiani, nel successivo Capitolo generale, proprio a motivo della insolenza dei sudditi fu abrogato. Alcuni frati, infatti chiedevano che fossero eliminati completamente i Custodi dell'Ordine dicendo che la loro carica era superflua. Frate Aimone era al di qua delle Alpi, quando nel cuore dell'inverno gli fu recapitata la citazione da parte del protettore dell'Ordine e degli altri cardinali. Egli rispose davanti a loro in modo così esauriente alle accuse fatte contro di lui, che riconquistò il loro favore.
2511    86. Mentre egli era ministro generale, fu emanato dal Capitolo il decreto che fossero scelti dei frati in tutte le province dell'Ordine i quali annotassero quei passi della Regola su cui esistevano dei dubbi e li trasmettessero al ministro generale. In Inghilterra furono eletti frate Adamo Marsh, frate Pietro, custode di Oxford, frate Enrico da Burford e qualche altro. In quella stessa notte san Francesco apparve a frate Giovanni da Bannister e gli mostrò un pozzo profondo. Frate Giovanni disse: « Padre, ecco i padri vogliono spiegare la Regola, molto meglio sarebbe che fossi tu a spiegarcela ». Il Santo rispose: « Figlio, vai dai fratelli laici ed essi ti esporranno la tua Regola ». Perciò, quando ebbero annotati alcuni articoli, i frati li mandarono dal generale in una cedola senza sigillo, scongiurandolo nel nome del sangue prezioso di nostro Signor Gesù Cristo di permettere che la Regola restasse tale quale era stata scritta da san Francesco per ispirazione dello Spirito Santo. Questo decreto dunque, piacque molto sia al protettore dell'Ordine sia ai frati delle province d'oltre mare; e ciò conferma la testimonianza che frate Alberto aveva dato a riguardo dei frati d'Inghilterra. Frate Aimone morì ad Anagni. Il papa Innocenzo si degnò di venirlo a trovare durante la sua malattia.
2512    87.      Aggiunta. Frate Aimone disse, dei frati che non volevano rientrare in convento dopo una malattia prima di aver riacquistato tutte le forze, per la paura di non potere più usufruire del periodo di convalescenza, che erano simili a un bambino a cui si dovevano insegnare le lettere contro sua volontà. Quando il bambino ebbe detto A, benché sapesse pronunciare B ugualmente bene come A, non volle proseguire in nessun modo perché se avesse detto B, il maestro gli avrebbe ordinato di dire C e così via.
                                   Frate Aimone disse ancora che quando era secolare, era così delicato che non poteva vivere senza numerosi vestiti e scarpe, ma che in seguito divenne più forte proprio senza tali indumenti.
                                   Quando frate Aimone ritornò dal Capitolo generale in cui era stato  eletto ministro provinciale, temendo per la sua delicata costituzione, pensò che se fosse arrivato al di là delle Alpi non avrebbe poi avuto più nulla da temere; ma accadde che precisamente là dove era preoccupato per la sua salute era più resistente, invece in Francia era più debole.
2513    88. A lui successe frate Crescenzio, già medico famoso e ministro provinciale di Verona. I1 suo zelo era infiammato dalla carità, modellato dalla scienza e fortificato dalla fermezza. Ma i frati della sua provincia gli erano così contrari, che nella stessa notte del Capitolo generale, in cui fu eletto, dopo una denuncia che aveva fatto agli zelanti dell'Ordine riguardo a una ribellione dei suoi confratelli, un frate ebbe una visione: vide frate Crescenzio con la testa rasata, la barba bianca e lunga fino alla corda e sentì una voce proveniente dal cielo che diceva: « Ecco Mardocheo ». Quando frate Rodolfo di Reims seppe di questa visione, disse subito: « Certamente questi sarà eletto generale oggi stesso ». Dopo che ebbe governato l'Ordine per qualche tempo con fedeltà e prudenza, frate Crescenzio chiese di essere dimesso dall'ufficio; in seguito fu nominato vescovo della sua città natale.
2514    89.      Aggiunta. Questo Frate Rodolfo da Reims, inglese, dopo lunghe fatiche ritornò in Inghilterra e presso Salisbury morì santamente, dopo essersi applicato per lungo tempo alla contemplazione Egli narrava che mentre san Francesco stava camminando lungo una via nel vento gelido, si scoraggiò. Poi, riprese coraggio, sali sulla montagna e si spogliò dei suoi abiti e, volgendosi verso il vento, disse a se stesso che sarebbe stato meglio se avesse avuto la tonaca.
2515     90. A lui successe frate Giovanni da Parma, uno dei più zelanti dell'Ordine, che a Parigi aveva letto le sentenze come baccelliere « cursor ». Venne in Inghilterra al tempo di frate Guglielmo da Nottingham e celebrò un capitolo provinciale a Oxford, e ricondusse all'unità quei frati che volevano precedere gli altri sostenendo idee peregrine. Egli esaltò poi in tutte le province l'obbedienza e il fervore dei frati inglesi. A Parigi riconciliò personalmente i frati con i maestri, protestando nell'Università la semplicità della professione dell'Ordine, dopo aver revocato l'appello dei frati contro i maestri.
2516   Egli decise che il Capitolo generale si dovesse tenere d'ora in poi alternatamente al di qua e al di là delle Alpi.
2517   Alla fine, non sentendosi più in forza di portare il peso di ministro generale, ottenne dal papa Alessandro IV di potervi rinunciare. Frate Giovanni da Parma diceva che l'edificio dell'Ordine si doveva costruire su due pareti, cioè sulla santità di vita e sulla scienza, e che i frati avevano innalzato il muro della scienza fino al cielo, a tal punto che si chiedevano se Dio esistesse; invece il muro della virtù lo avevano così abbassato che era un grande elogio per un frate sentirsi dire: « E un uomo di cui ci si può fidare », e perciò riteneva che si stava costruendo non come si sarebbe dovuto. Egli voleva inoltre che i frati salvaguardassero se stessi di fronte ai prelati e ai principi con la santità della loro vita e i loro meriti pubblici, piuttosto che con privilegi papali, e fossero veramente i minori tra tutti per umiltà e mitezza.
2518    91.      Aggiunta. Frate Giovanni da Parma, ministro generale, durante il Capitolo generale di Genova, ordinò a frate Bonizo, che era stato compagno di san Francesco, di dire ai frati la verità sulle stimmate del Santo, perché molti nel mondo ne dubitavano. Frate Bonizo rispose piangendo: « Questi miei occhi di peccatore le hanno viste, e queste mie mani di peccatore le hanno toccate».
