Vita seconda di Tommaso da Celano - parte1 - Ordine Francescano Secolare - fraternità di Monza

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L’ Ordine Francescano Secolare è costituito da cristiani che per una vocazione specifica, mediante una Professione Solenne, si impegnano a vivere il Vangelo alla maniera di San Francesco, nel proprio stato secolare, osservando una Regola specifica approvata dalla Chiesa.
Le Fonti Francescane
VITA SECONDA
DI SAN FRANCESCO D'ASSISI
       
 
di Tommaso da Celano
 
 
 
PROLOGO
 
 
                                                                                  
 
Nel nome del Signore nostro Gesù Cristo. Amen
 
 
Al ministro generale
 
dell'Ordine dei frati minori
 
 
578     1. La venerata assemblea dell'ultimo Capitolo generale e vostra Paternità reverendissima,  assistiti da Dio, hanno creduto bene di ordinare a noi, per quanto incapaci, di scrivere i fatti e persino le parole del glorioso nostro padre Francesco, a conforto dei presenti ed a memoria dei posteri. Noi l'abbiamo potuto conoscere meglio degli altri per lunga esperienza, frutto di assidua comunione di vita e di scambievole familiarità. Perciò ci siamo affrettati ad obbedire con umile devozione, perché non possiamo in alcun modo trasgredire questi ordini santi.
 
 
579 Ma, ad un esame più attento delle nostre deboli forze, abbiamo giusto timore che una materia di tanta importanza, se non viene esposta come merita, per colpa nostra, possa dispiacere agli altri. Temiamo infatti che questo cibo gustosissimo diventi insipido per l'incapacità di chi lo prepara, e che il nostro tentativo possa essere imputato più a presunzione che ad obbedienza.
 
           Se fosse soltanto la vostra benevolenza, o beato padre, a giudicare il frutto di un così notevole impegno, e non fosse destinato al pubblico, accoglieremmo con animo gratissimo ogni suggerimento di rettifica oppure la gioia dell'approvazione. Infatti, chi in tanta varietà di parole e di fatti potrebbe soppesare ogni cosa con bilancia di precisione, in modo che risultino tutti concordi sui singoli punti quanti ne vengono a conoscenza?
 
 
580     Ma, poiché desideriamo sinceramente il bene di tutti e di ciascuno, preghiamo i lettori a voler giudicare con benevolenza, e a compatire o a supplire la semplicità di chi riferisce i fatti, in modo che la stima dovuta alla persona di cui parliamo rimanga sempre intatta.
 
           La nostra memoria di persone incolte, resa labile dal correre del tempo, non è in grado di ritrarre esattamente i voli di parole sublimi né le meraviglie delle sue azioni: a fatica le potrebbe afferrare una mente pronta ed esercitata, anche se accadessero in quel momento. Pertanto l'autorità di chi ce lo ha ordinato ripetutamente, valga a scusare presso tutti i difetti dovuti alla nostra incapacità.
 
 
581     2. Questo libro contiene anzitutto alcuni episodi meravigliosi relativi alla conversione di Francesco, che non sono stati inseriti nelle Vite già composte, perché non erano stati portati a conoscenza dell'autore.
 
 
582      Vogliamo inoltre esporre e mettere in luce, con attenzione e precisione, ciò che il santissimo padre Francesco ha voluto per sé ed i suoi--il suo ideale generoso, amabile, perfetto--in ogni esercizio della scienza celeste, e alla ricerca amorosa della più alta perfezione: ciò che fu sempre oggetto delle sue effusioni sante davanti a Dio e dei suoi esempi davanti agli uomini. Abbiamo inserito, qua e là, alcuni miracoli secondo l'opportunità. Infine,  scriviamo quanto ci riporta la memoria con stile semplice e dimesso, desiderosi di andare incontro a chi è meno agile di mente, ed anche, se possibile, di piacere ai dotti.
 
           Vi preghiamo dunque, benignissimo padre, di volere consacrare con la vostra benedizione questi doni, piccoli ma non indifferenti, del nostro lavoro, frutto di non poche e laboriose ricerche; come pure di correggere gli errori e togliere il superfluo, in modo che quanto, a vostro autorevole giudizio, sarà riconosciuto esatto, col vostro nome, veramente Crescenzio, cresca ovunque e si moltiplichi in Cristo. Amen.
 
 
 
Qui finisce il prologo
 
 
 
 
 
PARTE PRIMA
 
 
 
Incomincia il
 
« Memoriale nel desiderio dell'anima »
 
delle azioni e delle parole
 
del santissimo nostro padre Francesco
 
 
 
LA SUA CONVERSIONE
 
 
 
CAPITOLO I
 
 
PRIMA VIENE CHIAMATO GIOVANNI, POI FRANCESCO.
 
PROFEZIE DELLA MADRE E PREDIZIONI
 
DI LUI STESSO A SUO RIGUARDO.
 
SUA PAZIENZA NELLA PRIGIONIA
 
 
 
 
583     3. Il servo e amico dell'Altissimo, Francesco, ebbe questo nome dalla divina Provvidenza, affinché per la sua originalità e novità si diffondesse più facilmente in tutto il mondo la fama della sua missione. La madre lo aveva chiamato Giovanni, quando rinascendo dall'acqua e dallo Spirito Santo, da figlio d'ira era divenuto figlio della grazia.
 
           Specchio di rettitudine, quella donna presentava nella sua condotta, per così dire, un segno visibile della sua virtù. Infatti, fu resa partecipe, come privilegio, di una certa somiglianza con l'antica santa Elisabetta, sia per il nome imposto al figlio, sia anche per lo spirito profetico. Quando i vicini manifestavano la loro ammirazione per la generosità d'animo e l'integrità morale di Francesco, ripeteva, quasi divinamente ispirata: « Cosa pensate che diverrà, questo mio figlio? Sappiate, che per i suoi meriti diverrà figlio di Dio ».
 
           In realtà, era questa l'opinione anche di altri, che apprezzavano Francesco, già grandicello, per alcune sue inclinazioni molto buone. Allontanava da sé tutto ciò che potesse suonare offesa a qualcuno e, crescendo con animo gentile, non sembrava figlio di quelli che erano detti suoi genitori.
 
           Perciò il nome di Giovanni conviene alla missione che poi svolse, quello invece di Francesco alla sua fama, che ben presto si diffuse ovunque, dopo la sua piena conversione a Dio. Al di sopra della festa di ogni altro santo, riteneva solennissima quella di Giovanni Battista, il cui nome insigne gli aveva impresso nell'animo un segno di arcana potenza.
 
           Tra i nati di donna non sorse alcuno maggiore di quello, e nessuno più perfetto di questo tra i fondatori di Ordini religiosi. È una coincidenza degna di essere sottolineata.
 
 
584      4. Giovanni profetò chiuso ancora nel segreto dell'utero materno, Francesco predisse il futuro da un carcere terreno, ignaro  ancora del piano divino.
 
           Si combatteva tra Perugia ed Assisi. In uno scontro sanguinoso Francesco fu fatto prigioniero assieme a molti altri e, incatenato, fu gettato con loro nello squallore del carcere. Ma, mentre i compagni muoiono dalla tristezza e maledicono la loro prigionia, Francesco esulta nel Signore, disprezza e irride le catene. Afflitti come sono, lo rimproverano di essere pieno di gioia anche nel carcere, e lo giudicano svanito e pazzo. Ma Francesco risponde con tono profetico: «Di cosa pensate che io gioisca? Ben altro è il mio pensiero: un giorno sarò venerato come santo in tutto il mondo». In realtà è così: si è avverato completamente ciò che ha predetto.
 
           Vi era tra i compagni di prigionia un cavaliere superbo, un caratteraccio insopportabile. Tutti cercano di emarginarlo, ma la pazienza di Francesco non si spezza: a furia di sopportare quell'intrattabile, ristabilisce la pace fra tutti. Era un animo capace di ogni grazia e, fino da allora, come vaso eletto di virtù, esalava attorno i suoi carismi.
 
 
 
 
CAPITOLO II
 
 
RIVESTE UN CAVALIERE POVERO, ED ANCORA SECOLARE
 
HA UNA VISIONE RELATIVA ALLA SUA VOCAZIONE
 
 
 
585     5. Fu liberato dalla prigione poco tempo dopo e divenne più compassionevole con i bisognosi. Propose anzi di non respingere nessun povero, chiunque fosse e gli chiedesse per amor di Dio.
 
           Un giorno incontrò un cavaliere povero e quasi nudo: mosso a compassione, gli cedette generosamente, per amor di Cristo, le proprie vesti ben curate, che indossava.
 
           È stato, forse, da meno il suo gesto di quello del santissimo Martino? Eguali sono stati il fatto e la generosità, solo il modo è diverso: Francesco dona le vesti prima del resto quello invece le dà alla fine, dopo aver rinunciato a tutto. Ambedue sono vissuti poveri ed umili in questo mondo e sono entrati ricchi in cielo. Quello, cavaliere ma povero, rivestì un povero con parte della sua veste, questi, non cavaliere ma ricco, rivestì un cavaliere povero con la sua veste intera. Ambedue, per aver adempiuto il comando di Cristo, hanno meritato di essere, in visione, visitati da Cristo, che lodò l'uno per la perfezione raggiunta e invitò l'altro, con grandissima bontà, a compiere in se stesso quanto ancora gli mancava.
 
 
586      6. Infatti, subito dopo, gli appare in visione uno splendido palazzo, in cui scorge armi di ogni specie ed una bellissima sposa. Nel sonno, Francesco si sente chiamare per nome e lusingare con la promessa di tutti quei beni. Allora, tenta di arruolarsi per la Puglia e fa ricchi preparativi nella speranza di essere presto insignito del grado di cavaliere. Il suo spirito mondano gli suggeriva una interpretazione mondana della visione, mentre ben più nobile era quella nascosta nei tesori della sapienza di Dio.
 
 
587      E infatti un'altra notte, mentre dorme, sente di nuovo  una voce, che gli chiede premurosa dove intenda recarsi. Francesco espone il suo proposito, e dice di volersi recare in Puglia per combattere. Ma la voce insiste e gli domanda chi ritiene possa essergli più utile, il servo o il padrone.
 
           « Il padrone », risponde Francesco.
 
           « E allora--riprende la voce--perché cerchi il servo in luogo del padrone? ».
 
           E Francesco: « Cosa vuoi che io faccia, o Signore? ».
 
           « Ritorna--gli risponde il Signore-- alla tua terra natale,  perché per opera mia si adempirà spiritualmente la tua visione ». Ritornò senza indugio, fatto ormai modello di obbedienza e trasformato col rinnegamento della sua volontà da Saulo in Paolo. Quello venne gettato a terra e sotto i duri colpi disse parole soavi, Francesco invece mutò le armi mondane in quelle spirituali, ed in luogo della gloria militare ricevette una investitura divina. Così a quanti--ed erano molti--si stupivano della sua letizia inconsueta, rispondeva che sarebbe divenuto un gran principe.
 
 
 
 
CAPITOLO III
 
 
UNA COMPAGNIA DI GIOVANI
 
LO ELEGGE SUO SIGNORE PER UN BANCHETTO.
 
SUA TRASFORMAZIONE
 
 
 
 
588     7. Cominciò a trasformarsi in uomo perfetto, del tutto  diverso da quello di prima. Ma, ritornato a casa, i figli di Babilonia ripresero a seguirlo, e sebbene contro sua volontà, lo trascinarono su una strada ben diversa da quella che egli intendeva percorrere. La compagnia dei giovani di Assisi, che un tempo lo avevano avuto guida della loro spensieratezza cominciò di nuovo a invitarlo ai banchetti, nei quali si indulge sempre alla licenza ed alla scurrilità. Lo elessero re della festa, perché sapevano per esperienza che, nella sua generosità, avrebbe saldato le spese per tutti. Si fecero suoi sudditi per sfamarsi ed accettarono di ubbidire, pur di saziarsi. Francesco non rifiutò l'onore offertogli, per non essere bollato come avaro, e pur continuando nelle sue devote meditazioni, non dimenticò la cortesia. Preparò un sontuoso banchetto con abbondanza di cibi squisiti: quando furono pieni sino al vomito, si riversarono nelle piazze della città insudiciandole con le loro canzoni da ubriachi.
 
           Francesco li seguiva, tenendo in mano come signore lo scettro. Ma poiché da tempo con tutto l'animo si era reso completamente sordo a quelle voci e cantava in cuor suo al Signore, se ne distaccò a poco a poco anche col corpo. Allora, come riferì egli stesso, fu inondato di tanta dolcezza divina, da non potersi assolutamente muovere né parlare. Lo pervase un tale sentimento interiore che trascinava il suo spirito alle cose invisibili, facendogli giudicare di nessuna importanza, assolutamente frivola ogni cosa terrena.
 
           Veramente stupenda è la bontà del Signore, che elargisce magnifici doni a chi compie le più umili azioni; che salva e fa progredire, anche nei gorghi dell'inondazione, ciò che gli appartiene. Cristo infatti nutrì con pani e pesci le folle, non rifiutò ai peccatori la sua mensa. Quando lo richiesero come re, fuggì e salì sul monte a pregare.
 
           Sono misteri di Dio questi, che Francesco asseconda ed anche a sua insaputa è portato alla sapienza perfetta.
 
 
 
 
CAPITOLO IV
 
 
VESTITO DA POVERO, MANGIA CON I POVERI
 
DAVANTI ALLA CHIESA DI SAN PIETRO
 
E LA SUA OFFERTA
 
 
 
 
589     8. Fino da allora dimostrava di amare intensamente i poveri e questi inizi lodevoli lasciavano prevedere cosa sarebbe stato, una volta giunto a perfezione. Spesso si spogliava per rivestire i poveri, ai quali cercava di rendersi simile, se non ancora a fatti almeno con tutto l'animo. Si recò una volta in pellegrinaggio a Roma, e, deposti, per amore di povertà, i suoi abiti fini, si ricoprì con gli stracci di un povero. Si sedette quindi pieno di gioia tra i  poveri, che sostavano numerosi nell'atrio, davanti alla chiesa di San Pietro e, ritenendosi uno di essi, mangiò con loro avidamente. Avrebbe ripetuto più e più volte azioni simili, se non gli avessero incusso vergogna i conoscenti. Si accostò poi all'altare del Principe degli Apostoli e, stupito delle misere offerte dei pellegrini, gettò là denaro a piene mani. Voleva, con questo gesto, indicare che tutti devono onorare in particolare modo colui che Dio stesso ha onorato al di sopra degli altri.
 
 
590     Spesso, anche ai sacerdoti poverelli donava arredi sacri e rendeva a tutti, pur di infimo grado, il debito onore. Ed è chiaro: aderendo in modo totale alla fede cattolica e destinato ad assumere la missione apostolica, fu, sin dal principio, pieno di riverenza per i ministeri sacri e i ministri di Dio.
 
 
 
CAPITOLO V
 
 
MENTRE È IN PREGHIERA,
 
IL DEMONIO GLI MOSTRA UNA DONNA
 
E QUALE FU LA RISPOSTA DEL SIGNORE.
 