2519    92.      Anche frate Leone, compagno di san Francesco, disse a frate Pietro, ministro provinciale d'Inghilterra, che l'apparizione del Serafino a san Francesco era avvenuta mentre egli stava rapito in contemplazione, e che quella apparizione era stata molto più evidente di quello che si era scritto nella vita di lui; e che molte cose gli erano state rivelate in quella apparizione, che egli non aveva mai comunicato a nessuno. San Francesco però aveva rivelato a frate Rufino suo compagno, che quando aveva visto l'angelo ancora da lontano, ne era rimasto molto spaventato e che l'angelo l'aveva colpito duramente, e gli aveva detto che il suo Ordine sarebbe durato fino alla fine del mondo, che nessun frate di cattiva volontà vi avrebbe perseverato a lungo, che nessuno che odiasse l'Ordine sarebbe vissuto per lungo tempo e che nessun religioso, che amasse il proprio Ordine, avrebbe avuto una fine cattiva. Poi san Francesco aveva comandato a frate Rufino di lavare e di ungere con olio la pietra su cui l'angelo si era posato; ed egli ubbidì. Queste cose che scrisse frate Garino da Sedenefeld gli erano state riferite personalmente da frate Leone.
CONVERSAZIONE XIV.
LA SUCCESSIONE DEI MINISTRI PROVINCIALI
2520    93. Il primo ministro provinciale d'Inghilterra fu, dunque, frate Agnello da Pisa, come è stato detto sopra, uomo dotato soprattutto di prudenza naturale, meraviglioso in ogni virtù, nella regolarità e nella onestà della vita. Al ritorno da una missione condotta in modo lodevole presso la curia romana a favore dei prelati inglesi, assieme a frate Pietro da Tewkesbury, allora guardiano di Londra, e ad alcuni frati predicatori, si ammalò di dissenteria ad Oxford, per il freddo, come si diceva, e per le fatiche che aveva sostenuto per riportare la  pace fra il Re e il governatore della marca del Galles, e per i suoi viaggi attraverso l'Inghilterra. Guarito dalla dissenteria mediante medicinali, fu poi colpito da una colite intestinale e da un dolore ad un fianco, così lancinante che riusciva a mala pena a trattenersi dall'urlare.
           Prima di morire, seguitò per tre giorni continui a implorare: « Vieni dolcissimo Gesù! ». Quand'ebbe ricevuti i sacramenti della Chiesa, gli fu domandato di proporre il suo successore, ed egli consigliò di inviare frate Ugo da Wellys da frate Elia e che i frati gli chiedessero di concedere loro come ministro frate Alberto da Pisa, oppure frate Aimone o frate Rodolfo da Reims. Per quello che era di sua spettanza, designò frate Pietro da Tewkesbury come suo vicario, e, dopo aver chiesto singolarmente ad ognuno dei frati le loro preghiere e aver raccomandato insieme a tutta la comunità la sua anima a Dio, spirò santamente. Al suo compagno frate Walter da Maddeley, parve di vedere un corpo steso dentro il coro, e questo corpo sembrava di uno appena deposto dalla croce, con le cinque ferite sanguinanti alla maniera di Gesù Cristo; si fece più vicino credendo che fosse lo stesso Gesù Cristo, e vide che era frate Agnello.
           Quando, dopo molti anni, i frati furono necessitati a rimuovere il suo corpo, cioè quando distrussero la cappella dove era sepolto nel coro, presso all'altare, trovarono sia la cassa di piombo in cui giaceva, sia la fossa medesima piena di un olio purissimo, e il corpo di lui incorrotto ed ancora rivestito dei suoi panni, ed emanava un odore soavissimo.
2521    94.      Aggiunta. E degno di nota il fatto che il venerabile uomo, il maestro Serlo, decano d'Exeter, rimproverò frate Agnello perché mangiava raramente fuori convento. Una volta accadde che un guardiano, nello stesso giorno in cui aveva predicato al popolo, si fermò dopo il pranzo a scherzare con un monaco davanti ad un secolare; avevano mangiato quel giorno con i frati; e quel secolare disse a voce bassa ad un frate, che era suo segretario, che questo modo di parlare non si addiceva ad un prelato e a un predicatore. Quello stesso guardiano disse a me che avrebbe preferito essere stato trafitto tra le costole da una lancia, piuttosto che aver dato un tale esempio. I frati avevano preoccupazione per il buon nome dell'Ordine e più di tutti frate Agnello, a tal punto che egli non fece eccezione neppure per il segretario del Re, anzi lo ritirò dalla corte e non gli permise di dare o di ricevere niente.
2522    95.      Aggiunta Frate Agnello era stato per lungo tempo ministro d'Inghilterra, sebbene fosse soltanto diacono, e non volle essere promosso al sacerdozio prima che il capitolo provinciale non ebbe domandato al Capitolo generale che ciò gli fosse comandato. Ed era così devoto nell'ufficio divino che non solo alla Messa ma anche nel  coro e quando era in cammino sembrava piangere continuamente, ma in modo tale che non veniva notato né per qualche rumore, né per qualche gemito o per qualche alterazione del volto. Inoltre diceva sempre il suo ufficio stando in piedi, e rimproverò aspramente un frate che dopo un salasso diceva le sue grandi Ore restando seduto. Quando poi sentì che la morte era vicina, disse a frate Pietro da Tewkesbury: « Tu conosci tutta la mia vita ». E poiché frate Pietro rispose che non aveva mai fatto a lui una confessione generale, egli batté la testa e cominciò a piangere forte e subito fece una confessione della sua intera vita con ammirevole contrizione. Poi, chiamati i frati, perdonò loro tutte le mancanze e quando ebbero cominciato, per sua volontà, le preghiere per lui morente, con la sua stessa mano si chiuse gli occhi ed incrociò le braccia sul petto.