IL SUO COMPORTAMENTO CON I LEBBROSI
 
 
 
 
591     9. Così facendo, Francesco, benché ancora in abito secolare, aveva già un animo religioso. Lasciava i luoghi pubblici e frequentati, desideroso della solitudine, e qui, spessissimo era ammaestrato dalla visita dello Spirito Santo. Era infatti strappato via e attratto da quella sovrana dolcezza che lo pervase fin da principio in un modo così pieno, da non lasciarlo più finché visse.
 
           Ma, mentre frequentava luoghi appartati, ritenendoli adatti alla preghiera, il diavolo tentò di allontanarlo con una astuzia maligna. Gli raffigurò nel cuore una donna, sua concittadina, mostruosamente gibbosa: aveva un tale aspetto da suscitare orrore a tutti. E lo minacciò di renderlo uguale se non la piantava coi suoi propositi. Ma, confortato dal Signore, ebbe la gioia di una risposta piena di grazia e di salvezza: «Francesco,--gli disse Dio in spirito--lascia ormai i piaceri mondani e vani per quelli spirituali, preferisci le cose amare alle dolci e disprezza te stesso, se vuoi conoscermi. Perché gusterai ciò che ti dico, anche se l'ordine è capovolto». Subito, si sentì come indotto a seguire il comando del Signore e spinto a farne la prova.
 
 
592     Fra tutti gli orrori della miseria umana, Francesco sentiva ripugnanza istintiva per i lebbrosi. Ma, ecco, un giorno ne incontrò proprio uno, mentre era a cavallo nei pressi di Assisi. Ne provò grande fastidio e ribrezzo; ma per non venire meno alla fedeltà promessa, come trasgredendo un ordine ricevuto, balzò da cavallo e corse a baciarlo. E il lebbroso, che gli aveva steso la mano, come per ricevere qualcosa, ne ebbe contemporaneamente denaro e un bacio. Subito risalì a cavallo, guardò qua e là - la campagna era aperta e libera tutt'attorno da ostacoli - , ma non vide più il lebbroso. Pieno di gioia e di ammirazione, poco tempo dopo volle ripetere quel gesto: andò al lebbrosario e, dopo aver dato a ciascun malato del denaro, ne baciò la mano e la bocca.
 
           Così preferiva le cose amare alle dolci, e si preparava  virilmente a mantenere gli altri propositi.
 
 
 
 
CAPITOLO VI
 
 
UNA IMMAGINE DEL CROCIFISSO GLI PARLA
 
ED EGLI LE RENDE ONORE
 
 
 
593     10. Era già del tutto mutato nel cuore e prossimo a divenirlo anche nel corpo, quando, un giorno, passò accanto alla chiesa di San Damiano, quasi in rovina e abbandonata da tutti. Condotto dallo Spirito, entra a pregare, si prostra supplice e devoto davanti al Crocifisso e, toccato in modo straordinario dalla grazia divina, si ritrova totalmente cambiato. Mentre egli è così profondamente commosso, all'improvviso--cosa da sempre inaudita!--l'immagine di Cristo crocifisso, dal dipinto gli parla, movendo le labbra, « Francesco, - gli dice chiamandolo per nome - va', ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina ». Francesco è tremante e pieno di stupore, e quasi perde i sensi a queste parole. Ma subito si dispone ad obbedire e si concentra tutto su questo invito. Ma, a dir vero, poiché neppure lui riuscì mai ad esprimere la ineffabile trasformazione che percepì in se stesso, conviene anche a noi coprirla con un velo di silenzio.
 
 
594     Da quel momento si fissò nella sua anima santa la compassione del Crocifisso e, come si può piamente ritenere, le venerande stimmate della Passione, quantunque non ancora nella carne, gli si impressero profondamente nel cuore.
 
 
           11. Cosa meravigliosa, mai udita! chi non è colpito da meraviglia? E chi, o quando mai ha udito qualcosa di simile? Nessuno potrà dubitare che Francesco, prossimo a tornare alla sua patria, sia apparso realmente crocifisso, visto che con nuovo e incredibile miracolo Cristo gli ha parlato dal legno della Croce, quando--almeno all'esterno--non aveva ancora del tutto rinunciato al mondo! Da quel momento, appena gli giunsero le parole del Diletto il suo animo venne meno. Più tardi, l'amore del cuore si rese palese mediante le piaghe del corpo.
 
           Inoltre, da allora, non riesce più a trattenere le lacrime e piange anche ad alta voce la passione di Cristo, che gli sta sempre davanti agli occhi. Riempie di gemiti le vie, rifiutando di essere consolato al ricordo delle piaghe di Cristo. Incontrò un giorno, un suo intimo amico, ed avendogli manifestato la causa del dolore, subito anche questi proruppe in lacrime amare.
 
 
595     Intanto si prese cura di quella immagine, e si accinse, con ogni diligenza, ad eseguirne il comando. Subito offrì denaro ad un sacerdote, perché provvedesse una lampada e l'olio, e la sacra immagine non rimanesse priva, neppure per un istante, dell'onore, doveroso, di un lume. Poi, si dedicò con impegno al resto, lavorando con intenso zelo a riparare la chiesa. Perché, quantunque il comando del Signore si riferisse alla Chiesa acquistata da Cristo col proprio sangue, non volle di colpo giungere alla perfezione dell'opera, ma passare a grado a grado dalla carne allo spirito.
 
 
 
 
 
CAPITOLO VII
 
 
LA PERSECUZIONE DEL PADRE E DEL FRATELLO
 
 
 
 
596      12. Quando il padre lo vide perseverare nelle opere di bontà, cominciò a perseguitarlo ed a straziarlo, ovunque lo incontrasse, con maledizioni. Allora il servo di Dio chiamò un uomo di umile condizione e semplice assai, e lo pregò che, facendo le veci del padre, quando questi moltiplicava le sue maledizioni egli di rimando lo benedicesse. Così tradusse in pratica e dimostrò con i fatti cosa significhi la parola del Salmista: Essi malediranno e tu benedirai.
 
 
597       Dietro consiglio del vescovo della città, uomo molto pio che non riteneva giusto utilizzare per usi sacri denaro di male acquisto, I'uomo di Dio restituì al padre la somma, che voleva spendere per il restauro della chiesa. E davanti a molti che si erano lì riuniti e in  ascolto: « D'ora in poi, --esclamò--potrò dire liberamente: Padre nostro, che sei  nei cieli, non padre Pietro di Bernardone. Ecco, non solo gli restituisco il denaro, ma gli rendo pure tutte le vesti. Così, andrò nudo incontro al Signore ».
 
           O anima nobile di un uomo, al quale ormai basta solo Cristo! Si accorsero allora che l'uomo di Dio, sotto le vesti portava il cilizio, gioioso non tanto di apparire quanto di essere virtuoso.
 
 
598      Anche il fratello, seguendo l'esempio del padre, lo investiva con parole velenose. Un mattino, d'inverno, vide Francesco intento a pregare, coperto di poveri cenci e tutto tremante di freddo. E rivolto, quel perverso, ad un concittadino, gli disse: « Di' a Francesco che ti venda un soldo di sudore ». «Lo venderò sì, io, a ben caro prezzo al mio Signore », rispose molto allegro e sorridente l'uomo di Dio, che l'aveva udito.
 
            Niente di più vero! Perché ha guadagnato in questo mondo non solo cento, ma mille volte tanto, e nell'altro ha ottenuto per sé e per molti la vita eterna.
 
 
 
 
CAPITOLO VIII
 
 
SUPERA LA VERGOGNA E PROFETIZZA
 
A RIGUARDO DELLE POVERE VERGINI
 
 
 
599      13. Da allora si adopera a trasformare il suo tenore di vita, rendendolo, da raffinato austero e a riportare alla bontà naturale il suo corpo un po' infrollito.
 
           Un giorno andava per le vie d'Assisi mendicando olio per le lampade di San Damiano, la chiesa che stava allora riparando. Sul punto di entrare in una casa, vedendo davanti alla porta un gruppo di amici che giocava, rosso di vergogna, si ritirò. Ma, volgendo il suo nobile spirito al cielo si rinfacciò tanta viltà e divenne giudice severo di se stesso. All'istante, ritorna alla casa e, dopo aver esposto con voce sicura a tutti il motivo della sua vergogna, quasi inebriato di spirito, chiede in lingua francese l'olio di cui ha bisogno e l'ottiene..
 
           Animava tutti, con grande zelo, a restaurare quella chiesa, e sempre parlando in francese predisse chiaramente, davanti a tutti, che lì accanto sarebbe sorto un monastero di vergini consacrate a Cristo. Del resto, ogni volta che era pieno dell'ardore dello Spirito Santo, parlava in lingua francese per esprimere il calore esuberante del suo cuore, quasi prevedendo che sarebbe stato venerato da quel popolo con particolare onore e devozione.
 
 
 
 
CAPITOLO IX
 
 
CERCA Dl PORTA IN PORTA LA CARITA'
 
 
 
 
600      14. Da quando iniziò a servire al Signore di tutti, amò sempre di fare le cose comuni, evitando ovunque la singolarità, sentina di tutti i vizi. Mentre attendeva con grande impegno a riparare la chiesa, come Cristo gli aveva ordinato, era passato da una vita contrassegnata dalla delicatezza ad una di sacrificio e dedita al lavoro. Il sacerdote, che curava la chiesa, vedendolo stremato dall'assidua fatica, commosso, cominciò a passargli ogni giorno qualcosa del suo vitto, anche se non molto saporito, perché era povero. Ma Francesco, pur comprendendo ed apprezzando la delicata bontà del sacerdote disse a se stesso: «Non troverai sempre questo sacerdote che ti somministri tali cibi. Né è bene assuefarti a questo tenore di vita: ritorneresti gradatamente a ciò che hai disprezzato, per finire di nuovo nella mollezza. Levati dunque, presto, e chiedi  di porta in porta un po' di companatico». Così, se ne andò per Assisi, chiedendo di porta in porta qualche cibo cotto. Quando vide la scodella piena dei più diversi rimasugli, da prima sentì un brivido di orrore; ma, poi, ricordatosi del Signore, vinse se stesso e mangiò quel guazzabuglio con gaudio dello spirito. Tutto lenisce l'amore e rende assolutamente dolce ciò che è amaro.
 
 
 
 
CAPITOLO X
 
FRATE BERNARDO RINUNCIA AI SUOI BENI
 
 
 
 
601    15. Bernardo, un cittadino di Assisi, che poi divenne figlio di perfezione, volendo seguire il servo di Dio nel disprezzo totale del mondo, lo scongiurò umilmente di dargli il suo consiglio. Gli espose dunque il suo caso: «Padre, se uno dopo avere a lungo goduto dei beni di qualche signore, non li volesse più tenere, cosa dovrebbe farne, per agire nel modo più perfetto?». Rispose l'uomo di Dio: «Deve restituirli tutti al padrone, da cui li ha ricevuti». E Bernardo: «So che quanto possiedo mi è stato dato da Dio e, se tu me lo consigli, sono pronto a restituirgli tutto». Replicò il Santo: «Se vuoi comprovare coi fatti quanto dici, appena sarà giorno, entriamo in chiesa prendiamo il libro del Vangelo e chiediamo consiglio a Cristo».
 
           Venuto il mattino, entrano in una chiesa e, dopo aver pregato devotamente, aprono il libro del Vangelo, disposti ad attuare il primo consiglio che si offra loro. Aprono il libro, e il suo consiglio Cristo lo manifesta con queste parole: Se vuoi essere perfetto, va', vendi quanto possiedi e dallo ai poveri. Ripetono il gesto, e si presenta il passo: Non prendete nulla per il viaggio. Ancora una terza volta, e leggono: Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso. Senza indugio Bernardo eseguì tutto e non tralasciò neppure un iota. Molti altri, in breve tempo, si liberarono dalle mordacissime cure del mondo e, sotto la guida di Francesco, ritornarono all'infinito bene nella patria vera. Ma sarebbe  troppo lungo dire come ciascuno abbia raggiunto il premio della chiamata divina.
 
 
 
 
CAPITOLO XI
 
 
LA PARABOLA CHE EGLI RACCONTÒ AL SIGNOR PAPA
 
 
 
 
602      16. Quando si presentò con i compagni a papa Innocenzo per chiedergli l'approvazione della sua regola di vita, questi giudicò l'ideale che si era prefisso superiore alle forze umane. Ma, da uomo prudentissimo com'era, gli disse: «Prega, figlio mio, Cristo perché ci manifesti, per mezzo tuo, la sua volontà e, una volta conosciutala, possiamo acconsentire con più sicurezza ai tuoi pii desideri».
 
           Il Santo obbedì al comando del sommo Pastore e ricorse con tutta fiducia a Cristo. Pregò con insistenza ed esortò pure i compagni a supplicare devotamente Dio. In breve, mentre pregava ottenne la risposta e comunicò ai figli novità salutari. Vennero così a sapere che Cristo gli aveva detto familiarmente, in parabola: «Francesco, dirai al Papa così:--Viveva in un deserto una donna povera, ma molto bella. Un re se ne innamorò per il suo incantevole aspetto, strinse relazione con lei gioiosamente e ne ebbe figli bellissimi. Una volta adulti ed educati nobilmente, la madre disse loro: "Non vergognatevi, o miei diletti, per il fatto di essere poveri, perché siete tutti figli di quel grande re. Andate dunque gioiosi alla sua corte e chiedetegli quanto vi occorre". Meravigliati e lieti a quelle parole, animati dall'assicurazione di essere di stirpe reale e futuri eredi,  stimarono ricchezza la loro estrema povertà, e si presentarono al re con fiducia e senza paura, perché nel volto riproducevano il suo volto. Vedendo che gli rassomigliavano, il re chiese, meravigliato di chi fossero figli. Ed avendogli risposto che erano figli di quella donna povera e sola nel deserto, li abbracciò: "Siete figli miei ed eredi; non abbiate timore; perché, se alla mia mensa si nutrono estranei, è certamente più giusto che si nutrano quelli che hanno diritto a tutta l'eredità". Ordinò poi alla donna di mandare alla sua corte tutti i figli generati da lui, perché vi fossero allevati». Il Santo, traboccante di gioia a motivo della parabola, riferì subito al Papa il solenne oracolo.
 
 
603          17. La.donna simboleggia Francesco, non per la mollezza della condotta, ma per i numerosi suoi figli. Il deserto è il mondo, allora incolto e sterile di virtù. L'abbondante e splendida figliolanza è il copioso numero di frati,  ricchi di ogni virtù. Il re: il Figlio di Dio e a lui corrispondono nell'aspetto, somiglianti per la santa povertà, quelli, che, messo da parte ogni rossore, si sfamano alla mensa del re: contenti della imitazione di Cristo, vivendo di elemosina, pur attraverso il disprezzo del mondo, sanno che un giorno saranno felici.
 
           Il Papa ascoltò con meraviglia la parabola e riconobbe senza incertezze che Cristo aveva parlato in quell'uomo. Si ricordò di un sogno fatto pochi giorni prima e illuminato dallo Spirito Santo, affermò che si sarebbe realizzato proprio in lui. Aveva sognato infatti che la  Basilica del Laterano stava per crollare e che un religioso, piccolo e spregevole, la puntellava con le sue spalle, perché non cadesse. «Ecco, pensò: questi è colui che con l'azione e la parola sosterrà la Chiesa di Cristo».
 
           È questo il motivo, per cui il signor Papa assecondò con tanta facilità la sua domanda e, da quel momento, anima veramente piena di Dio, amò sempre il servo di Cristo con particolare benevolenza. Esaudì subito le richieste, e promise amabilmente che avrebbe aggiunto più importanti concessioni.
 
           Francesco, allora, usando della facoltà concessagli, cominciò a spargere semi di virtù, predicando con maggior  fervore tutt'attorno, per città e villaggi.
 
 
 
 
 
SANTA MARIA DELLA PORZIUNCOLA
 
 
 
CAPITOLO XII
 
 
L'AMORE DEL SANTO
 
E DELLA BEATA VERGINE PER QUESTO LUOGO.
 
COME I FRATI Vl ABITAVANO
 
 
 
 
604      18. Il servo di Dio, Francesco, piccolo di statura, umile di spirito e minore di professione, mentre viveva qui sulla terra scelse per sé e per i suoi una piccola porzione di mondo: altrimenti, senza usare nulla di questo mondo, non avrebbe potuto servire Cristo. E furono di certo ispirati da Dio quelli che, anticamente, chiamarono Porziuncola il luogo che toccò in sorte a coloro che non volevano assolutamente possedere nulla su questa terra.
 
           Sorgeva in questo luogo una chiesa dedicata alla Vergine Madre, che, per la sua particolare umiltà,. meritò, dopo il Figlio, di essere Sovrana di tutti i Santi. Qui ebbe inizio l'Ordine dei minori, e s'innalzò ampia e armoniosa, come poggiata su fondamento solido, la loro nobile costruzione Il Santo amò questo luogo più di ogni altro, e comandò ai frati di venerarlo con particolare devozione. Volle che fosse sempre custodito come specchio dell'Ordine in umiltà e altissima povertà, riservandone ad altri la proprietà e ritenendone  per sé ed i suoi soltanto l'uso.
 
 
605      19. Vi era osservata in tutto una rigidissima disciplina: nel silenzio e nel lavoro, come pure in tutti gli altri ordinamenti della vita regolare. Nessun frate poteva entrarvi liberamente, se non quelli espressamente incaricati: raccolti qui da ogni parte, il Santo li voleva esempio di devozione a Dio e perfetti in tutto. Era assolutamente vietato l'accesso ad ogni secolare. Non voleva che i frati che qui abitavano--in numero ristretto--fossero solleticati dal prurito di notizie mondane e, interrompendo la contemplazione dei beni celesti, fossero trascinati dai cicaloni ad occuparsi delle cose terrene. Non era permesso ad alcuno dire, in questo luogo, parole oziose, né riferire quelle dette da altri. Se uno, a volte, mancava in questo, veniva messo in guardia a non ripeterlo mai più da un castigo salutare. I frati che vi dimoravano, erano impegnati giorno e notte nelle lodi divine, e conducevano una vita angelica, fragrante di soave odore.
 
           E giustamente. Perché il luogo, a detta degli antichi abitanti, era chiamato, con altro nome, Santa Maria degli Angeli. Il Padre diceva di sapere per divina rivelazione che la beata Vergine, fra tutte le chiese innalzate a suo onore, amava quella con particolare predilezione; e perciò il Santo la preferiva a tutte le altre.
 
 
 
 
CAPITOLO XIII
 
 
 
UNA VISIONE
 
 
 
606      20. Un santo frate, prima della sua conversione, aveva  avuto, a proposito di Santa Maria degli Angeli una visione degna di essere riferita. Stava osservando innumerevoli uomini, che con gli occhi dolorosamente spenti e la faccia rivolta al cielo, erano inginocchiati attorno alla detta chiesa. Tutti, con voce di pianto e le mani protese in alto, gridavano a Dio, chiedendo luce e misericordia. Ed ecco, scese dal cielo uno splendore, che irradiandosi su tutti, donò a ciascuno la luce e la salvezza desiderata.
 
 
 
 
 
TENORE DI VITA DI SAN FRANCESCO E DEI FRATI
 
 
 
CAPITOLO XIV
 
 
IL RIGORE DELLA DISCIPLINA
 
 
 
 
607      21. Il coraggioso soldato di Cristo non aveva mai alcun riguardo per il suo corpo e lo esponeva, come non suo, a tutte le asprezze sia di fatti che di parole. Chi volesse enumerare ciò che ha patito, supererebbe l'elenco dello scritto apostolico, nel quale vengono narrate le sofferenze dei Santi. E, allo stesso modo, anche i suoi primi discepoli, senza eccezione, si sottoponevano a tutti i disagi, cosi da ritenere addirittura peccato l'aspirare ad altro che alle consolazioni spirituali. Indossavano, come fosse un vestito, corsaletti e cinture di ferro, e sarebbero venuti meno, spossati dalle veglie e dai lunghi digiuni, se non avessero attenuato tanto rigore dietro assiduo ammonimento dell'accorto pastore.
 
 
 
 
CAPITOLO XV
 
 
DISCREZIONE DI SAN FRANCESCO
 
 
 
 
608      22. Una notte, una di quelle pecorelle, mentre le altre dormivano, si mise a gridare: «Muoio, fratelli, ecco, muoio di fame!». Il saggio pastore si alzò immediatamente e si affrettò a portare l'aiuto opportuno alla pecorella infermiccia. Ordinò di  preparare la mensa, anche se con cibi alla buona, dove l'acqua, come il più delle volte, suppliva alla mancanza di vino. Proprio lui cominciò a mangiare per primo ed invitò a quel dovere di carità gli altri frati, perché il poverino non avesse ad arrossire.
 
           Preso il cibo col timore del Signore, affinché fosse completo l'atto di carità, il Padre tenne ai figli un lungo discorso sulla virtù della discrezione. Prescrisse di offrire sempre a Dio un sacrificio condito di prudenza, ammonendoli accortamente di tener conto, nel servizio divino, delle proprie forze. Perché, diceva, è come peccare il sottrarre senza discrezione al corpo il necessario, come pure dargli il superfluo, sotto la spinta della gola. Poi soggiunse: «Carissimi, ciò che ho fatto mangiando, sappiate che è stato fatto non per bramosia, ma per doverosa attenzione e perché me lo ha imposto la carità fraterna. La carità vi sia di esempio, non il cibo, perché questo soddisfa la gola, quella invece lo spirito».
 
CAPITOLO XVI
 
 
LA SUA CONOSCENZA DEL FUTURO
 
E COME AFFIDÒ L' ORDINE ALLA CHIESA ROMANA.
 
UNA VISIONE
 
 
 
 
609      23. Il padre santo progrediva continuamente in meriti e virtù. E poiché la sua prole cresceva ovunque in numero e grazia ed estendeva sino ai confini della terra i suoi tralci, ricchi a meraviglia di frutti ubertosi, cominciò a riflettere sempre più spesso, preoccupato come la giovane pianta potesse conservarsi e crescere stretta nel vincolo della unità.
 
           Vedeva, già allora, che molti, come lupi, infierivano contro il piccolo gregge,--vecchi incalliti nel male--, spinti a nuocere unicamente dalla novità.
 
           Prevedeva pure che tra gli stessi figli potevano sorgere difficoltà a danno della pace e dell'unità, e lo turbava il pensiero che, come spesso avviene tra gli eletti, vi sarebbero stati alcuni inorgogliti nella loro mentalità carnale, pronti alle contese e facili allo scandalo.
 
 
610      24. Mentre rivolgeva questi e simili pensieri nella sua  mente, una notte, nel sonno, ebbe questa visione. Vide una gallina piccola e nera, simile ad una colomba domestica, con zampe e piedi rivestiti di piume. Aveva moltissimi pulcini, che per quanto si aggirassero attorno a lei, non riuscivano a raccogliersi tutti sotto le sue ali. Quando si svegliò, l'uomo di Dio, e riprese i suoi pensieri, spiegò personalmente la visione. « La gallina, commentò, sono io, piccolo di statura e di carnagione scura, e debbo unire alla innocenza della vita una semplicità di colomba: virtù, che quanto è più rara nel mondo, tanto più speditamente si alza al cielo. I pulcini sono i frati, cresciuti in numero e grazia, che la forza di Francesco non riesce a proteggere  dal turbamento degli uomini e dagli attacchi delle lingue maligne ».
 
 
611     «Andrò dunque, e li raccomanderò alla santa  Chiesa Romana: in tale modo i malevoli saranno colpiti dalla verga della sua potenza e i figli di Dio, ovunque, godranno di piena libertà, a maggior beneficio della salvezza eterna. Da questo i figli riconosceranno le tenere premure della madre e ne seguiranno, con particolare devozione, le orme venerande.. La sua protezione difenderà l'Ordine dagli attacchi dei maligni, e il figlio di Belial  non passerà impunemente per la vigna del Signore. Persino lei, che è santa, emulerà la gloria della nostra povertà e non permetterà che il torbido della superbia possa offuscare i grandi pregi dell'umiltà. Conserverà illesi tra di noi i vincoli della carità e della pace,  colpendo con rigore e severità chi è causa di discordia.
 
           Alla sua presenza fiorirà sempre la santa osservanza della purezza evangelica e non consentirà che svanisca neppure per un istante il buon odore della vita».
 
           Fu questa la vera e unica intenzione che ebbe il Santo nel volere tale raccomandazione, e questi gli argomenti santissimi della prescienza dell'uomo di Dio riguardo alla necessità di affidarsi alla Chiesa per il tempo futuro.
 
 
 
 
CAPITOLO XVII
 
 
CHIEDE IL SIGNORE D' OSTIA
 
COME SOSTITUTO DEL PAPA
 
 
 
 
612      25. Si portò dunque a Roma, dove il signor papa Onorio e tutti i Cardinali lo accolsero con grande devozione. Ed a ragione, perché si ripercuoteva visibilmente nella sua vita e nelle parole il profumo della sua fama, e non era quindi possibile non venerarlo. Predicò davanti al Papa ed ai Cardinali con animo franco e pieno di ardore, attingendo dalla pienezza del cuore, come gli suggeriva lo Spirito. Alla sua parola si commossero quelle altezze e, traendo profondi sospiri dall'intimo, lavarono con lacrime l'uomo interiore.
 
           Terminato il discorso e dopo qualche istante di cordiale colloquio col Papa, alla fine così espose la sua richiesta: «Non è facile, Signore, come sapete, per gente povera e umile avere accesso a così grande maestà. Avete nelle mani il mondo e gli impegni molto importanti non permettono di dedicarsi alle minuzie. Per questo, Signore,--continuò --chiedo al tenerissimo affetto di vostra Santità di concederci come papa il Signore d'Ostia, qui presente; così, rimanendo sempre intatta la dignità della vostra preminenza, i frati potranno rivolgersi a lui in tempo di necessità, ed essere, con vantaggio, difesi e governati».
 
           Il Papa gradì una richiesta tanto santa, e subito prepose all'Ordine, secondo la domanda dell'uomo di Dio, il Signor Ugolino, allora vescovo d'Ostia. Il santo cardinale accettò con amore il gregge, che gli era stato affidato, lo allevò premurosamente, e ne fu insieme pastore ed alunno sino alla beata fine.
 
           È a questa particolare sottomissione che si deve la prerogativa di amore e la sollecitudine, che, da sempre, la Chiesa Romana non cessa di testimoniare all'Ordine dei minori.
 
 
Fine della Parte  prima
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
PARTE SECONDA
 
 
 
 
Introduzione
 
 
 
 
613   26.Tramandare le azioni gloriose degli antenati è segno d'onore verso di loro, ma è anche una prova di amore per i figli, che non li hanno conosciuti personalmente. Dal ricordo delle loro gesta sono indotti al bene e convinti a migliorarsi, mentre testimonianze indimenticabili rendono vivi ai loro occhi i padri ormai lontani nel tempo. Ne possiamo trarre anzitutto--frutto certamente non piccolo--la coscienza della nostra pochezza, quando mettiamo a confronto l'abbondanza dei loro meriti e la nostra miseria.
 
           Ora io ritengo che Francesco sia stato come uno specchio santissimo della santità del Signore e immagine della sua perfezione. Tutte le sue parole ed azioni hanno per così dire, un profumo divino. Chi le esamina con diligenza e le segue umilmente, raggiunge ben presto a questa scuola di saggezza la sua altissima sapienza. Per  questo motivo, dopo avere premesso, anche se con stile dimesso e quasi di corsa, alcuni episodi riguardanti la sua persona, ritengo non superfluo aggiungere fra tanti qualche altro cenno, per esaltare il Santo e risvegliare il nostro amore intorpidito.
 
 
 
 
LO SPIRITO DI PROFEZIA DEL BEATO FRANCESCO
 
 
CAPITOLO I
 
 
 
614      27. Il beato padre, come elevato al di sopra delle cose terrene, aveva assoggettato con potere meraviglioso tutto quanto esiste nel mondo. Tenendo fisso sempre l'occhio della intelligenza in quella somma luce, non solo conosceva per divina rivelazione ciò che doveva fare, ma prevedeva profeticamente molti fatti, penetrava i segreti dei cuori, conosceva ciò che avveniva lontano, prevedeva e narrava in anticipo il futuro. Alcuni esempi comprovano quanto affermiamo.
 
 
 
 
CAPITOLO II
 
 
SMASCHERA UN FRATE RITENUTO SANTO
 
 
 
 
615      28. Vi era un frate, all'apparenza di grande santità e di vita integerrima però molto singolare. Si dedicava continuamente alla preghiera, ed osservava con tanto rigore il silenzio che di solito si confessava non a voce, ma con gesti. Si infiammava alle parole della Scrittura e, dopo l'ascolto, dava segni di una meravigliosa dolcezza interiore. In breve, era stimato da tutti tre volte santo. Or avvenne che il beato padre un giorno si recò in quel luogo, vide il fratello e ascoltò quelli che lo proclamavano santo. E mentre tutti lo magnificavano ed esaltavano: «Basta, fratelli! -- esclamò --. Non state a lodarmi delle finzioni diaboliche. Sappiate con certezza che è tentazione del demonio e perfido inganno. Ne sono certo e la prova più sicura è che non vuole confessarsi ».
 
           I frati rimasero costernati e particolarmente il vicario del Santo. « E come, andavano ripetendo, può essere che sotto tanti segni di perfezione vi sia una tale mistificazione?». E il Padre di rimando: «Comandategli di confessarsi due o almeno una volta la settimana: se non lo farà, sappiate che ho detto il vero».
 
           Il vicario lo prese in disparte, dapprima scambiò con lui cordiali e liete parole e finalmente gli ordinò di confessarsi. Ma quegli rifiutò con sdegno, e ponendosi un dito sulla bocca fece capire col cenno del capo che in nessun modo si sarebbe confessato. I frati ammutolirono, temendo lo scandalo del falso santo. Poco tempo dopo uscì spontaneamente dall'Ordine, ritornò alla vita mondana ed al suo vomito, e infine, dopo innumerevoli peccati, morì senza pentimento.
 
           Si deve sempre evitare la singolarità: non è altro che un bel precipizio. Lo dimostra chiaramente il caso di tanti, amanti della singolarità, che si innalzano al cielo e scendono in fondo all'abisso. Considera inoltre il valore di una confessione sincera, che non solo è fonte ma anche espressione di santità.
 