2523    96. Quando dunque frate Elia apprese la notizia della morte di frate Agnello, spezzò immediatamente il sigillo della provincia, sul quale era raffigurato un agnello con la Croce; e accolse con sdegno il fatto che i frati d'Inghilterra gli avessero chiesto di nominare ministro qualcuno di quelli che loro avevano designato; perciò indugiò per quasi un anno prima di nominare il nuovo ministro d'Inghilterra. Finalmente, dopo aver richiamato un frate che aveva di già inviato, comandò a frate Alberto da Pisa, che era stato ministro di Ungheria, di Germania, di Bologna, delle Marche di Ancona e di Treviso e di Toscana, di partire per l'Inghilterra e di assumere l'ufficio di ministro dei frati. Egli giunse in Inghilterra nel giorno di santa Lucia e nel giorno della Purificazione celebrò il capitolo provinciale ad Oxford e predicò su questo tema: « Considerate la rupe da cui foste tagliati, la cava profonda da cui foste tratti ». Agendo in tutte le circostanze nei riguardi dei frati secondo il suo giudizio, ebbe modo di sperimentare in tante forme l'umiltà, la dolcezza, la semplicità, lo zelo, la carità e la pazienza dei frati d'Inghilterra; e sebbene avesse detto pubblicamente ai frati che lo avrebbero trovato sempre, fino alla fine, come si era mostrato a loro nel capitolo, tuttavia da allora, mescolando con sapienza sempre crescente il sale evangelico in ogni sacrificio, cambiò completamente. E infatti, più tardi tanto crebbe la sua stima per i frati d'Inghilterra che si donò a loro con tutto l'affetto del suo cuore e li legò a sé con un vincolo ineffabile. In verità li trovò conformi alla sua volontà in ogni proposito di perfezione e disposti a subire il carcere e l'esilio con lui, per la riforma dell'Ordine.
2524     97. Frate Alberto stabilì che nelle case degli ospiti si doveva sempre osservare il silenzio a tavola, a meno che fossero presenti i frati predicatori o frati di altre province. Volle ancora che i frati portassero le loro vecchie tuniche su quelle nuove, per umiltà e perché le nuove durassero più a lungo. Fece distruggere il chiostro di Southampton che era di pietra, sebbene con grande difficoltà a motivo dell'opposizione degli abitanti della città; e restituì, con grande trasporto il documento o accordo stipulato tra i frati e i monaci di Reading, secondo il quale questi non potevano cacciarli via a loro capriccio, e si offrì di rimuovere lui stesso i frati dal convento, se essi lo volevano. [Quanto invece alla cappella del convento, dal momento che non poteva renderla più spoglia perché l'aveva costruita il Re, desiderò che fosse demolita dal cielo]. Solo con grande difficoltà riuscì a collocare i frati a Chester e a Winchester.
2525    98. Frate Alberto ricevette da papa Gregorio IX una bolla, nella quale si stabiliva che i frati predicatori non potevano impedire a nessuno di entrare in quell'Ordine religioso che scegliesse spontaneamente, e che non potevano ammettere i loro novizi alla professione se non avevano completato un anno di prova. Infatti essi avevano l'abitudine di ammettere alla professione, se lo volevano, il giorno stesso del loro ingresso nell'Ordine, come fece frate Roberto Bacone di buona memoria. Ma i frati predicatori, molto turbati, ricorsero al papa Innocenzo IV chiedendo che nessun frate minore potesse accettare all'Ordine quelli che si erano già impegnati presso di loro e che colui che lo avesse fatto, fosse nell'atto stesso scomunicato; e promettevano che sarebbe stato lo stesso nei nostri riguardi. Ma essi legarono le persone con tanti modi, e divulgarono talmente questo loro privilegio, che a fatica concedevano a qualcuno il passaggio ad altro Ordine ( frati minori) . Ma questa tribulazione non durò lungo tempo. Infatti frate Guglielmo da Nottingham, di buona memoria, e frate Pietro da Tewkesbury mostrarono al Papa ciò che il suo predecessore aveva deciso; ed egli, dichiarando che era stato ingannato, revocò il decreto, sebbene soltanto dopo un dannoso ritardo.
2526     99. Frate Alberto disse una volta che noi dobbiamo amare moltissimo i frati predicatori perché erano stati in molte cose di grande aiuto al nostro Ordine, e occasionalmente ci avevano insegnato come guardarci dai pericoli futuri.
2527    100.   Frate Alberto diceva che tre cose soprattutto avevano dato splendore all'Ordine: « la nudità dei piedi, la viltà dei vestiti e il disprezzo per il denaro».
2528    101.   Frate Walter da Reygate diceva che era stato rivelato ad un frate della provincia di San Francesco che i demoni tengono ogni anno un loro concilio contro l'Ordine e che essi avevano trovato tre vie per danneggiarlo; la familiarità con le donne, l'ammissione di persone inutili e il maneggio di denaro.
2529    102.   Il ministro provinciale, frate Alberto, era solito dire al suo compagno, frate Ognibene, quando si recavano da qualche amico spirituale: « Mangia, mangia, ora lo possiamo fare senza danni ». Ma si guardava bene dal frequentare i secolari.
2530    103.   In quei giorni accadde che due frati molto conosciuti capitassero nella casa di un proprietario di terre, che li ricevette con onore e li servì con grande abbondanza di cibi. Mentre se ne stavano a tavola, li raggiunse il rettore della chiesa che li rimproverò perché non erano andati da lui; e insistendo nell'esortarli a mangiare le vivande di carne, senza però riuscire a scalfire la loro sobrietà, adirato disse: « Mangiate, mangiate; infatti il freddo uccide i vostri corpi come la gola le nostre anime »; ed alzatosi se ne andò.
2531    104. Nella celebrazione dell'ufficio divino, frate Alberto si mostrò sempre devotissimo ed evitava le distrazioni della mente chiudendo gli occhi. Nella compagnia dei frati si guadagnò il loro affetto con la sua ilarità e amabilità.
2532   Un giorno nel quale tutti in convento si erano sottoposti ad un salasso, frate Alberto propose ai suoi compagni la seguente parabola, principalmente ad utilità di un certo novizio, che era presente e che si reputava troppo saggio ed osava intromettersi nelle cose che non lo riguardavano. « Un contadino », disse, « avendo udito che in Paradiso c'è una grandissima quiete e tante delizie, partì alla ricerca di esso per vedere se per caso gli riusciva d'entrarci. Quando finalmente giunse alla porta, trovò san Pietro e gli chiese di poter entrare. San Pietro gli domandò se poteva osservare le leggi che regnano in Paradiso, ed egli rispose di sì, purché gli dicesse quali erano. Il Santo rispose che ce n'era una sola, ed era di osservare il silenzio. L'accettò e promise ben volentieri, e fu introdotto. Passeggiando per il Paradiso egli vide uno che arava con due buoi, uno magro e l'altro ben pasciuto, e a questo permetteva di avanzare come voleva, mentre pungolava continuamente il primo. Il contadino intervenne e cominciò a rimproverarlo. Immediatamente intervenne san Pietro e lo voleva cacciar fuori, ma lo perdonò per quella volta, avvertendolo di stare più attento. Andando un po' più avanti, vide un altro uomo che portava una lunga trave e che voleva entrare in una casa tenendo il legno trasversalmente alla porta; accorrendo, gli insegnò di volgere una delle estremità della trave verso l'ingresso. Subito intervenne san Pietro e voleva espellerlo per tutte le più sante ragioni del mondo; tuttavia lo perdonò anche quella volta. Continuando per la terza volta il cammino, osservò un boscaiolo che stava abbattendo degli alberi in un bosco, e lasciava gli alberi vecchi e storti e tagliava quelli che erano diritti, verdi e molto belli. Avvicinandolo, il contadino lo rimproverò. Ed ecco, subito intervenne san Pietro e questa volta lo cacciò fuori ». Frate Alberto poi voleva che i sudditi avessero riverenza verso i !oro superiori, perché bisogna vigilare, diceva che « la familiarità non generi il disprezzo ».