 
 
 
CAPITOLO III
 
 
CASO SIMILE CONTRO LA  SINGOLARITÀ
 
 
 
 
616      29. Un fatto simile avvenne ad un altro frate, Tommaso da Spoleto. Tutti credevano fermamente e giuravano che fosse santo, ma il santo padre lo riteneva un uomo perverso; l'apostasia dimostrò alla fine la verità del suo giudizio. Non durò a lungo, perché non resiste molto una virtù basata sulla frode. Uscì dall'Ordine ed è morto fuori di esso: ora si è accorto della sua riprovevole  condotta.
 
 
 
 
CAPITOLO IV
 
 
PREVEDE LA DISFATTA DEI CRISTIANI
 
PRESSO DAMIATA
 
 
 
 
617      30. Al tempo in cui l'esercito cristiano stringeva d'assedio Damiata, era presente anche il Santo con alcuni compagni: avevano attraversato il mare desiderosi del martirio.
 
           Un giorno avuta notizia che i nostri si disponevano a battaglia, si addolorò fortemente e rivolto al compagno disse: «Il Signore mi ha mostrato che, se avverrà oggi lo scontro, andrà male per i cristiani. Ma se dico questo, sarò creduto pazzo; se taccio, mi rimorde la coscienza. Cosa ne pensi? ». «Padre,--rispose il compagno--, non dare importanza al giudizio degli uomini; del resto non sarebbe la prima volta oggi che sei giudicato pazzo. Libera la tua coscienza e abbi timore di Dio piuttosto che degli uomini».
 
           Allora il Santo balza fuori e per il loro bene scongiura i cristiani a non dar battaglia, e minaccia la disfatta. Ma essi presero a scherzo ciò che era verità, indurirono il loro cuore e rifiutarono ogni avvertimento. Si avanza, si attacca, si combatte e si passa al contrattacco da parte dei nemici. Durante la battaglia il Santo con l'animo sospeso invita il compagno ad alzarsi e ad osservare; e poiché non vede nulla una prima ed una seconda volta, glielo ordina per la terza volta. Ed ecco: tutto l'esercito cristiano è in fuga, mettendo fine alla guerra non col trionfo, ma con la vergogna. I nostri subirono tale disfatta da perdere seimila uomini tra morti e prigionieri.
 
           Il Santo era vinto dalla compassione, né minore era il loro pentimento per l'accaduto. Soprattutto compiangeva gli Spagnoli, che vedeva ridotti a ben pochi a causa del loro maggiore slancio nel combattere.
 
           Riflettano bene a ciò tutti i principi di questo mondo e sappiano che non è facile combattere contro Dio, cioè contro la volontà divina. L'ostinazione di solito porta a funesta rovina, perché confidando nelle proprie forze non merita l'aiuto celeste. Se infatti si deve sperare la vittoria dall'alto bisogna pure attaccare battaglia solo dietro ispirazione divina.
 
 
 
 
CAPITOLO V
 
 
SCOPRE I PENSIERI SEGRETI Dl UN FRATE
 
 
 
 
618      31. Il Santo ritornava dai paesi d'Oltremare con un compagno, Leonardo d'Assisi. Sentendosi stanco morto dal viaggio, montò momentaneamente su un asino. Il compagno che seguiva a piedi e non era meno stanco, cominciò a borbottare tra sé, preso da un certo risentimento umano: «Non giocavano certo a pari e caffo  i genitori di costui ed i miei. Ecco, lui va a cavallo ed io, a piedi, gli guido l'asino».
 
           Mentre rimuginava questi pensieri, il Santo balzò da cavallo: «No, non è giusto, fratello--gli dice--che io vada a cavallo e tu a piedi, perché nel mondo sei stato più nobile e importante di me ».
 
           Il frate rimase di stucco e arrossì sentendosi scoperto dal Santo. Cadde ai suoi piedi: tra lacrime abbondanti gli espose tutto il suo pensiero e chiese perdono.
 
 
 
 
CAPITOLO VI
 
 
VEDE UN DIAVOLO SULLA SCHIENA Dl UN FRATE.
 
 
SUO ATTEGGIAMENTO CONTRO CHI SI ALLONTANA
 
DALL'' UNITÀ DEI FRATELLI
 
 
 
 
619      32. Vi era un altro frate assai stimato dagli uomini, ma ancora più ricco di grazia presso Dio. Invidioso dei suoi meriti, il padre di ogni invidia pensò di tagliare alle radici l'albero, che sembrava ormai toccare il cielo e strappargli  di mano la corona. Gli gira attorno, lo turba, scuote e vaglia le sue attitudini per trovare un inciampo adatto al frate. Gli immette così nell'animo il desiderio di isolarsi sotto pretesto di maggiore perfezione, affinché cada più facilmente quando gli piomberà addosso, e trovandosi solo non  abbia chi lo sollevi nella caduta.
 
           In breve, si stacca dalla vita religiosa dei fratelli, e se ne va per il mondo forestiero e pellegrino. Dall'abito che portava ricavò una piccola tonaca, col cappuccio non cucito, e così se ne andava errabondo, disprezzando in tutto se stesso. Ma mentre andava vagando in questo modo, presto vennero meno le consolazioni divine, ed egli si trovò agitato da tentazioni tempestose: le acque gli arrivavano sino al collo e, desolato nello spirito e nel corpo, era come un uccello che si precipita nella rete. Già come sull'orlo di una voragine, stava per precipitare nel baratro, quando la Provvidenza paternamente ebbe compassione di lui e rivolse il suo sguardo amoroso all'infelice. Ammaestrato dalla tribolazione, rientrò finalmente in se stesso e disse: «Ritorna, o misero, alla tua vita religiosa, perché lì è la tua salvezza ». E senza indugiare un istante, si alzò e si avviò in fretta al grembo materno.
 
 
           33. Quando giunse a Siena, tra quei frati c'era anche Francesco. Ma --cosa incredibile! --appena il Santo lo scorse, si allontanò per rinchiudersi con passo frettoloso nella sua cella. I frati si domandavano turbati il motivo di tale comportamento. E il Santo disse loro: «Perché vi meravigliate della mia fuga, se non ne comprendete il motivo? Io ho fatto ricorso alla preghiera per salvare il fratello smarrito. Ho visto nel mio figlio qualcosa che molto giustamente mi dispiacque. Ma ormai per grazia del mio Cristo ogni inganno è svanito».
 
           Il frate si inginocchiò e con rossore confessò la sua colpa. Gli disse il Santo: «Ti perdoni il Signore; ma in futuro guardati di non separarti mai più, col pretesto della santificazione, dal tuo Ordine e dai fratelli». Da quel giorno il frate prese ad amare l'Istituto e la fraternità, preferendo soprattutto quelle comunità in cui era in vigore maggiormente la regolare osservanza.
 
           Oh, quali meraviglie compie il Signore nel consesso e nella comunità dei giusti! In essa chi è tentato trova aiuto chi cade viene rialzato, il tiepido viene stimolato. In essa il ferro si aguzza col ferro ed il fratello, con l'aiuto del fratello diviene saldo come una roccaforte. Inoltre, se è vero che la folla del mondo è di ostacolo a vedere Gesù, è anche certo che non lo impedisce affatto il coro celeste degli angeli. Soltanto non fuggire: sii fedele sino alla morte e riceverai la corona della vita.
 
 
 
    ALTRO CASO SIMILE
 
 
 
 
620      34. Qualche tempo dopo avvenne un fatto non molto diverso. Un altro frate non voleva ubbidire al vicario del Santo, ma seguiva come suo superiore un confratello. Il Santo, che era presente, lo ammonì per mezzo di una terza persona, ed egli si gettò ai piedi del vicario e, lasciato il maestro che si era scelto, promise obbedienza a colui che il Santo gli assegnò come superiore. Francesco trasse un profondo  sospiro, e rivolto al compagno, che aveva mandato per avvisarlo: «Ho visto, fratello--gli disse--sul dorso del frate disobbediente un diavolo che lo stringeva al collo. Sottomesso e tenuto a briglia da un tale cavaliere, dopo aver scosso il morso dell'obbedienza, si lasciava guidare dalla sua volontà e capriccio. Ma quando ho pregato il Signore per lui, subito il demonio si è allontanato confuso».
 
           Tanto penetrante era lo sguardo di questo uomo, che pur avendo occhi deboli per le cose materiali, li aveva perspicaci per quanto riguarda lo spirito.
 
           E quale meraviglia che venga oppresso da una ignobile soma chi rifiuta di portare il Signore della gloria? Non c'è, dico, altra scelta: o portare un peso leggero, dal quale piuttosto tu stesso sarai portato, oppure essere schiavo della iniquità, che ti aderisce al collo come una macina da asino, più pesante di una massa di piombo.
 
 
 
 
CAPITOLO VII
 
 
LIBERA GLI ABITANTI DI GRECCIO DAI LUPI
 
E DALLA GRANDINE
 
 
 
 
621      35. Il Santo si fermava volentieri nell'eremo di Greccio, sia perché lo vedeva ricco di povertà, sia perché da una celletta appartata, costruita sulla roccia prominente, poteva dedicarsi più liberamente alla contemplazione delle cose celesti. È proprio questo il luogo, dove qualche tempo prima aveva celebrato il Natale del Bambino di Betlemme, facendosi bambino col Bambino.
 
           Ora, gli abitanti del luogo erano colpiti da diversi mali: torme di lupi rapaci attaccavano bestiame e uomini, e inoltre, la grandine stroncava ogni anno messi e viti. Un giorno Francesco, mentre predicava, disse: «A gloria e lode di Dio Onnipotente, ascoltate la verità che vi annunzio. Se ciascuno di voi confesserà i suoi peccati e farà degni frutti di penitenza, vi do la mia parola che questo flagello si allontanerà definitivamente ed il Signore, guardando a voi con amore, vi arricchirà di beni temporali. Ma -- continuò -- ascoltate anche questo: vi avverto pure che se, ingrati dei benefici, ritornerete al vomito, si risveglierà la piaga, raddoppierà la pena e la sua ira infierirà su di voi più crudelmente di prima ».
 
 
           36 Da quel momento, per i meriti e le preghiere del padre santo, cessarono le calamità, svanirono i pericoli, e i lupi e la tempesta non recarono più molestia. Anzi, ciò che più meraviglia, quando la grandine batteva i campi dei vicini e si appressava al loro confine, o cessava lì o si dirigeva altrove.
 
           Ma nella tranquillità crebbero di numero e si arricchirono troppo di beni materiali. Ed il benessere portò le conseguenze solite: affondarono il volto nel grasso e furono accecati dalla pinguedine o meglio dallo sterco della ricchezza. E così, ricaduti in colpe maggiori, si dimenticarono di Dio che li aveva salvati. Ma non impunemente, perché il giusto castigo del Signore colpisce meno severamente chi cade nel peccato una volta di chi è recidivo. Si risvegliò contro di essi il furore di Dio ed ai flagelli di prima si aggiunse la guerra e venne dal cielo una epidemia che fece innumerevoli vittime. Da ultimo, un incendio vendicatore distrusse tutto il borgo.
 
           È ben giusto che chi volge la schiena ai benefici, vada in perdizione.
 
 
 
 
CAPITOLO VIII
 
 
MENTRE PREDICA AGLI ABITANTI Dl PERUGIA,
 
 
PREDICE LA GUERRA CIVILE. LODE DELLA CONCORDIA
 
 
 
622       37. Alcuni giorni dopo il Padre scese dalla cella suddetta e rivolto ai frati presenti disse con voce di pianto: «I Perugini hanno arrecato molto danno ai loro vicini ed il loro cuore si è insuperbito, ma per loro ignominia. Perché si avvicina la vendetta di Dio e questi ha già in pugno la spada». Attese alcuni giorni, poi in fervore di spirito si diresse verso Perugia. I frati poterono dedurre con tutta sicurezza che aveva avuto in cella una visione. Giunto a Perugia, cominciò a parlare al popolo che si era dato convegno. E poiché i cavalieri impedivano l'ascolto della parola di Dio, giostrando, secondo l'uso ed esibendosi in spettacoli d'arme, il Santo, molto addolorato, li apostrofò: «O uomini miseri e stolti, che non riflettete e non temete la punizione di Dio! Ma ascoltate ciò che il Signore vi annunzia per mezzo di questo poverello. Il Signore vi ha innalzati al di sopra di quanti abitano attorno, e per questo dovreste essere più benevoli verso il prossimo e più riconoscenti a Dio. E invece, ingrati per tanto beneficio, assalite con le armi in pugno i vicini, li uccidete e li saccheggiate. Ebbene, vi dico: non la passerete liscia! Il Signore a vostra maggiore punizione vi porterà a rovina con una guerra fratricida, che vedrà sollevarsi gli uni contro gli altri. Sarete istruiti dallo sdegno giacché nulla avete imparato dalla benevolenza».
 
           Poco tempo dopo scoppia la contesa: si impugnano le armi contro i vicini di casa, i popolani infieriscono contro i cavalieri e questi, a loro volta, contro il popolo: furono tali l'atrocità e la strage, che ne provarono compassione anche i confinanti, che pure erano stati danneggiati.
 
           Castigo ben meritato! Si erano allontanati da Dio Uno e Sommo: era inevitabile che neppure tra loro rimanesse l'unità. Non vi può essere per uno Stato un legame più forte di un amore convinto a Dio, unito ad una fede sincera e senza ipocrisie.
 
 
 
 
CAPITOLO IX
 
 
PREDICE AD UNA DONNA LA  CONVERSIONE DEL MARITO
 
 
 
 
623     38. Mentre il servo di Dio si recava alle Celle di Cortona, una nobildonna di Volusiano gli andò incontro in tutta fretta. Dopo lungo cammino, finalmente lo raggiunse ansimante, perché era persona molto delicata e gracile. Quando il padre santissimo la vide così sfinita e trafelata, ne ebbe compassione e le chiese: « Cosa desideri, donna? ». « Padre, che tu mi benedica ». E il Santo: « Sei sposata o no? ».
 
           «Padre,--rispose--ho un marito molto crudele, che mi è di ostacolo nel servire Gesù Cristo. È questo il mio vero tormento: a causa sua non posso mantenere i buoni propositi che il Signore mi ispira. Perciò ti chiedo, o Santo di pregare per lui, affinché Dio nella sua misericordia gli muti il cuore ».
 
           Il Padre rimase ammirato della donna dotata di un animo virile e così piena di senno pur essendo di giovane età. E le rispose molto commosso: «Va, figlia benedetta, e sappi che tuo marito in futuro ti sarà di consolazione ». E aggiunse: « Gli dirai da parte di Dio e mia, che ora è tempo di salvezza, ma più tardi di giustizia ». E la benedisse. La donna se ne tornò a casa ed incontrato il marito riferì quanto le era stato ordinato. Lo Spirito Santo scese improvvisamente su di lui, e trasformatolo da vecchio in uomo nuovo, lo indusse a rispondere con tutta dolcezza: «Donna, serviamo il Signore e salviamo le nostre anime qui nella nostra casa ».
 
           «A me pare--soggiunse la moglie--che dovremmo porre come fondamento, per così dire, nella nostra anima la continenza, e poi edificarvi sopra le altre virtù ».
 
           « Sì, piace anche a me, come precisamente a te », concluse il marito.
 
           Vissero molti anni in castità, e poi passarono da questa vita beatamente nello stesso giorno, uno come olocausto del mattino e l'altro sacrificio della sera.
 
           Donna invidiabile, che ha piegato così il marito alla vera vita! Si avvera in lei il detto dell'Apostolo: il marito non credente si salva per mezzo della moglie credente. Ma queste donne, come dice un proverbio assai comune, oggi si possono contare sulle dita.
 
 
 
 
CAPITOLO X
 
 
IL SANTO CONOSCE IN SPIRITO
 
CHE UN FRATE HA SCANDALIZZATO UN CONFRATELLO
 
E NE PREDICE L' USCITA DALL'' ORDINE
 
 
 
624 39. Una volta giunsero due frati dalla Terra di Lavoro ed il più anziano era stato spesso di scandalo all'altro. Non era, veramente, un compagno ma un tiranno Il più giovane però sopportava tutto con mirabile silenzio per amor di Dio.
 
           Giunti ad Assisi, il più giovane si recò da Francesco, perché gli era familiare. Il Santo, tra l'altro, gli chiese: «Come si è comportato verso di te il tuo compagno in questo viaggio?». «Abbastanza bene in tutto, rispose il frate ». E il Santo di rimando: « Guardati, fratello, dal mentire sotto pretesto di umiltà. Perché so come si è comportato verso di te; ma aspetta un poco e vedrai».
 
           Il frate si meravigliò moltissimo che in spirito fosse venuto a conoscere fatti accaduti a tanta distanza. Non molto tempo dopo, il frate che aveva dato scandalo al compagno, lasciò la vita religiosa e se ne uscì.
 
           Senza dubbio è segno di animo perverso e chiaro indizio di poco buon senso viaggiare assieme ad un buon compagno e non essere dello stesso sentimento.
 
 
 
 
CAPITOLO XI
 
 
CONOSCE CHE UN GIOVANE
 
CHIEDE Dl ENTRARE NELL' ORDINE
 
SENZA VOCAZIONE DIVINA
 
 
 
 
625      40. Nello stesso tempo venne ad Assisi un giovane della nobiltà di Lucca desideroso di entrare nell'Ordine. Presentato a Francesco, in ginocchio implorava a calde lacrime che lo accettasse. Ma, osservandolo attentamente, l'uomo di Dio conobbe per illuminazione del Signore che non era mosso dallo spirito: «Uomo miserabile e carnale, -- gli disse il Santo--, perché pensi di poter mentire allo Spirito Santo e a me? Tu piangi lacrime carnali e il tuo cuore non è con Dio. Vai pure, perché non c'è niente di spirituale in te ».
 
           Aveva appena terminato queste parole, quando annunziarono che alla porta stavano i suoi genitori, giunti per riprendere il figlio e riportarlo a casa. Ed egli, uscito loro incontro, se ne ritornò volontariamente. I frati rimasero meravigliati e glorificavano Dio nel suo servo.
 
 
 
 
CAPITOLO XII
 
 
PREDICE AD UN ECCLESIASTICO DA LUI GUARITO
 
CASTIGHI PEGGIORI SE RICADRÀ NEL PECCATO
 
 
 
 
626      41. Nel tempo in cui il santo padre giaceva ammalato nel palazzo del vescovo di Rieti, era pure costretto in un letto, perché infermo e attanagliato dai dolori, un canonico, di nome Gedeone, uomo sensuale e mondano. Fattosi portare da Francesco, lo scongiurò con lacrime a voler fare su di lui il segno della croce.
 
           Rispose il Santo: «Come posso benedirti se da gran tempo sei vissuto secondo i desideri della carne e senza timore del giudizio di Dio?». E continuò: «Ecco, io ti segno nel nome di Cristo. Ma tu ricordati che subirai pene maggiori se, una volta guarito, ritornerai al tuo vomito». E concluse: «Il peccato della ingratitudine riceve sempre castighi più gravi ».
 
           Tracciato su di lui un segno di croce, subito l'ammalato, che giaceva fino a quel momento rattrappito, si alzò sano, ed esclamò esultante: « Eccomi guarito! ». Molti sono testimoni che le ossa della sua schiena scricchiolarono, come i legni secchi quando sono spezzati a mano. Ma passato poco tempo, dimenticatosi di Dio, si abbandonò di nuovo alla sensualità. Una sera si trovava a cena da un canonico suo collega e si fermò quella notte a casa di lui. All'improvviso crollò su tutti il tetto della casa; ma, mentre gli altri scamparono alla morte, lui solo, lo sventurato, fu schiacciato sotto il peso delle macerie e morì.
 
           E non è meraviglia se, come aveva predetto il Santo, fu colpito da un castigo più grave del primo: perché si deve essere grati per il perdono ricevuto, e offende doppiamente la ricaduta nel peccato.
 
 
 
 
CAPITOLO XIII
 
 
LA TENTAZIONE DI UN FRATE
 
 
 
 
627      42. Durante la permanenza del Santo nello stesso luogo, un frate della custodia della Marsica--uomo di spirito--, era provato da gravi tentazioni. « Oh--pensò in cuor suo--se avessi con me qualcosa di Francesco, anche solo un pezzettino delle sue unghie, credo che di certo svanirebbe tutta questa burrasca di tentazioni e ritornerebbe, con l'aiuto di Dio, il sereno ».
 
           Ottenuto il permesso, si reca al luogo ove era Francesco ed espone il motivo ad uno dei compagni del Padre. «Non credo--gli risponde--che mi sarà possibile darti un ritaglio delle sue unghie, perché quando gliele tagliamo, comanda di buttarle via e di non conservare nulla». Proprio in quel momento chiamano il frate e gli dicono di recarsi dal Santo, che lo desiderava: « Figlio mio,--gli dice -- cerca le forbici per tagliarmi subito le unghie ». Quello presentò lo strumento che teneva già in mano a questo scopo e, raccogliendo i ritagli avanzati, li consegnò al frate, che li aveva chiesti. Questi li prese con devozione, li conservò ancor più devotamente, e subito fu liberato da ogni tentazione.
 
 
 
 
 
CAPITOLO XIV
 
 
UN UOMO OFFRE LA STOFFA
 
CHE IL SANTO AVEVA CHIESTO
 
AL SUO GUARDIANO IN PRECEDENZA
 
 
 
 
628     43. Trovandosi nello stesso luogo, vestito di una tonachetta consunta, il Padre dei poveri disse ad uno dei compagni, che aveva scelto come suo guardiano: «Vorrei, fratello, se ti fosse possibile, che tu mi trovassi la stoffa sufficiente per una tonaca».
 
           A questa domanda, il frate ripensò più volte come provvedere la stoffa tanto necessaria e chiesta così umilmente. Il mattino dopo, sul fare dell'alba, si avvia alla porta diretto alla città per  comperare la stoffa, ed ecco un uomo seduto sulla soglia e che fa cenno di parlargli e gli dice: «Accetta da me per amore di Dio questa stoffa per sei tonache: una tienila per te, e distribuisci le altre come meglio ti piace, per la salvezza dell'anima mia ». Tutto contento il frate ritornò da Francesco e gli parlò di quell'offerta venuta dal cielo. «Accetta pure le tonache, -- rispose il Padre -- perché è stato inviato proprio a questo scopo, per soccorrere in tale modo la mia necessità ». E concluse: «Sia ringraziato Colui che non sembra pensare ad altri che a noi ».
 
 
 
 
CAPITOLO XV
 
 
INVITA IL SUO MEDICO A PRANZO
 
MENTRE I FRATI SONO SPROVVISTI DI TUTTO
 
E IL SIGNORE PROVVEDE ABBONDANTEMENTE AL NECESSARIO.
 
LA PROVVIDENZA DI DIO VERSO I SUOI
 
 
 
 
629      44. Trovandosi Francesco in un eremo presso Rieti , era visitato ogni giorno dal medico per la cura degli occhi.
 
           Una volta il Santo disse ai compagni: « Invitate il medico e preparategli un buon pranzo ».
 
           «Padre,--rispose il guardiano--te lo diciamo con rossore, ci vergogniamo ad invitarlo, tanto siamo poveri in questo momento».
 
 
«Volete forse che ve lo ripeta? » insistette il Santo.
 
           Il medico era presente e intervenne: «Io, fratelli carissimi, stimerò delizia la vostra penuria ».
 
           I frati in tutta fretta dispongono sulla tavola quanto c'è in dispensa: un po' di pane, non molto vino e per rendere più sontuoso il pranzo, la cucina manda un po' di legumi. Ma la mensa del Signore nel frattempo si muove a compassione della mensa dei servi. Bussano alla porta e corrono ad aprire: c'è una donna che porge un canestro pieno zeppo di bel pane, di pesci e di pasticci di gamberi, e sopra abbondanza di miele ed uva.
 
           A tale vista i poveri commensali sfavillarono di gioia, e messa da parte per il giorno dopo quella miseria, mangiarono di quei cibi prelibati. Il medico commosso esclamò: « Né noi secolari e neppure voi frati conoscete veramente la santità di questo uomo». E si sarebbero di certo pienamente sfamati, ma più che il cibo li aveva saziati il miracolo.
 
           Così l'occhio amoroso del Padre non disprezza mai i suoi, anzi assiste con più generosa provvidenza chi è più bisognoso. Il povero si pasce ad una mensa più ricca di quella del re, quanto Dio supera in generosità l'uomo.
 
 
 
LIBERA FRATE RICCERIO DA UNA TENTAZIONE
 
 
 
630     44a. Un frate di nome Riccerio, nobile di costumi quanto di nascita, aveva tanta stima dei meriti di Francesco da credere che uno avrebbe meritato la grazia divina, se avesse goduto della benevolenza del Santo, in caso contrario, sarebbe andato incontro all'ira di Dio. Per questo aspirava ardentemente ad acquistarsi la sua amicizia, ma temeva grandemente che il Santo trovasse in lui qualcosa di vizioso, anche se nascosto, e che ciò lo allontanasse ancor più dalla sua grazia. Questo timore lo torturava di continuo né riusciva a manifestarlo ad alcuno. Ma un giorno, turbato come sempre, si avvicinò alla cella nella quale Francesco stava in preghiera. Conoscendo nello stesso tempo il suo arrivo ed il suo stato d'animo, l'uomo di Dio lo chiamò a sé e gli disse con benevolenza: « Nessun timore, nessuna tentazione ti turbi mai più, figlio mio, perché mi  sei carissimo. E fra quanti mi sono più cari, ti amo di un amore particolare. Vieni a me senza timore, quando ti piace, e da me riparti con tutta libertà a tuo piacimento».
 
 
           Il frate restò pieno di meraviglia e di gioia alle parole del Santo e da allora in poi sicuro del suo affetto, crebbe anche, come era suo convincimento, nella grazia del Salvatore.
 
 
 
CAPITOLO XVI
 
 
ESCE DALLA CELLA PER BENEDIRE DUE FRATI
 
AVENDONE CONOSCIUTO IL DESIDERIO
 
PER DIVINA ISPIRAZIONE
 
 
 
631      45. San Francesco era solito passare l'intera giornata in una cella isolata e non ritornava tra i frati se non quando urgeva la necessità del mangiare. Non andava però nemmeno allora ad ore fisse, perché il desiderio prepotente della contemplazione lo assorbiva assai spesso completamente.
 
           Un giorno arrivarono da lontano all'eremo di Greccio due frati di vita santa e gradita a Dio: volevano unicamente vedere il Santo e riceverne la benedizione lungamente desiderata. Essendo giunti e non trovandolo, perché si era già ritirato dal luogo comune nella sua cella, furono presi da grande tristezza. E poiché si prevedeva una lunga attesa non sapendo con certezza quando sarebbe uscito, presero la via del ritorno afflitti, attribuendo ciò alle loro colpe. I compagni del Santo li accompagnavano, cercando di alleviare la loro tristezza. Quando furono lontani un tiro di sasso, all'improvviso si udi alle loro spalle il Santo che chiamava ad alta voce, e poi disse ad uno dei compagni: « Di' ai miei frati che sono venuti qui, di guardare verso di me ». I frati si voltarono verso di lui, ed egli tracciando un segno di croce li benedisse con grandissimo affetto.
 
           Ed essi tanto più contenti quanto più vantaggiosamente avevano raggiunto l'intento per mezzo di un miracolo, ritornarono a casa lodando e benedicendo il Signore.
 
 
 
CAPITOLO XVII
 
 
CON LA PREGHIERA
 
FA SCATURIRE ACQUA DA UNA ROCCIA
 
PER DISSETARE UN CONTADINO
 
 
 
632     46. Francesco voleva un giorno recarsi ad un eremo per dedicarsi più liberamente alla contemplazione; ma, poiché era assai debole, ottenne da un povero contadino di poter usare del suo asino.
 
           Si era d'estate, ed il campagnolo che seguiva il Santo arrampicandosi per sentieri di montagna, era stanco morto per l'asprezza e la lunghezza del viaggio. Ad un tratto, prima di giungere all'eremo, si sentì venir meno riarso dalla sete. Si mise a gridare dietro al Santo, supplicandolo di avere misericordia di lui, perché senza il conforto di un po' d'acqua sarebbe certamente morto.
 
           Il Santo, sempre compassionevole verso gli afflitti, balzò dall'asino, e inginocchiato a terra alzò le mani al cielo e non cessò di pregare fino a quando si sentì esaudito. «Su, in fretta--gridò al contadino--là troverai acqua viva, che Cristo misericordioso ha fatto scaturire ora dalla roccia per dissetarti ».
 
           Mirabile compiacenza di Dio, che si piega così facilmente ai suoi servi! L'uomo bevve l'acqua scaturita dalla roccia per merito di chi pregava e si dissetò alla durissima selce. Non vi era mai stato in quel luogo un corso d'acqua, né si trovò dopo, per quante ricerche siano state fatte.
 
           Quale meraviglia, se un uomo ripieno di Spirito Santo riunisce  in sé le opere mirabili di tutti i giusti? Non è certo cosa straordinaria, se ripete azioni simili a quelle di altri Santi chi ha il dono di essere unito a Cristo per una grazia particolare.
 
 
 
 
CAPITOLO XVIII
 
IL SANTO NUTRE ALCUNI UCCELLINI
 
ED UNO DI ESSI MUORE PER LA  SUA INGORDIGIA
 
 
 
 
633      47. Un giorno Francesco era seduto a mensa con i frati, quando entrarono due uccellini, maschio e femmina, che poi ritornarono ogni giorno per beccare a piacimento le briciole dalla tavola del Santo, preoccupati di nutrire i loro piccoli. Il Santo ne è lieto, li accarezza come sempre e dà loro a bella posta la razione di cibo quotidiano. Ma un giorno, padre e madre presentano i loro figlioletti ai frati, essendo come stati allevati a loro spese e, affidandoli alle loro cure, non si fanno più vedere. I piccoli familiarizzano con i frati, si posano sulle loro mani e si aggirano in casa non come ospiti, ma di famiglia. Evitano le persone secolari, perché si sentono allievi solamente dei frati. Il Santo osserva stupito ed invita i frati a gioirne: «Vedete--dice-- cosa hanno fatto i nostri fratelli pettirossi, come se fossero intelligenti? Ci hanno detto:--Ecco, frati, vi presentiamo i nostri piccoli, cresciuti con le vostre briciole. Disponete di loro come vi piace: noi andiamo ad altro focolare--».
 