2533  105.      Frate Adamo Marsh raccontava di un ragazzo estremamente delicato, che, colpito da una malattia e insistendo suo padre perché mangiasse e lo facesse per amor suo, poiché era suo figlio  prediletto, rispose che non era suo figlio. Nello stesso modo rispose alla madre che gli aveva fatto la stessa richiesta. E quando il padre gli chiese un'altra volta di chi pensava di essere figlio se non era suo, egli replicò con sdegno ed insolenza: « Io sono figlio di me stesso ». Sono così anche quelli che sono schiavi delle loro passioni e dei loro capricci.
2534    106.     Aggiunta. Durante la conversazione di cui sopra, frate Alberto narrò una parabola contro la presunzione dei giovani, dicendo: C'era un toro che ogni giorno se ne andava per i prati e per i campi come più gli piaceva, ma una volta, verso l'Ora di Prima o di Terza si avvicinò ad un aratro e vide vecchi buoi che avanzavano lentamente e avevano arato ben poco, allora li rimproverò dicendo che lui poteva fare lo stesso lavoro in un secondo; i buoi gli domandarono di aiutarli. Messo sotto il giogo, cominciò ad arare con grande impeto fino alla metà del solco e qui, stanco, cominciò a respirare con affanno; e guardandosi intorno, disse: « Come, non ho ancora finito? ». I vecchi buoi risposero di no, burlandosi di lui. Il toro replicò che non ne poteva più. Allora i buoi dissero che andavano più lentamente perché dovevano lavorare di continuo e non per breve tempo.
2535    107. [Frate Alberto era presente ad un capitolo ad Oxford dove predicò un giovane frate; e poiché questi condannava con audacia il lusso dei conventi e l'abbondanza dei cibi, frate Alberto lo accusò di essere un vanitoso].
2536    108. Egli costrinse frate Eustachio da Merc a mangiare pesce contrariamente alle usanze, dicendo che l'Ordine aveva perduto molte buone persone per la mancanza di discrezione. E ricordava che quando soggiornava in un ospizio con san Francesco, il Santo lo aveva obbligato a raddoppiare ciascun giorno la quantità di cibo che era solito prendere. Frate Alberto era anche così generoso, che una volta rimproverò severamente un guardiano ed anche l'economo perché non avevano provveduto ai frati con più abbondanza dopo le fatiche di una grande solennità. Era un uomo così comprensivo e compassionevole, che diede ad un frate debole di salute l'obbedienza di andare nel suo paese natale e di viaggiare da un convento all'altro dell'intera custodia, se lo desiderava, e avrebbe pagato le spese se il mantenerlo fosse riuscito di peso per i frati. Dopo aver retto la provincia di Inghilterra onorevolmente per due anni e mezzo, partì assieme ai parecchi delegati per il Capitolo convocato contro frate Elia. E dopo essere stato ministro generale, morì santamente a Roma tra i suoi confratelli inglesi.
2537    109. A lui successe frate Aimone, uomo di grande benevolenza e dolcezza, si preoccupò di far regnare la pace e la carità tra i frati. Egli rivestì con l'abito dell'Ordine il vescovo di Hereford, Rodolfo da Maidstone, in seguito ad una visione, che egli aveva avuto proprio a riguardo di frate Aimone, mentre era arcidiacono di Chester. E questa è la visione: mentre era seduto in un sinodo, e disponeva il clero, gli si avvicinò un ragazzo e gli gettò sul viso dell'acqua, e subito fu tramutato in un fanciullo degno di compassione si avvicinò allora al letto in cui stava sdraiato frate Aimone e gli domandò che gli concedesse di stendersi accanto a lui, e così fece. E secondo questa visione ebbe una buona fine nell'Ordine. Frate Aimone amministrò la provincia d'Inghilterra  per un anno, poi fu eletto ministro generale.
2538    110.    Al tempo in cui frate Aimone era ministro provinciale di Inghilterra, [disse che quando i frati ottennero di far consacrare altari e cimiteri nell'area dei loro conventi, una specie di agitazione aveva percorso tutto l'Ordine, perché questi luoghi non potevano più essere adibiti ad usi profani]. Era così zelante della povertà che durante un capitolo provinciale sedette con gli ultimi frati sul pavimento del refettorio, vestito con abito poverissimo e strappato.
2539    111. Gli succedette il suo vicario, frate Guglielmo da Nottingham, eletto all'unanimità e confermato da coloro cui era stata demandata l'elezione. Frate Guglielmo, benché non avesse l'esperienza delle cariche inferiori, cioè di guardiano e di custode, amministrò con tanto coraggio e impegno, che il suo zelo e la sua onestà furono noti in tutte le province.
2540    112.    Frate Guglielmo aveva l'abitudine di raccontare che santo Stefano, fondatore dell'Ordine di Grandmont, aveva deposto una cassetta in un luogo segreto e sicuro, ed aveva proibito a tutti di avvicinarvisi finché egli fosse in vita. I frati erano curiosi di sapere cosa ci fosse nella cassetta, ma il Santo volle che tutti avessero, come lui, il più grande rispetto per quella. Dopo la sua morte, non poterono più attendere; l'aprirono e non vi trovarono che un biglietto su cui era scritto: « Frate Stefano, fondatore dell'Ordine di Grandmont, saluta i suoi frati e li supplica di guardarsi dai secolari; perché, come voi, finché non sapevate cosa c'era nella cassetta l'avete tenuta in grande rispetto, così agiranno i secolari verso di voi ».
CONVERSAZIONE XV.
PROGRESSI SPIRITUALI DI ALCUNI FRATI
2541     113. Infine penso che sia doveroso ricordare che, mentre erano ancora in vita molti dei frati che avevano piantato la vigna dei minori in Inghilterra, i rami di essa si erano così estesi nella provincia e nell'Ordine, che i suoi frati furono rivestiti di diverse dignità ed uffici tanto nell'Ordine quanto fuori, e principalmente quelli che si erano più umiliati. Così frate Nicola, che era laico, ed aveva studiato lettere in Inghilterra, divenne più tardi confessore del papa Innocenzo IV, e poi vescovo di Assisi.
2542   C'è stato anche un ragazzo che, giovanissimo era stato ammesso nell'Ordine come frate laico; a lui più tardi apparve la gloriosa Vergine ponendogli un dito sulla bocca per fargli capire che sarebbe divenuto predicatore e lettore. Questi non soltanto fu predicatore ed eminente lettore, ma fu anche promosso alle più alte cariche dell'Ordine.
           Ma è difficile narrare quali progressi fecero singolarmente quei frati che, spinti da grande fervore, erano entrati nell'Ordine subito dopo l'arrivo dei frati. Sebbene alcuni fossero già bravi baccellieri ed uomini illustri, portavano il « cappuccio di probazione » (cioè il capperone). Più tardi parecchi di loro si distinsero per la serietà e lode con cui esercitarono l'ufficio della predicazione o dell'insegnamento o del governo dell'Ordine.
2543    114. Frate Eustachio da Merc, che fu per lungo tempo guardiano di Oxford e più tardi custode di York, osservò continuamente fino alla morte l'astinenza, le veglie e la mortificazione della carne; ma verso gli altri ebbe sempre un atteggiamento di dolcezza affettuosa e angelica. Sul punto di morire ripeteva spesso dal fondo del cuore queste parole alla Madre della misericordia: « Per il tuo Figlio, per  il Padre e lo Spirito Santo, io ti prego, o Vergine, di assistermi nella mia morte e nell'ultimo mio viaggio ».
2544   Frate Roberto da Thornham, dapprima guardiano di Lynn e poi per molti anni custode di Cambridge, stimolato da un fervore meraviglioso, chiese l'obbedienza per partire con i crociati per la Terra Santa; dopo essersi acquistato una fama incomparabile, sia tra i secolari che tra i frati, nell'espletamento di uffici gravosi, ci mostrò nella sua morte segni così evidenti di salvezza, che nessuno dovrebbe dubitarne.
2545   Frate Stefano da Belassise, prima guardiano di Lynn, poi custode di Hereford, fu un uomo di tale dolcezza e di tanta perfezione che mostrava perfino con le lacrime lo zelo del suo cuore quando vedeva rilassarsi l'austerità dell'Ordine. Per il suo vivo desiderio di quiete, ottenne d'essere sciolto da tutte le cariche ed ebbe per suo frutto la santificazione e per suo fine la vita eterna.
2546   Frate Guglielmo Cook, uomo di forza eccezionale, esaurì quasi ogni suo vigore nelle fatiche iniziali nella custodia di Londra e in altri lavori; passò quindi dalla vita attiva alla vita contemplativa e, ricco di buone opere, morì in pace.
2547    115. Frate Agostino, fratello di sangue di frate Guglielmo da Nottingham di buona memoria, fu da principio familiare di papa Innocenzo IV, poi partì per la Siria assieme al Patriarca d'Antiochia, nipote del Papa, e più tardi divenne vescovo di Laodicea. Questi raccontò, davanti a tutti, nel convento di Londra, che era stato ad Assisi per la festa di san Francesco a cui partecipava anche papa Gregorio, e quando il Papa avanzò per predicare, i frati cantarono l'antifona: « Hunc sanctus praeelegerat in patrem », ed il Papa sorrise. In quel sermone il Papa aveva raccontato come era avvenuta la conversione di due eretici a Venezia, mandati a lui con lettere dei cardinali che erano là come legati. In queste lettere si diceva che ambedue questi eretici avevano visto una notte, alla stessa ora, nostro Signore Gesù Cristo in atteggiamento di giudice, seduto con i suoi apostoli e i rappresentanti di tutti gli Ordini del mondo, ma non avevano visto nessun frate minore e neppure san Francesco, che uno dei Legati aveva proclamato in una predica più grande di san Giovanni l'Evangelista a causa delle stimmate. Avevano visto poi il Signore Gesù chinarsi sul petto di Giovanni e questi a sua volta su quello di Gesù. Ma mentre essi ne prendevano motivo di conferma alla loro opinione -- che il legato avesse bestemmiato, e perciò si erano gravemente scandalizzati e avevano screditato il suo sermone--, ecco che il dolce Gesù aprì con le sue stesse mani la ferita del costato e vi apparve perfettamente visibile san Francesco, all'interno del petto di nostro Signore; poi il dolce Gesù chiuse la sua ferita e vi rinchiuse san Francesco. Come dunque gli eretici si svegliarono, incontrandosi il giorno seguente, si raccontarono scambievolmente la visione, poi si confessarono in pubblico davanti ai cardinali e, come è stato detto, furono mandati dal Papa e da lui riconciliati pienamente.
2548    116.    O  come profondamente obbligati, o come dolcemente sopraffatti dai doni divini, o come immensamente onorati furono coloro che poterono trovare consiglio nei loro dubbi, conforto nelle loro tristezze, esempio e sprone nelle cose più gravi da tali persone, che avevano le primizie dello Spirito Santo!  O grazia ineffabile! O privilegio incomparabile! O amore soavissimo di una dolcezza inesauribile, poter gioire della familiarità di tali uomini, essere allietati durante il pellegrinaggio terrestre dallo speciale affetto da tali eminenti persone, essere custoditi dal favore di uomini così rinomati!
2549    117. Dopo quel sermone si recarono a far visita al Papa i nuovi cavalieri, ed egli pose su ciascuno di loro una ghirlanda di fiori. Da questo avvenimento ebbe origine il costume che tutti quelli che devono essere fatti cavalieri ricevano le armi in questa festa. In questa occasione il Papa celebrò la Messa fuori della chiesa su una tavola, all'aperto, perché non poteva farlo dentro la chiesa a causa della stragrande folla.
2550    118. Frate Pietro da Tewkesbury, ministro della Germania, difese, con l'aiuto della grazia di Dio, la causa dell'Ordine contro il Re, il legato e parecchi frati falsi, e lo fece con tanta maestria che la fama del suo atto si diffuse in molte province e il suo zelo per la verità si dimostrò invincibile.