           Così avendo presa piena dimestichezza coi frati, prendevano tutti insieme il cibo. Ma l'ingordigia ruppe la concordia, perché il maggiore cominciò con superbia a perseguitare i più piccoli. Si saziava egli a volontà e poi scacciava gli altri dal cibo. «Guardate--disse il Padre--questo ingordo: pieno e sazio lui, è invidioso degli altri fratelli affamati. Avrà di certo una brutta morte». La sua parola fu seguita ben presto dalla punizione: salì quel perturbatore della pace fraterna su un vaso d'acqua per bere, e subito vi morì annegato. Non si trovò gatto o bestia, che osasse toccare il volatile maledetto dal Santo.
 
           È veramente un male che desta orrore l'egoismo degli uomini, se persino negli uccelli viene punito in questo modo. Ed è pure da temersi la condanna dei Santi, poiché le tiene dietro con tanta facilità il castigo.
 
 
 
 
CAPITOLO XIX
 
 
SI REALIZZA COMPLETAMENTE
 
QUANTO AVEVA PREDETTO DI FRATE BERNARDO
 
 
 
 
634      48. In altra occasione fece questa predizione di frate  Bernardo, che era stato il secondo ad entrare nell'Ordine: «Vi dico che per mettere alla prova frate Bernardo sono stati designati demoni molto scaltri e peggiori degli altri spiriti. Ma quantunque cerchino in tutti i modi di fare precipitare l' astro dal cielo, ben diversa sarà la conclusione. Subirà certo tribolazione, tentazioni ed afflizioni, ma alla fine riporterà vittoria di tutto». Aggiunse ancora: «Presso a morire, svanita ogni burrasca e vinta ormai ogni tentazione, fruirà di una pace e di una tranquillità meravigliosa. E terminato il suo corso, passerà felicemente a Cristo ».   
 
In realtà avvenne così: vari miracoli resero celebre la sua morte e si avverò in pieno la parola del Santo. Per questo, i frati alla sua morte confessarono: «Davvero, noi non abbiamo conosciuto questo fratello, mentre viveva ».
 
           Ma lasciamo ad altri il compito di tessere le lodi di questo Bernardo.
 
 
 
 
CAPITOLO XX
 
 
UN FRATE TENTATO
 
 
DESIDERA UN AUTOGRAFO DEL SANTO
 
 
 
 
635      49. Mentre il Santo era sul monte della Verna, chiuso nella sua cella, un confratello desiderava ardentemente di avere a sua consolazione uno scritto contenente parole del Signore con brevi note scritte di proprio pugno da san Francesco. Era infatti convinto che avrebbe potuto superare o almeno sopportare più facilmente la grave tentazione, non della carne ma dello spirito, da cui si sentiva oppresso.
 
           Pur avendone un vivissimo desiderio, non osava confidarsi col Padre santissimo ma ciò che non gli disse la creatura, glielo rivelò lo Spirito.
 
           Un giorno Francesco lo chiama: « Portami--gli dice-- carta e calamaio, perché voglio scrivere le parole e le lodi del Signore, come le ho meditate nel mio cuore ».
 
           Subito gli portò quanto aveva chiesto, ed egli, di sua mano, scrisse le Lodi di Dio e le parole che aveva in animo. Alla fine aggiunse la benedizione del frate e gli disse: « Prenditi questa piccola carta e custodiscila con cura sino al giorno della tua morte ».
 
           Immediatamente fu libero da ogni tentazione, e lo scritto, conservato, ha operato in seguito cose meravigliose.
 
 
 
 
CAPITOLO XXI
 
 
DONA ALLO STESSO FRATE LA SUA  TONACA
 
COME DESIDERAVA
 
 
 
 
636      50. Riguardo allo stesso frate è rimasto famoso un altro fatto mirabile del padre santo. Mentre infatti era ammalato nel palazzo episcopale di Assisi, detto frate pensò tra sé e sé: «Ecco che il Padre si avvicina alla morte, e come sarei contento se, una volta morto, potessi avere la tonaca del Padre mio!».
 
           Come se il desiderio del cuore si fosse espresso con la bocca, poco dopo Francesco lo chiama: «Ti do questa tonaca,--gli dice--prendila, da oggi è tua. Io la porterò finché vivo, ma alla mia morte deve passare a te ».
 
           Meravigliato di tanta intuizione del Padre, il frate accettò finalmente consolato la tonaca, che più tardi fu portata in Francia per devozione.
 
 
 
 
CAPITOLO XXII
 
 
DI NOTTE DIETRO SUA RICHIESTA
 
VIENE TROVATO UN PO' DI PREZZEMOLO
 
TRA ERBE SELVATICHE
 
 
 
 
637      51. Negli ultimi tempi della sua malattia, una notte  chiese umilmente di mangiare del prezzemolo, provandone vivo desiderio. Ma il cuoco, che era stato invitato a portargliene, rispose che a quell'ora non avrebbe trovato nulla nell'orto: «Nei giorni passati -- disse -- di continuo ho raccolto una quantità di prezzemolo e tanto ne ho tagliato che riesco a mala pena a trovarne un filo in piena luce del giorno. Tanto più non riuscirò a riconoscerlo tra le altre erbe ora in piena notte».
 
           «Vai fratello,--gli rispose il Santo--non ti dispiaccia, e portami le prime erbe che toccherai con la tua mano».
 
           Andò il frate nell'orto e portò in casa un mazzo di erbe che aveva strappato a caso senza nulla vedere. I frati osservano quelle erbe selvatiche, le passano in rassegna con molta attenzione, ed ecco in mezzo, prezzemolo tenero e ricco di foglie.
 
           Avendone mangiato un poco, il Santo provò molto conforto e rivolto ai frati: «Fratelli miei,--disse--obbedite al primo comando, senza aspettare che venga ripetuto. E non portate come pretesto la impossibilità, perché se da parte mia vi comandassi anche qualcosa al di sopra delle forze, l'obbedienza troverebbe la forza necessaria ».
 
           Ecco fino a qual punto lo spirito profetico faceva risaltare in lui il dono dello spirito!
 
 
 
 
CAPITOLO XXIII
 
 
PREDICE UNA CARESTIA
 
NEL TEMPO SUCCESSIVO ALLA SUA MORTE
 
 
 
 
638      52. Gli uomini santi a volte sono portati, per impulso dello Spirito Santo, a manifestare alcune cose che li riguardano, o perché la gloria di Dio esige che si riveli un colloquio o lo richiede il dovere della carità, a edificazione del prossimo.
 
           Per questo, un giorno il beato padre riferì ad un frate, che amava moltissimo, queste parole, che proprio allora aveva riportate dal suo incontro personale intimo con la Maestà  Divina: « Ora--disse--vive sulla terra un servo di Dio, in vista del quale il Signore non permetterà che la fame infierisca sugli uomini, sino a quando vivrà».
 
           Non vi è nulla di vanità in questo, ma è il racconto santo che la carità ha suggerito a nostro bene con parole sante, modeste: quella carità, che non cerca il suo interesse.
 
           E non poteva essere taciuto con un silenzio inutile la prerogativa di un così grande amore di Cristo per il suo servo.
 
           Abbiamo infatti visto tutti coi nostri occhi come siano trascorsi nella pace e nella quiete i tempi, sino a quando è stato in vita il servo di Cristo e quale abbondanza vi sia stata di ogni bene. Non si pativa fame della parola di Dio, perché i predicatori erano allora soprattutto pieni di fervore ed i cuori di quanti ascoltavano erano graditi a Dio. Chi portava l'abito religioso rifulgeva per esempi di santità. L'ipocrisia dei sepolcri imbiancati non aveva ancora intaccato anime così sante, né quanti sanno mascherarsi avevano sparso col loro insegnamento tante novità e tante favole.
 
           Giustamente quindi abbondavano i beni materiali, poiché tutti amavano così sinceramente quelli eterni.
 
 
639      53. Ma con la sua morte, si invertì completamente l'ordine delle cose e tutto mutò: ovunque guerre e sommosse e molti Stati furono subito devastati dall'infuriare di epidemie diverse. Anche l'orrore della carestia si diffuse in lungo e in largo, causando con la sua crudeltà, che supera tutti gli altri mali, numerosissimi morti. La necessità infatti mutò in cibo tutto in quel momento e veniva triturato dal dente dell'uomo anche ciò che i bruti solitamente rifiutavano. Si preparava infatti il pane con gusci di noci e corteccia d'albero. Qualcuno ha chiaramente ammesso che l'amore paterno sotto la spinta della fame non era rimasto afflitto, per usare un eufemismo, per la morte del figlio.
 
           Ma affinché sia del tutto palese chi fosse quel servo fedele, per amore del quale la collera divina aveva trattenuto la sua mano, lo rivelò Francesco stesso. Pochi giorni dopo la sua morte, al frate al quale ancora in vita aveva predetto la calamità, manifestò in modo chiaro che era lui il servo di Dio.
 
           Infatti una notte il frate nel sonno si sentì chiamare ad alta voce: «Fratello, è imminente la carestia, che il Signore non ha  permesso che venisse sulla terra, finché io ero vivo». Il frate si svegliò a quella voce e riferì più tardi l'accaduto. Tre notti dopo il Santo gli apparve nuovamente e gli ripeté la stessa cosa.
 
 
 
 
CAPITOLO XXIV
 
 
LA CHIAROVEGGENZA DEL SANTO E LA NOSTRA IGNORANZA
 
 
 
 
640      54. Nessuno deve meravigliarsi se questo profeta del nostro tempo si distingueva per tali privilegi: il suo intelletto, libero dalla nebbia densa delle cose terrene e non più soggetto alle lusinghe della carne, saliva leggero alle altezze celesti e si immergeva puro nella luce. Irradiato in tal modo  dallo splendore della luce eterna, attingeva dalla Parola increata ciò che riecheggiava nelle parole. Oh, quanto siamo diversi oggi, noi che avvolti dalle tenebre ignoriamo anche  le cose necessarie!
 
           E quale la causa, se non perché siamo amici della carne ed anche noi ci imbrattiamo di mondanità? Se invece assieme alle mani, innalzassimo i nostri cuori al cielo, se stabilissimo la nostra dimora nei beni eterni, verremmo forse a conoscere ciò che ignoriamo: Dio e noi stessi.
 
           Chi vive nel fango, vede necessariamente solo fango; mentre non è possibile che l'occhio fisso al cielo non comprenda le realtà celesti.
 
 
 
LA POVERTÀ
 
 
CAPITOLO XXV
 
 
 
641      55. Mentre si trovava in questa valle di lacrime, il  beato padre disprezzava le povere ricchezze comuni ai figli degli uomini e aspirava di tutto cuore alla povertà, desiderando più alta gloria. E poiché osservava che la povertà, mentre era stata intima del Figlio di Dio, veniva pressoché rifiutata da tutto il mondo, bramò di sposarla con amore eterno. Perciò innamorato della sua bellezza, per aderire più fortemente alla sposa ed essere due in un solo spirito, non solo lasciò padre e madre, ma si distaccò da tutto. Da allora la strinse in casti amplessi e neppure per un istante accettò di non esserle sposo. Ripeteva ai suoi figli che questa è la via della perfezione, questo il pegno e la garanzia delle ricchezze eterne. Nessuno fu tanto avido di oro, quanto lui di povertà, né alcuno più preoccupato di custodire un tesoro, quanto  lui la gemma evangelica. Il suo sguardo in questo si sentiva particolarmente offeso, se nei frati--o in casa o fuori-- vedeva qualcosa di contrario alla povertà.
 
           E in realtà, dall'inizio della sua vita religiosa sino alla morte, ebbe come sua ricchezza una tonaca sola, cingolo e calzoni: non ebbe altro. Il suo aspetto povero indicava chiaramente dove accumulasse le sue ricchezze. Per questo, lieto, sicuro, agile alla corsa, godeva di aver scambiato con un bene che valeva cento volte le ricchezze destinate a perire.
 
 
 
LA POVERTA' DELLE CASE
 
 
 
CAPITOLO XXVI
 
 
 
 
642     56. Insegnava ai suoi a costruirsi piccole abitazioni e povere, di legno non di pietra, e cioè piccole capanne, di forma umile. Spesso, parlando della povertà, ricordava ai  frati il detto evangelico: «Le volpi hanno tane e gli uccelli del cielo nidi, ma il Figlio di Dio non ebbe dove posare il capo ».
 
 
 
 
CAPITOLO XXVII
 
 
COMINCIA A DEMOLIRE UNA CASA
 
PRESSO LA PORZIUNCOLA
 
 
 
 
643      57. Una volta si doveva tenere il Capitolo presso Santa Maria della Porziuncola. Mentre era imminente il tempo fissato, il popolo di Assisi osservò che non vi era una abitazione adatta e, all'insaputa dell'uomo di Dio, assente in quel periodo, costruì una casa per il Capitolo, nel minor tempo possibile.
 
           Quando il Padre ritornò, guardò con meraviglia quella casa e ne fu molto amareggiato e addolorato. Subito, per primo, si accinse ad abbatterla. Salì sul tetto e con mano vigorosa rovesciò lastre e tegole. Pure ai frati comandò di salire e di togliere del tutto quel mostro contrario alla povertà. Perché, diceva, qualunque cosa troppo vistosa fosse stata tollerata in quel luogo, ben presto si sarebbe diffusa per l'Ordine e sarebbe stata presa come esempio da tutti.
 
           Ed avrebbe demolito dalle fondamenta la casa, se i soldati presenti non si fossero opposti al fervore del suo spirito, dichiarando che apparteneva non ai frati, ma al Comune.
 
 
 
CAPITOLO XXVIII
 
 
DA UNA CASA DI BOLOGNA
 
FA USCIRE ANCHE GLI INFERMI
 
 
 
 
644      58. Un'altra volta, stava tornando da Verona con l'intenzione di passare per Bologna, quando udi che vi era stata costruita una nuova casa dei frati. Poiché la voce diceva «casa dei frati», egli cambiò direzione e passò altrove non andando a Bologna. Mandò poi a dire ai frati di uscire subito da quella casa. Per questo motivo, lasciato il luogo non vi rimasero neppure i malati, ma furono fatti uscire assieme agli altri.
 
           Né fu dato permesso di ritornarvi sino a quando il Signor Ugolino, allora vescovo di Ostia e Legato in Lombardia, predicando proclamò davanti a tutti che la suddetta casa era sua. Ne è testimone e riferisce il fatto uno che trovandosi ammalato, fu in quella occasione allontanato dalla casa.
 
 
 
 
 
 
CAPITOLO XXIX
 
 
RIFIUTA DI ENTRARE IN UNA CELLA
 
CHIAMATA CON IL SUO NOME
 
 
 
 
645      59 Non voleva che i frati abitassero in alcun luogo  per quanto piccolo, se non constava con certezza chi ne fosse il proprietario. Infatti nei suoi figli pretese sempre la condizione di pellegrini, cioè che si raccogliessero sotto tetto altrui, passassero da un luogo all'altro pacificamente e sentissero nostalgia della patria.
 
           Avvenne che nell'eremo di Sarteano un frate chiedesse ad un confratello da dove venisse. «Dalla cella di frate Francesco», rispose. Come l'udi, il Santo disse: «Poiché hai dato alla cella il nome di Francesco, facendola mia proprietà, cerca un altro che vi abiti, perché io non vi rimarrò più». E continuò: « Il Signore, quando rimase nel deserto, dove pregò e digiunò per quaranta giorni, non si fece costruire una cella né casa alcuna, ma dimorò sotto una roccia del monte. Noi lo possiamo seguire, secondo la forma prescritta, non possedendo nulla di proprio, quantunque non ci sia possibile vivere senza l'uso di abitazioni ».
 