2551   Frate Pietro si meritò l'affetto speciale del vescovo di Lincoln ed ebbe da lui spesso, in segreto, parecchi consigli di saggezza. Gli disse, infatti, un giorno, che se i frati non coltivassero gli studi e non si occupassero di studiare con ardore la legge divina, accadrebbe sicuramente anche a noi ciò che succede ad altri Ordini religiosi, che noi vediamo, o disgrazia! camminare nelle tenebre dell'ignoranza.
2552   Disse ancora il vescovo di Lincoln a frate Giovanni da Dya di inviargli dal suo paese sei o sette chierici idonei che egli potesse investire di benefici nella sua diocesi, anche se non conoscevano la lingua inglese, poiché essi avrebbero predicato con il loro esempio. E questo comprova che il vescovo non rifiutò i chierici che il Papa aveva nominato e i nipoti dei cardinali perché non sapevano la lingua inglese, ma perché essi si interessavano solo delle cose temporali. E perciò, quando un avvocato disse nella curia: « I canoni ordinano questo », egli rispose: « Ma no, sono i cani che ordinano questo ». Ma poi si alzò e in ginocchio dichiarò la sua colpa in inglese, davanti ai giovani che gli erano stati presentati dal cardinale e si batté il petto piangendo e lamentandosi. Turbati i giovani si ritirarono.
2553   Un'altra volta, al tempo della sua visita alla curia, un cameriere del Papa domandò al vescovo 1000 libre e voleva che egli le prendesse in prestito dai mercanti; il vescovo rispose che non voleva donare loro un'occasione di peccare gravemente, ma che se fosse ritornato sano e salvo in Inghilterra avrebbe depositato il denaro nel tempio di Londra, altrimenti il cameriere non avrebbe avuto mai un soldo.
2554   Un'altra volta disse a un frate predicatore: « Tre cose sono necessarie alla salute del corpo: il cibo, il sonno e il buon umore ». Una volta comandò ad un frate malinconico di bere una coppa piena del miglior vino, come penitenza, e quando quegli ebbe, sebbene a malincuore, bevuto, gli disse: « Carissimo fratello, se tu facessi più spesso questa penitenza avresti anche una coscienza migliore ».
2555    119. Frate Pietro narrò inoltre che, quando alcuni chierici dell'arcivescovo sant'Edmondo domandarono un favore per uno dei suoi parenti che era vetturale, questo santo vescovo rispose: a Se la sua carrozza è rotta, io la farò riparare in omaggio alle vostre preghiere; se poi quella non è riparabile, io ne comprerò un'altra; ma tenete per certo che io non cambierò mai il suo stato ». Lo stesso santo vescovo disse inoltre, quando gli si offrirono dei gioielli preziosi e si insisteva perché li accettasse: « Se prendo, penda (da una corda ! ) . Fra le parole "prendere" e "pendere" non c'è che una sola lettera di differenza ».
2556   Ancora lo stesso padre frate Pietro raccontò che il vescovo di Lincoln, quando prese possesso della sua diocesi non aveva cavalli. Il suo siniscalco venne a trovarlo mentre stava seduto in mezzo ai suoi libri, e gli annunciò che due monaci bianchi erano venuti a presentargli due bellissimi palafreni e insistette perché li accettasse, incalzando che i monaci erano esenti. Ma il vescovo rifiutò categoricamente né si mosse dal suo posto, e disse: « Se io accettassi essi mi tirerebbero con le loro corde nell'inferno ».
2557    120.    Roberto Grossatesta, vescovo di Lincoln, si offese così gravemente una volta, perché il ministro provinciale non aveva permesso ad un frate di dimorare a casa sua come altre volte aveva fatto, che non volle più parlare a nessun frate, neppure al suo confessore. Allora frate Pietro gli disse che se avesse donato tutti i suoi beni ai frati, essi non ne avrebbero fatto alcun conto se egli non dava loro l'affetto del suo cuore. Il vescovo si mise a piangere e disse: «In verità voi state peccando perché mi date troppa pena, perché io non posso non amarvi, sebbene io dimostri un tale volto ». E invero, sebbene i frati mangiassero alla sua tavola, vicino a lui, egli non volle parlare con loro.
                                   Il vescovo disse a frate Pietro che i conventi situati sull'acqua non sono sani, se non sono collocati ben in alto. Disse anche che gli piaceva moltissimo vedere le maniche rattoppate dei frati. Aggiunse ancora che è meglio il pepe puro che lo zenzero nella salsa. Disse anche che gioiva quando vedeva che i suoi scolari prestavano poca attenzione alle sue lezioni, quando le aveva preparate con la più grande diligenza, perché, allora gli era sottratta un'occasione di vanagloria e non perdeva quindi nulla del suo merito.
2558    121. Frate Mansueto, nunzio del papa Alessandro IV in Inghilterra, raccontò al medesimo padre nello stesso luogo che nel giorno in cui era stata letta in concistoro la lettera in 8 punti che Innocenzo IV aveva pubblicato contro i frati predicatori e i frati minori, perdette la parola ed in seguito non riusciva a dire che la frase: « Propter iniquitatem corripuisti hominem », è a motivo del suo peccato che tu castighi l'uomo. Egli invocava spessissimo san Francesco; e quando era ancora in buona salute, soleva dire che nessun santo l'aveva mai aiutato come san Francesco.
2559   Papa Alessandro IV aveva predetto, quando era ancora vescovo di Ostia, che sicuramente il Signore avrebbe presto tolto di mezzo il Papa, a motivo del favore che aveva accordato in pregiudizio dell'Ordine. Ma quando egli morì, tutti i suoi familiari l'abbandonarono, ma non i frati minori. E la stessa cosa era accaduta alla morte dei suoi predecessori, Gregorio, Onorio e Innocenzo, anzi alla morte di quest'ultimo era presente lo stesso san Francesco. Frate Mansueto aggiunse che nessun mendicante, nessun uomo addirittura, muore più miseramente e più vilmente di un Papa
2560               Lo stesso frate Mansueto riferì che il giorno stesso della sua elezione, papa Alessandro IV sospese la lettera che Innocenzo IV aveva redatto contro i frati predicatori e minori e che poi il primo atto del suo pontificato fu di revocarla. Innocenzo aveva infatti decretato che sarebbero stati scomunicati tutti i frati che avessero accolto il parrocchiano di qualcuno in un giorno di festa ad ascoltare la Messa, ed altre cose simili.
2561    122. Raccontò ancora frate Mansueto che un frate, mentre stava in preghiera nell'orto in una località della Sicilia, aveva visto un poderoso esercito di cinquemila cavalieri entrare nel mare, e il mare crepitò come se essi fossero stati tutti di bronzo liquefatto e ardente; e uno di essi gli disse di essere l'imperatore Federico che se ne andava al monte Etna. Infatti Federico morì in quell'epoca.
2562    123. Ancora raccontava che quando era fanciullo di circa 10 anni, i frati minori gli avevano insegnato ad avere grandissima reverenza per l'Eucaristia, ed egli, per poter essere degno di comunicarsi il giorno di Pasqua, sebbene ancora fanciullo, aveva digiunato per quasi tutta la quaresima. Ed ecco, proprio nel giorno di Pasqua, mentre tutto il popolo stava comunicandosi, un uomo scelleratissimo e di pessima reputazione, chiamato Genzio, si  accostò anch'egli a ricevere la Comunione, e ricevutala senza il dovuto rispetto, subito tornò al suo posto, si sedette su un banco e cominciò a chiacchierare con i vicini, comportandosi né più né meno che se avesse mangiato un pezzo di pane. Allora lui aveva veduto uscire dalla sua bocca la sacra Ostia e cadere a terra a grande distanza. Subito corse dal sacerdote, che era un sant'uomo, e gli riferì ciò che aveva visto. Il prete gli ordinò di andare a cercare l'Ostia là dove l'aveva vista cadere; ed egli era andato e l'aveva trovata nel medesimo posto, benché fosse un punto ove passavano e ripassavano quelli che andavano a comunicarsi. E lo stesso fanciullo si comunicò devotamente con quell'Ostia e con tutte quelle consacrate che erano rimaste sull'altare, e la sua fede si rafforzò oltre ogni dire.
2563     124. Frate Pietro, ministro d'Inghilterra, che era molto familiare nella casa di Goffredo le Despenser, raccontò che un giorno si era recato in quella casa e, come sempre, gli si era fatto incontro il figlio del signore, un bambino di nome Giovanni, con grande affetto. Recatosi poi con sua madre nella cappella, anch'egli aveva assistito alla Messa celebrata da frate Pietro. Ritornati a casa, il fanciullo cominciò a sfuggire il frate, e neppure la madre riusciva a convincerlo a tornare da lui. Quando gliene domandò la ragione, il fanciullo rispose che aveva visto frate Pietro divorare un bambino sull'altare della cappella e perciò temeva che facesse la stessa cosa con lui.
2564    125. Frate Garino da Erwelle entrò nell'Ordine ancora giovane e fece tali progressi, che insegnò in parecchi conventi, con viva ammirazione da parte di molti, si comportò con prudenza nei suoi rapporti con i grandi e trattò gli affari dell'Ordine in maniera degna di ogni elogio, crescendo ogni giorno nel ministero della predicazione come anche e meravigliosamente nella contemplazione. Morì a Southampton, davanti all'altare all'ora di Nona, abbracciando e baciando il Crocifisso. Accadde poi che un frate di nome Giovanni, morto da molto tempo, apparisse a Salisbury a frate Simone di Wimbourne e gli rivelasse che lui stava bene e che frate Garino era rimasto poco tempo in Purgatorio ed era salito verso il Signore Gesù.
2565     126. La provincia d'Inghilterra si era elevata a tale altezza di perfezione, che frate Giovanni da Parma, ministro generale, mentre era in Inghilterra, ripeteva spesso: « Come vorrei che questa provincia fosse posta al centro del mondo per servire d'esempio a tutti!». Questo medesimo ministro generale celebrò il capitolo provinciale d'Inghilterra a Oxford, e in esso confermò le costituzioni provinciali riguardo alla sobrietà e alla povertà degli  edifici. Avendo egli lasciato ai frati la libertà di scelta fra confermare o rimuovere il ministro provinciale, essi ne chiesero all'unanimità la conferma.
2566    127. Questo frate Guglielmo raccontò che quando il vescovo di Lincoln, di santa memoria, insegnava ai frati minori a Oxford, un giorno predicò nel capitolo conventuale sulla povertà, dichiarando che sulla scala della povertà il gradino più vicino al cielo era quello della mendicità; ma poi aggiunse confidenzialmente a frate Guglielmo che c'era un gradino ancora più alto: quello di vivere del proprio lavoro. E perciò affermava che le Beghine sono un Ordine santissimo e assolutamente perfetto, perché vivono del loro lavoro e non sono un peso per la società perché non vanno alla questua.
2567    128. Il medesimo padre disse anche che un novizio, volendo osservare l'astinenza, confidò al suo maestro che si era proposto di misurare a poco a poco a che punto poteva arrivare. Il maestro gli dette il suo consenso con gioia. Quello incominciò e per molti giorni, interrogato da lui come andava, aveva risposto che tutto andava bene, ma un giorno gli confessò che l'aveva preso la paura di indebolirsi troppo. Allora il maestro gli disse: « Mangia e bevi subito, per amore di Dio, o certo verrai meno, perché è la fede che ora ti manca. Allo stesso modo, quando san Pietro cominciò ad avere paura, si sprofondò nell'acqua ».
2568    129. Diceva ancora frate Guglielmo che è necessario considerare attentamente il pensiero di san Francesco e l'intenzione che ebbe nel redigere la Regola, altrimenti le superfluità cresceranno dentro l'Ordine come crescono insensibilmente i peli della barba. ~ importante poi resistere contro le tentazioni del mondo molto più energicamente di quanto sembrerebbe necessario, altrimenti esso ci potrebbe trascinare più in basso di quanto vorremmo, come fa l'onda del fiume con coloro che vogliono attraversare e andare direttamente alla sponda opposta.
           Dichiarò ancora che un uomo non può sapere se sia bene o male cambiare di luogo finché non l'abbia sperimentato, come non avverte di avere dei capelli in testa finché qualcuno non glieli tira.
2569   Questo frate Guglielmo si applicava allo studio della Scrittura e si adoprava con ogni industria per innamorarne gli studenti. Anche quando era a tavola fuori del refettorio, voleva sempre avere il libro da leggere, e venerava di un amore tutto particolare il nome di Gesù e ripeteva con grande devozione le parole del santo Vangelo. Compilò anche un'opera utilissima sulla Unum ex quatuor di Clemente, e si occupò di far trascrivere interamente per il suo Ordine l'Expositio composta dallo stesso autore. Egli si intratteneva a lungo in meditazione, specialmente dopo il mattutino, e non volle più ascoltare le confessioni e le confidenze dei fratelli durante la notte, come avevano fatto i suoi predecessori. Dichiarò anche che, come è cosa peggiore dare cattivi consigli sul modo di compiere una  cosa che compierla male, così sono peggiori i giudizi maligni sui fatti dell'Ordine, che l'operare dei frati con qualche imperfezione.