 
 
LA POVERTÀ NELL' ARREDAMENTO
 
 
 
CAPITOLO XXX
 
 
 
 
646      60. Questo uomo non solo aborriva il lusso delle case,  ma provava pure grande orrore per l'abbondanza e la ricercatezza delle suppellettili. Non vedeva di buon occhio nulla che sapesse di mondanità o nelle mense o nel vasellame. Tutto doveva proclamare quasi in canto il loro stato di esuli e di pellegrini.
 
 
 
 
CAPITOLO XXXI
 
 
LA MENSA PREPARATA A GRECCIO NEL GIORNO DI PASQUA:
 
FRANCESCO SI PRESENTA COME PELLEGRINO
 
SEGUENDO L' ESEMPIO DI CRISTO
 
 
 
 
647      61. Un giorno di Pasqua, nell'eremo di Greccio i frati avevano preparata la mensa in modo più accurato del solito, con tovaglie bianche e bicchieri di vetro. Anche il Padre scende dalla cella per mangiare e vede la mensa rialzata da terra e preparata con inutile ricercatezza. Ma se la mensa ride, egli non sorride affatto.
 
           Di nascosto e adagio adagio ritrae il passo, si pone in testa il cappello di un povero, presente in quel momento, e con un bastone in mano se ne esce fuori. E alla porta aspetta che i frati comincino a mangiare, perché erano soliti non aspettarlo quando non giungeva al segnale fissato.
 
           Hanno appena cominciato e quel vero povero si mette a gridare dalla porta: «Per amore del Signore Iddio, fate l'elemosina a questo pellegrino povero e ammalato».
 
           «Entra pure qui, tu, per amore di colui che hai invocato», gli rispondono i frati.
 
           Entra subito e si presenta ai commensali. Quale stupore dovette destare il pellegrino in quei comodi cittadini!
 
           Gli danno, a sua richiesta, una scodella ed egli, seduto solo per terra, la pone sulla cenere. «Ora sì,--esclama-- sto seduto come un frate minore!»   E rivolto ai frati: «Gli esempi della povertà del Figlio di Dio devono stimolare noi più degli altri religiosi. Ho visto una mensa preparata con ricercatezza ed ho pensato che non fosse quella di poveri che vanno di porta in porta ».
 
           Il seguito del fatto dimostra come Francesco fu simile a quel pellegrino, che nello stesso giorno era solo in Gerusalemme, e nondimeno con le sue parole rese ardente il cuore dei discepoli.
 
 
 
 
CAPITOLO XXXII
 
 
CONTRO IL DESIDERIO SMODATO DEI LIBRI
 
 
 
 
648    62. Insegnava a cercare nei libri la testimonianza del Signore, non il valore materiale; l'edificazione non la bellezza. In ogni caso voleva che se ne avessero pochi e fossero sempre a disposizione dei frati che ne avessero bisogno. Un ministro gli chiese licenza di tenere alcuni libri lussuosi e molto costosi. Si sentì rispondere: «Per i tuoi libri non voglio perdere il libro del Vangelo, che ho promesso di osservare. Tu farai come vorrai, ma non voglio che stendi un tranello con il mio permesso ».
 
 
 
 
LA POVERTA' NEI LETTI
 
 
 
CAPITOLO XXXIII
 
 
EPISODIO DEL SIGNORE D' OSTIA E SUA LODE
 
 
 
 
649      63. Nei giacigli e nei letti abbondava così ricca povertà che se uno poteva avere qualche povero panno consunto sulla paglia, lo considerava un letto nuziale.
 
           Mentre si teneva il Capitolo a Santa Maria della Porziuncola, il Signor di Ostia con largo seguito di cavalieri e di ecclesiastici si  recò là a fare visita ai frati. Al vedere come i frati dormivano per terra ed osservando i letti,--che avresti creduto covili di fiere--scoppiò in lacrime amare: « Ecco, dove dormono i frati! » esclamò di fronte a tutti, ed aggiunse: «Cosa sarà di noi miseri, che usiamo malamente di tante cose superflue?».
 
           Tutti i presenti, commossi sino alle lacrime, si allontanarono assai edificati.
 
           Questi era il Signore d'Ostia, che fatto poi porta massima della Chiesa, si oppose sempre ai nemici, fino a che rese al cielo, come ostia santa, I'anima beata.
 
           O cuore generoso, o viscere di carità! Posto in alto, si affliggeva di non avere alti meriti, mentre in realtà era più insigne per la virtù che per la dignità.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
CAPITOLO XXXIV
 
 
COSA GLI ACCADDE UNA NOTTE
 
PER UN GUANCIALE DI PIUME
 
 
 
 
650      64. Poiché abbiamo fatto cenno ai letti, viene a mente un altro episodio forse utile a ricordarsi.
 
           Da quando convertito a Cristo aveva dimenticato volontariamente le cose terrene, il Santo non volle più coricarsi su un materasso, né avere sotto il capo un cuscino di piume. Né infermità né ospitalità offertagli da altri potevano infrangere questa barriera di severità.
 
           Gli capitò però nell'eremo di Greccio, che, essendo ammalato agli occhi più del solito, fu costretto controvoglia a servirsi di un modesto cuscino. Durante la prima notte sul far del giorno, il Santo chiama il compagno e gli dice « Fratello, non ho potuto dormire questa notte e neppure stare in piedi a pregare. Mi trema il capo, si piegano le ginocchia e mi sento scosso in tutto il corpo come se avessi mangiato pane di loglio. Credo--aggiunse--che vi sia il diavolo in questo cuscino che ho sotto il capo. Toglilo via, perché non voglio più avere il diavolo sotto la testa».
 
           Il frate cerca di consolare il Padre, che continua a lamentarsi sottovoce, e prende a volo il cuscino, che gli è stato gettato, per portarlo via. Sta per uscire, quando alI'improvviso perde la parola, ed è colto da tanto orrore e bloccato in tale modo che non riesce a muoversi dal luogo né ad articolare minimamente le braccia.
 
           Poco dopo fu chiamato dal Santo, che si era accorto del fatto: fu così liberato e, tornato indietro, raccontò quello che gli era accaduto. «Ieri sera--gli disse il Santo-- mentre recitavo compieta, ho capito con tutta chiarezza che il diavolo stava per venire alla mia cella». E aggiunse: «Il nostro nemico è molto astuto e di sottile ingegno: non potendo nuocere dentro all'anima, offre materia di malcontento almeno al corpo».
 
           Facciano bene attenzione quelli che dispongono cuscini da ogni lato, così da appoggiarsi sul soffice ovunque si rivoltino. Il diavolo segue volentieri la molta ricchezza, gode di stare vicino a letti di gran pregio, particolarmente quando non si è costretti da necessità e lo vieta l'ideale professato.
 
           E al contrario l'antico serpente rifugge dall'uomo spoglio d'ogni cosa, sia perché sdegna la compagnia del povero, sia perché teme l'altezza della povertà. Se il frate riflette che sotto le piume c'è il diavolo, il suo capo sarà contento della paglia.
 
 
 
 
ESEMPI DI AVVERSIONE AL DENARO
 
 
 
CAPITOLO XXXV
 
 
SEVERA CORREZIONE AD UN FRATE
 
CHE LO HA TOCCATO CON LE MANI
 
 
 
 
651      65. Francesco, sommamente innamorato di Dio, aveva un grande disprezzo per tutte le cose terrene, ma soprattutto detestava il denaro. Cominciò a disprezzarlo in modo tutto particolare fino dagli inizi della sua conversione e raccomandava ai seguaci di fuggirlo come il diavolo in persona. Aveva suggerito loro questo accorgimento, di fare lo stesso conto del denaro e dello sterco.
 
           Un giorno entrò a pregare in Santa Maria della Porziuncola un secolare e depose la sua offerta in denaro presso la croce. Appena questi uscì, un frate la prese semplicemente con la mano e la gettò sul muretto della finestra. La cosa fu riferita al Santo, ed il frate vedendosi scoperto in fallo, corse per averne il perdono e si prostrò a terra in attesa della punizione. Il Santo lo accusò e rimproverò aspramente per avere toccato il denaro e gli comandò di togliere con la bocca la moneta dalla finestra e di deporla sempre con la bocca fuori casa, su sterco d'asino. Il frate eseguì volentieri l'ordine ed i presenti furono pieni di timore. Tutti impararono a disprezzare ancor più il denaro, che era stato paragonato così allo sterco, e venivano animati a questo atteggiamento ogni giorno da nuovi esempi.
 
 
 
 
CAPITOLO XXXVI
 
 
CASTIGO Dl UN FRATE
 
CHE HA RACCOLTO DA TERRA DEL DENARO
 
 
 
 
652     66. Una volta due frati, camminando insieme giungono presso un ospedale dei lebbrosi. Sulla strada scorgono del denaro e si fermano discutendo cosa fare di quello sterco. Uno di essi, ridendosi degli scrupoli del fratello, vorrebbe raccoglierlo per offrirlo a quelli che servono, a pagamento, i lebbrosi. Ma glielo impedisce il compagno, col dirgli che è ingannato da falsa pietà. Ricorda pure al temerario la parola della Regola, dalla quale risulta abbastanza chiaro che il denaro trovato deve essere calpestato come polvere; ma quello, testardo di natura, rifiuta gli avvertimenti. Trascurando la Regola, si china e raccoglie la moneta. Ma non sfugge al castigo divino: sull'istante è reso muto, batte i denti e non riesce a dire una parola.
 
           A questo modo il castigo mise in luce la sua insania, e quel superbo punito imparò ad obbedire alla legge del padre. Infine, gettato via quel puzzo disgustoso, le sue labbra impure si purificarono alle acque della penitenza e si aprirono alla lode.
 
           Lo conferma il vecchio proverbio: Correggi lo stolto e ti sarà amico.
 
 
 
 
CAPITOLO XXXVII
 
 
RIMPROVERA UN FRATE
 
CHE VORREBBE METTERE DA PARTE DEL DENARO
 
CON IL PRETESTO DELLA NECESSITÀ
 
 
 
 
653      67. Il vicario del Santo, frate Pietro di Cattanio aveva osservato che a Santa Maria della Porziuncola arrivava un gran numero di frati forestieri e che le elemosine non erano così abbondanti da bastare alle necessità. Si rivolse allora a Francesco e gli disse: «Non so, fratello, cosa debba fare, perché non posso provvedere a sufficienza ai molti frati, che giungono qui a frotte da ogni parte. Permetti, ti prego, che si conservi parte dei beni dei novizi, che vengono all'Ordine, per farvi ricorso e spenderli al momento opportuno ».
 
           «Fratello carissimo,--rispose il Santo--Dio ci liberi da una tale pietà, che per un uomo, chiunque sia, ci comportiamo in modo empio verso la  Regola».
 
           E quello: « Allora, cosa debbo fare? ».
 
           «Spoglia--rispose--l'altare della Vergine e portane via i vari arredi, se non potrai soddisfare diversamente le esigenze di chi ha bisogno. Credimi, le sarà più caro che sia osservato il Vangelo del Figlio suo e nudo il suo altare piuttosto che vedere l'altare ornato e disprezzato il Figlio. Il Signore manderà poi chi possa restituire alla Madre quanto ci ha dato in prestito».
 
 
 
 
 
CAPITOLO XXXVIII
 
 
DENARO MUTATO IN SERPENTE
 
 
 
 
654      68. Passava una volta l'uomo di Dio con un compagno attraverso la Puglia e, presso Bari, s'imbatté sulla strada in una gran borsa, chiamata fonda dai commercianti, gonfia di monete. Il compagno richiama l'attenzione del Santo e con insistenza vorrebbe indurlo a prendere da terra la borsa, per darne il denaro ai poveri. Esalta la pietà per i poveri e loda l'opera di misericordia che si compirebbe elargendo quella somma.
 
           Il Santo si rifiuta assolutamente e afferma che è una astuzia del diavolo. «Non si deve, figlio,--dice--portare via ciò che è di altri. Donare la roba altrui non merita gloria, ma va punito perché è peccato».
 
           Si allontanano poi presi dalla fretta di terminare il viaggio iniziato. Ma il compagno, deluso nella sua pietà poco illuminata, non è contento e insiste nel proporre la trasgressione.
 
           Il Santo accetta di ritornare sul luogo, non per fare quanto il frate desidera, ma per mostrare a quello stolto il mistero di Dio. Chiama un giovane, che era seduto sull'orlo di un pozzo lungo la strada, affinché sulla parola di due o tre testimoni si manifesti il segreto della Trinità. E ritornati tutti e tre alla fonda, la vedono rigonfia di denaro.
 
           Il Santo ordina che nessuno si avvicini, per poter manifestare con la preghiera l'astuzia del demonio e, portatosi  a un tiro di sasso, si immerge in devota preghiera. Poi ritornato ordina al compagno di sollevare la borsa, che in seguito al suo pregare racchiudeva un serpente in vece del denaro.
 
           Il frate trema sconcertato, e preso non so da quale presentimento, rivolge nell'animo pensieri ben diversi da prima. Ma infine, allontanando ogni dubbiosità del cuore per rispetto alla santa obbedienza, afferra la borsa. Ed ecco, un grosso serpente sguscia dalla borsa e rende palese al frate l'inganno diabolico. Concluse il Santo: «Il denaro, o fratello, per i servi di Dio non è altro che il diavolo ed un serpente velenoso».
 
 
 
 
LA POVERTA' DEI VESTITI
 
 
 
CAPITOLO XXXIX
 
 
IL SANTO RIMPROVERA CON LA  PAROLA E L' ESEMPIO
 
CHI SI VESTE CON RAFFINATA DELICATEZZA
 
 
 
 
 
655       69. Rivestito di virtù dall'alto, Francesco era interiormente caldo di fuoco divino, più di quanto lo fosse all'esterno per il vestito del corpo. Detestava chi nell'Ordine indossava molte vesti  ed usava senza necessità indumenti delicati. Asseriva inoltre che dà segno di spirito estinto colui che accampa la necessità, mosso non dalla ragione ma dai sensi.
 
           «Quando lo spirito -- diceva -- si intiepidisce e si raffredda gradatamente, è inevitabile che la carne ed il  sangue cerchino ciò che è loro proprio. Cosa rimane infatti quando l'anima non trova più i suoi piaceri, se non che la carne si rivolga ai suoi? Allora l'istinto naturale maschera il momento della necessità e la mentalità carnale forma la coscienza».
 
           E aggiungeva: « Ammettiamo pure che un mio frate si trovi in vera necessità, che lo colpisca un qualsiasi bisogno: quale ricompensa ne avrà, se cerca in tutta fretta di soddisfarli e di allontanarli da sé? Gli è capitata un'occasione di merito, ma ha dimostrato bellamente di non gradirla ». Con queste e simili parole inchiodava quelli che erano intolleranti delle ristrettezze, perché il non sopportarle pazientemente non vuole dire altro che desiderare nuovamente l'Egitto.
 
           Inoltre non voleva che per alcun motivo i frati avessero più di due tonache, che tuttavia permetteva di rinforzare cucendovi pezze.
 