2570   Difficilmente credeva alle accuse, a meno che l'accusatore fosse disposto a ripeterle davanti a parecchie persone; e si preoccupava soprattutto di evitare i sospetti. Fuggiva poi con il più grande zelo la familiarità dei grandi e delle donne, e con una grandezza veramente ammirevole non si curava della collera dei potenti, quando era questione di giustizia. Dichiarò una volta che i grandi incatenano i loro amici con i loro consigli, e che le donne, poiché sono bugiarde e piene di malizia, tentano di far perdere la testa anche alle persone devote. Si preoccupava concretamente di restituire la fama alle persone che l'avevano perduta, se le vedeva veramente pentite, e con grande delicatezza si adoprava a confortare gli amitti, specialmente coloro che occupavano posti di responsabilità dell'Ordine.
2571    130. Perciò, dopo che ebbe retto la provincia d'Inghilterra per quasi quattordici anni, fu assolto dall'incarico nel Capitolo generale di Metz e inviato dal Papa come delegato dello stesso Capitolo. Ma quando, giunto a Genova assieme al ministro generale, il suo compagno, frate Riccardo, fu colpito dalla peste, che vi era scoppiata, mentre gli altri se ne allontanavano frettolosamente, egli rimase ad assisterlo, e preso il contagio, anch'egli morì. Ma i frati d'Inghilterra, avendo sentito che era stato prosciolto dall’incarico, ma non sapendo della sua morte, convocato il capitolo provinciale, lo rielessero. Quando il ministro generale apprese la notizia di quello che i frati avevano fatto più per affetto che per un motivo seriamente considerato, fece convocare di nuovo il capitolo per mezzo del vicario, frate Gregorio da Bosellis, e ammonì che mai più si eleggesse un frate sciolto dall'incarico dal Capitolo generale. Demandò la conferma dell'eletto ai frati Giovanni da Kethene Adamo Marsh e Giovanni da Stamford. E fu eletto e confermato frate Pietro da Tewkesbury.
2572    131.   Quando frate Elia fu dimesso da ministro generale, si domandò a papa Gregorio se si poteva rieleggerlo, e il Papa rispose negativamente.
2573    132.    Protestando una volta alcuni frati che non si dovevano contrarre debiti di sorta, mi confidò frate Guglielmo il suo pensiero: e cioè che i frati non dovevano obbligarsi in nessun modo a saldarlo né a fissare un tempo preciso per il saldo, ma piuttosto e lecitamente dovevano assicurare il proprio impegno e la propria fedeltà perché il debito potesse essere saldato.
           Diceva anche che i frati potevano legalmente contrarre debiti in un centinaio di casi e che il frate non commetteva peccato se distribuiva il denaro dato da altri in elemosina.
                       Frate Guglielmo disse che durante un suo lungo soggiorno nel convento di Roma, non avendo i frati altra pietanza che delle castagne, era divenuto così grasso che ne aveva molta vergogna.
2574              Mi disse anche che quando era ancora nella casa paterna, vennero dei bambini poveri a chiedere l'elemosina; egli diede loro il suo pane ed essi gli donarono un pezzo del loro, e gli era sembrato che quel pane duro, mendicato per l'amore di Dio, fosse più gustoso del pane tenero che lui e i suoi familiari mangiavano. E così i bambini per rendere il loro pane più gustoso si domandavano l'uno all’altro del pane per amore di Dio. Diceva inoltre frate Guglielmo che dopo la visita dei frati aveva bisogno di scherzare un poco per dimenticare quello che aveva sentito. Egli stesso mi confessò che il dolce Gesù avrebbe suscitato un nuovo Ordine per stimolare il nostro, ed io penso che questo si sia verificato con l'istituzione dell'Ordine della Penitenza di Gesù Cristo.
2575     133.   Al capitolo di Stamford aveva raccomandato ai frati specialmente i religiosi dell'Ordine di sant'Agostino. Tempo prima aveva accolto con molta familiarità i Carmelitani, che Riccardo da Gray aveva condotto in Inghilterra al ritorno del conte Riccardo dalla Siria.
                       [Il signor Roberto, vescovo di Lincoln, respinse i frati dell'Ordine dei Crociferi e nello stesso modo furono respinti, ma giustamente, i frati dell’Ordine della Croce]. I frati dell'Ordine della Trinità erano venuti molto tempo prima in Inghilterra; essi erano stati fondati su ispirazione divina sotto il papa Innocenzo III da un maestro in teologia, di nome Giovanni, a cui Gesù Cristo era apparso mentre celebrava la Messa davanti al vescovo di Parigi e al clero.
                       Frate Pietro accolse da principio i frati della Penitenza di Gesù Cristo e li raccomandò nel capitolo di Londra. Questi sorsero in Provenza al tempo del Concilio di Lione, ed erano stati fondati da un novizio dimesso dal nostro Ordine. Nel terzo anno del provincialato di frate Pietro, vennero in Inghilterra i frati dell'Ordine dei Martiri, fondati da un certo Martino, che, a Parigi, era stato il buffone dei nobili tedeschi.
2576    134.      [Un frate saggio diceva che sono due le cose che  i frati amano particolarmente, ma ce n'è una terza in cui si occupano di più: le due cose che amano sono la povertà senza penuria e la pazienza senza affronti; la terza che li occupa di più è la preghiera senza devozione].
2577    135.     Un certo Giovanni, uomo di grande valore nel mondo perché grande di statura e provvisto di beni, ma semplice per poca istruzione, indossato l’abito e fatta la professione nell'Ordine, esercitò fino alla vecchiaia l'ufficio di portinaio. Questi, poco prima di morire predisse con certezza l'ora del suo decesso, dicendo che egli doveva salire in una sola notte un monte molto alto; ma quando era arrivato a metà, arrampicandosi con le mani e i piedi, sfinito disperò di poter andare più avanti; ed ecco, molti fanciulli, saltellando di gioia e con il volto molto allegro, gli gridarono dalla cima: « Ehi, frate Giovanni, perché ti fermi? Sali! ». E subito alcuni lo presero per le braccia, altri per la corda e altri per le maniche, e lo trassero su allegramente fino in cima alla montagna. « Io credo, egli disse, che i piccoli e i poveri che io ho sfamato alla porta con i resti della mensa dei frati, mi aiuteranno a raggiungere il cielo »; e così dicendo, spirò nelle mani del Salvatore.
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