           Comandava di avere in orrore gli indumenti delicati e rimproverava in modo durissimo, davanti a tutti, quanti venivano meno. E per confondere questi tali col suo esempio, cucì del sacco ruvido sulla propria tonaca; anche in morte chiese che la tonaca per le esequie fosse ricoperta di sacco grossolano.
 
           Tuttavia ai frati stretti da malattia o altra necessità, permetteva che portassero sotto, aderente alla pelle, una tonaca morbida, in modo però che all'esterno l'abito si conservasse sempre ruvido e vile.
 
           Diceva infatti: «Tanto si mitigherà il rigore e trionferà la tiepidezza, che i figli di un padre povero non si vergogneranno di portare abiti di scarlatto, mutandone solo il colore». Ne deriva che non è a te, o Padre, che mentiamo noi figli degeneri, ma la nostra iniquità mente piuttosto a se stessa. Ecco infatti, che diventa più chiara della luce e cresce ogni giorno più.
 
 
 
 
CAPITOLO XL
 
 
CHI SI ALLONTANA DALLA POVERTA',
 
SARÀ PUNITO DALLA MISERIA
 
 
 
 
656       70. A volte il Santo era solito anche ripetere: «Quanto i frati si allontaneranno dalla povertà, altrettanto il mondo si allontanerà da loro, e cercheranno, ma non troveranno. Ma se rimarranno abbracciati alla mia signora povertà, il mondo li nutrirà, perché sono stati dati al mondo per la sua salvezza».
 
           E ancora: «Vi è un patto tra il mondo ed i frati: i frati si obbligano a dare al mondo il buon esempio, ed il mondo a provvedere alle loro necessità. Se, rompendo i patti, i frati ritireranno da parte loro il buon esempio, il mondo per giusto castigo ritrarrà la mano».
 
 
657      Per riguardo alla povertà, l'uomo di Dio aveva paura del  gran numero di frati, perché se non in realtà, almeno in apparenza anche ciò è segno di ricchezza. Perciò diceva: «Oh, potesse venire, dico, venga il giorno in cui il mondo vedendo i frati minori assai di raro, ne abbia stima per il loro piccolo numero!».
 
           Stretto da un legame indissolubile a madonna Povertà, non mirava alla sua dote presente, ma a quella futura.
 
658      Cantava pure con più fervido affetto e gaudio più lieto i salmi che magnificano la povertà, come quello che dice: La speranza dei poveri non sarà delusa in eterno, e l'altro: Vedano i poveri e si rallegrino.
 
 
 
 
DEL CHIEDERE L'ELEMOSINA
 
 
 
CAPITOLO XLI
 
 
ELOGIO DEL CHIEDERE L' ELEMOSINA
 
 
 
 
659      71.       Il Padre usava molto più volentieri delle elemosine raccolte di porta in porta che di quelle fatte spontaneamente. Diceva che vergognarsi di mendicare è contrario alla salvezza, mentre ribadiva, nel mendicare è santa la vergogna che non ritrae il piede. Per lui era meritevole di lode il rossore, che spunta su un volto sensibile, ma non altrettanto l'imbarazzo che confonde. A volte esortando i suoi a domandare la carità, usava queste parole: «Andate, perché in questo ultimo tempo i frati minori sono stati dati al mondo, affinché gli eletti compiano verso di essi azioni degne di essere premiate dal Giudice: Ciò che avete fatto ad uno di questi miei fratelli minori l'avete fatto a me. Per questo diceva che il suo ordine aveva ricevuto un singolare privilegio dal Grande Profeta, che ne aveva indicato così chiaramente il nome.
 
           E pertanto voleva che i frati abitassero non solo nelle città, ma anche negli eremi, affinché tutti vi trovassero occasione di merito e fosse tolta ai malvagi ogni apparenza di scusa.
 
 
 
 
CAPITOLO XLII
 
 
ESEMPIO DEL SANTO NEL CHIEDERE L' ELEMOSINA
 
 
 
 
660    72. Per non offendere neppure una volta quella santa sposa, il servo del Dio altissimo si comportava solitamente così: se, invitato da persone facoltose, prevedeva di essere onorato con mense piuttosto copiose, prima andava elemosinando alle case vicine tozzi di pane e poi, così ricco di povertà, correva a sedersi a tavola.
 
           A chi gli chiedeva perché facesse così, rispondeva che per un feudo di un'ora, non voleva lasciare una eredità stabile. « È la povertà--diceva--che ci ha fatti eredi e re del regno dei cieli, non le vostre false ricchezze ».
 
 
 
 
CAPITOLO XLIII
 
 
COME SI COMPORTÒ IN CASA DEL SIGNOR D' OSTIA
 
E SUA RISPOSTA AL VESCOVO
 
 
 
 
661      73. Un giorno Francesco fece visita al papa Gregorio, di veneranda memoria, quando era ancora di dignità inferiore. Avvicinandosi l'ora del pranzo, andò ad elemosinare e, di ritorno, dispose sulla tavola del vescovo frustoli di pane nero.
 
           Il vescovo, quando li vide, sentì piuttosto vergogna, soprattutto a causa dei nuovi invitati. Il Padre con volto lieto distribuì ai cavalieri e ai cappellani commensali i tozzi di pane: tutti li accettarono con particolare devozione, e alcuni di essi ne mangiarono, altri li conservarono per riverenza. Finito il pranzo, alzatosi, il vescovo chiamò nella sua stanza l'uomo di Dio, e protendendo le braccia, lo strinse amorosamente: «Fratello mio,--gli disse--perché nella casa che è tua e dei tuoi fratelli, mi hai fatto il torto di andare per l'elemosina?».
 
           «Anzi,--rispose il Santo--vi ho reso onore, onorando un Signore più grande. Perché Dio si compiace della povertà, e soprattutto della mendicità volontaria. Da parte mia ritengo dignità regale e insigne nobilità seguire quel Signore, che pur essendo ricco si è fatto povero per noi ». E aggiunse: «Trovo maggiori delizie in una mensa povera preparata con piccole elemosine, che in una ricca dove a mala pena si conta il numero delle portate».
 
           Il vescovo ne rimase moltissimo edificato e disse al Santo: «Figlio, fa pure ciò che ti sembra bene, perché il Signore è con te ».
 
 
 
 
 
 
 
 
CAPITOLO XLIV
 
 
ESORTA CON L' ESEMPIO E LA PAROLA
 
A CHIEDERE L' ELEMOSINA
 
 
 
 
662      74. Da principio, sia per allenare se stesso alla mortificazione sia per indulgenza verso la ritrosia dei frati, spesso andava per l'elemosina lui solo. Ma una volta, vedendo che molti non sentivano l'esigenza della loro vocazione, disse: «Carissimi fratelli, il Figlio di Dio era più nobile di noi, eppure per noi si è fatto povero in questo mondo. Per suo amore abbiamo scelto la via della povertà: non dobbiamo sentirci umiliati di andare per l'elemosina. Non è  mai decoroso per gli eredi del regno arrossire della caparra  della eredità celeste. Vi dico che molti nobili e sapienti si uniranno alla nostra congregazione e si sentiranno onorati di chiedere l'elemosina. Pertanto voi, che ne siete la primizia, gioite ed esultate, e non rifiutate di compiere ciò che trasmetterete da fare a quei santi.
 
 
 
 
CAPITOLO XLV
 
 
RIMPROVERO AD UN FRATE
 
CHE RIFIUTAVA DI MENDICARE
 
 
 
 
663      75. Francesco ripeteva spesso che il vero frate minore non dovrebbe lasciar passare molto tempo, senza andare per l'elemosina. «E quanto è più nobile--diceva--un mio figlio, tanto più sia pronto ad andare, perché in tale modo accumula meriti ».
 
           Vi era in un luogo un certo frate che non si prestava per la questua, ma valeva per quattro a tavola. Notando il Santo che era amico del ventre, partecipe del frutto, ma non della fatica, un giorno lo riprese così: «Va' per la tua strada, frate mosca, perché vuoi mangiare il sudore dei tuoi fratelli e rimanere ozioso nell'opera di Dio. Ti rassomigli a frate fuco, che lascia lavorare le api, ma vuole essere il primo a mangiare il miele ».
 
           Quell'uomo carnale, vedendosi scoperto nella sua voracità, ritornò al mondo, che non aveva ancora abbandonato. Uscì dalla Religione e chi non aveva contato niente per la questua, non contò più nulla come frate. Chi valeva molti a tavola, finì per essere un pluridemonio.
 
 
 
 
CAPITOLO XLVI
 
 
VA INCONTRO AD UN FRATE CHE PORTA L' ELEMOSINA
 
E GLI BACIA LA SPALLA
 
 
 
 
664      76. Un'altra volta un frate se ne tornava con l'elemosina da Assisi alla Porziuncola. Giunto nelle vicinanze del luogo, cominciò a cantare e a lodare Iddio ad alta voce. Appena lo udi il Santo balzò in piedi, corse fuori e, baciata la spalla dei frate, si caricò la bisaccia sulle proprie spalle, ed esclamò: «Sia benedetto il mio fratello, che va prontamente, questua con umiltà e ritorna pieno di gioia ».
 
 
 
 
CAPITOLO XLVII
 
 
INDUCE ALCUNI CAVALIERI A CHIEDERE L' ELEMOSINA
 
 
 
 
665      77. Mentre Francesco, pieno di malattie e quasi prossimo a  morire, si trovava nel luogo di Nocera, il popolo di Assisi mandò una solenne deputazione a prenderlo per non lasciare ad altri la gloria di possedere il corpo dell'uomo di Dio. I cavalieri, che lo trasportavano a cavallo con molta devozione raggiunsero la poverissima borgata di Satriano, proprio quando la fame e l'ora facevano sentire il bisogno di cibo. Ma per quanto cercassero, non trovarono nulla da comprare. Allora i cavalieri tornarono da Francesco e gli dissero: «È necessario che tu ci dia parte delle tue elemosine, perché qui non riusciamo a trovare nulla da comprare ».
 
           «Per questo motivo voi non trovate,--rispose il Santo --perché confidate più nelle vostre mosche che in Dio ». Chiamava evidentemente mosche i denari. « Ma -- continuò--ripassate dalle case dove siete già stati e chiedete umilmente l'elemosina, offrendo in luogo dei denari l'amore di Dio! Non vergognatevi, perché dopo il peccato viene concesso tutto in elemosina e quel grande Elemosiniere dona largamente e con bontà a tutti, degni e indegni».
 
           Deposta la vergogna, i cavalieri andarono subito a chiedere la carità, e trovarono da comprare assai più «per amore di Dio» che col denaro. Tutti offrirono a gara, con volto lieto, e non dominò più la fame, dove prevalse la ricca povertà.
 
 
 
 
CAPITOLO XLVIII
 
 
AD ALESSANDRIA UN PEZZO Dl CAPPONE
 
VIENE CAMBIATO IN PESCI
 
 
 
 
666      78. Nella questua cercava più il vantaggio delle anime di chi donava, che un aiuto materiale alla carne e voleva essere di esempio agli altri sia nel dare che nel ricevere.
 
           Mentre si recava a predicare ad Alessandria di Lombardia, fu ospitato devotamente da un uomo timorato di Dio e di lodevole fama, che lo pregò di mangiare, secondo quanto prescrive il Vangelo, di tutto quello che gli fosse  posto davanti. Ed egli acconsentì volentieri, vinto dalla gentilezza dell'ospite.
 
           Questi corre in tutta fretta e prepara con ogni cura all'uomo di Dio un cappone di sette anni. Mentre il patriarca dei poveri è seduto a mensa e tutta la famiglia è in festa, improvvisamente si presenta alla porta un figlio di Belial, che si fingeva mancante del necessario, ma era povero soprattutto della grazia. Nel chiedere l'elemosina, mette avanti l'amore di Dio e con voce pietosa domanda di essere aiutato in nome di Dio.
 
           Appena il Santo ode il nome benedetto al di sopra di tutte le cose e per lui dolce più del miele, prende molto volentieri una coscia del pollo che gli era stato servito e, messala su un pane, la manda al mendicante. Ma, per dirla in breve, quel disgraziato mette via ciò che gli è stato donato per poter screditare il Santo.
 
 
           79 Il giorno dopo il Santo, come era solito, predica la parola di Dio al popolo, che si è radunato. All'improvviso quello scellerato manda un grido, mentre cerca di mostrare a tutto il popolo il pezzo di cappone. « Ecco--strilla --che uomo è questo Francesco che vi predica e che voi onorate come santo: guardate la carne che mi ha data ieri sera, mentre mangiava ».
 
           Tutti danno sulla voce a quel briccone e lo insultano come indemoniato, perché in realtà sembrava a tutti essere pesce, ciò che lui sosteneva fosse invece una coscia di cappone. Infine anche quel miserabile, stupito del miracolo, fu costretto ad ammettere che avevano ragione. Il disgraziato ne sentì vergogna, e pentito espiò una colpa così palese: davanti a tutti chiese perdono al Santo, manifestando l'intenzione perversa avuta. Anche la carne riprese il suo aspetto, dopo che il falso accusatore si fu ricreduto.
 
 
QUELLI CHE RINUNZIANO AL MONDO
 
 
 
CAPITOLO XLIX
 
 
IL SANTO RIMPROVERA UN TALE
 
CHE HA DISTRIBUITO I SUOI BENI
 
NON Al POVERI MA Al PARENTI
 
 
 
 
667      80. A chi voleva entrare nell'Ordine il Santo insegnava a ripudiare anzitutto il mondo, offrendo a Dio prima i beni esterni, poi a fare il dono interiore di se stessi. Non ammetteva all'Ordine se non chi si era spogliato di ogni avere, senza ritenere nulla assolutamente, sia per la parola del santo Vangelo, sia perché non fosse di scandalo il peculio personale.
 
 
668      81. Un giorno, dopo una predica del Santo nella Marca di Ancona, si presentò uno, che gli chiese umilmente di entrare nell'Ordine. «Se ti vuoi unire ai poveri di Dio-- gli rispose Francesco--distribuisci prima i tuoi beni ai poveri del mondo». A queste parole quegli se ne andò e, guidato da amore carnale, distribuì i suoi averi ai parenti, niente ai poveri. Ritornato ed avendo riferito al Santo la sua generosa munificenza: «Va per la tua strada, frate mosca,--gli disse con ironia il Padre--perché non sei ancora uscito dalla tua casa e dalla tua parentela. Ai tuoi consanguinei hai dato i tuoi beni, ed hai defraudato i poveri: non sei degno dei poveri servi di Dio. Hai cominciato dalla carne ed hai posto un fondamento rovinoso per un edificio spirituale».
 
           Se ne ritornò quell'uomo carnale ai parenti e riprese i suoi beni, perché non avendo voluto lasciarli ai poveri, aveva ben presto abbandonato il suo proposito di perfezione.
 
           Quanti oggi si ingannano con questa messinscena della distribuzione dei loro beni e vogliono dare inizio ad una vita di perfezione con un comportamento così mondano!
 
           Infatti nessuno si consacra a Dio per arricchire i suoi parenti, ma per riscattare i suoi peccati col prezzo della misericordia, e così acquistare la vita eterna col frutto di opere buone.
 
           Inoltre insegnava spesso che «se i frati si trovavano in necessità » dovevano ricorrere ad estranei piuttosto che ai postulanti, anzitutto per l'esempio, poi per evitare ogni specie di turpe interesse.
 
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